- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/1991

Hector Passerin d'Entrèves 27 stro secolo, l'ascolto dell'ansia di liberazione dei popoli ex-coloniali e del sottosviluppo: non c'è quasi argomento scritto sulla nostra agenda di uomini consapevoli che non trovi qualche riscontro nell'arco della ricerca storica di Ettore. E capita ben di rado (a me non è mai capitato) che si ricorra ai suoi scritti senza averne un'illu– minazione, uno spunto, un motivo almeno di riflessione, che non è solo un passo avanti nel cammino della conoscenza, ma anche in quello della comprensione. Perché il lavoro storico di Ettore e in generale la sua figura di studioso sono specialmente conosciuti e apprezzati fuori d'Italia, in molti paesi europei? Le ragioni sono certamente varie, incomincian– do da quella della sua totale estraneità alle chiusure provinciali di una certa storiografìa italiana a sfondo nazionalistico, e la sua appar– tenenza, alla grande tradizionale di studiosi della «civiltà europea», che nel periodo oscuro delle dittature e della guerra continuò a tes.,. sere gli invisibili fili dell'appartenènza ad una repubblica degli spiri– ti, per i quali il lavoro storico trovava senso e legittimazione nel pre– figurare e rassodare un definitivo superamento di assurde barriere. E quando si farà la storia della «guerra civile europea» che ha attraver– sato quasi tutto il nostro secolo e che forse si è conclusa in questi ul– timi anni o mesi o giorni, bisognerà finalmente riconoscere il ruolo che nel preparare questa conclusione hanno avuto due o tre genera– zioni di storici di una razza un po' particolare, come Ettore, che dal chiuso delle loro biblioteche e dei loro studi, dalle cattedre delle università, dalle riviste, dai convegni di studio, dal pubblico dibattito delle idee hanno dato alimento ad un comune sentire, ai motivi di fratellanza e di somiglianza, per non parlare di un'identità di destini, le cui radici sprofondano nel passato, e risultano per que– sto inestirpabili. Perché insomma, se è vero che non sono mancati, come oggi si tende a ricordare con enfasi anche eccessiva, i «cattivi maestri», ebbene diciamo allora che son pure esistiti i «buoni mae– stri»: e che Ettore Passerin d'Entrèves fu uno di essi. Buon maestro, aggiungerei, per questa ragione, tra le altre che ho cercato di dire: per aver mostrato con la sua personale testimonianza come sia possi– bile, e in un certo senso necessario, far coincidere, senza conflitto, diverse cittadinanze ideali e affettive, e vivere con la medesima dedi-

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