- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/1987

Nécrologies 367 siderava necessaria la concessione di larghe autonomie alle regioni di frontiera, dove il nazionalismo aveva fatto sentire più duramente la sua politica oppressiva e livellatrice, in modo da trasformarle da luoghi di attrito e di tensione tra gli Stati in spazi aperti, dove uomi– ni appartenenti a paesi diversi potessero avere occasioni di incontro e di dialogo. Secondo il Suo punto di vista, il micronazionalismo val– destano, che si era espresso nelle tendenze separatistiche, ma che per– sisteva anche dopo le vicende dell'immediato dopoguerra, presentava difetti e pericoli analoghi al nazionalismo dello Stato italiano, che ha soffocato, e in parte continua a soffocare, l'autonomia valdosta– na. Non si può infatti dimenticare che la stessa Valle d'Aosta non costituisce una realtà omogenea, ma è una società pluralistica, come mostra l'attaccamento d~i Walser della valle di Gressoney alla· pro– pria lingua e alle proprie tradizioni. La vocazione della Valle d'Aosta, come ha scritto B. J anin nel suo libro Le Val d'Aoste. Tradition et Renouveau, è quello di essere «cellule et carrefour», di essere cioè uno spazio protetto, al cui ripa– ro si svil~ppa e matura l'individualità del popolo che lo abita, e, nel– lo stesso tempo, un mondo aperto, ricco di relazioni e luogo privilegiato di incontri. In sintonia con questa prospettiva, Alessan– dro Passerin d'Entrèves scrisse nella prefazione aLes bornes du royau– me che il compito dei valdostani, in quanto gente di frontiera, è quello «di unire, non di opporre, le culture e gli uomini». E nel discorso pronunciato alla Sorbona nel1978 in occasione del conferimento della laurea honoris causa ribadì con modestia e con orgoglio che il compi– to al quale aveva dedicato la propria vita era quello di «essere il tra– mite tra due paesi e l'intermediario tra due culture». Il contesto politico che costituisce il coronamento e nello stesso tempo la garanzia dell'autonomia e della coesistenza pacifica tra na– zioni e regioni è quello dell'Europa unita. «Questa è la nostra pa– tria», egli scrisse in un articolo del 1975 pubblicato su La Stampa, «e l'amore che per essa proviamo non esclude, ma anzi arricchisce quello che proviamo per quell'angolo della terra dove siamo nati». E questa coesistenza di un lealismo europeo con quello nazionale e con quello regionale sarebbe stata possibile in un quadro istituziona– le «flessibile, in cui l'unità non escluda la particolarità».

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