- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/1991
Il chiostro della Cattedrale di Aosta 373 dell'utilizzo del luogo e conseguente mancata manutenzione sono stati all'origine di infiltrazioni di acqua sempre più gravi dai tetti. La progressiva modifica del sistema di raccolta delle acque piovane ha portato le gronde, già in cattivo stato, a non potere smaltire una quantità di acqua ben superiore alla loro portata, con consegue~te aspersione delle parti scolpite che, a loro volta sempre più imbevute di acqua, sono state danneggiate dal gelo. Probabilmente gli inter– venti summenzionati a base di colle e cemento intendevano ovviare a questi danni (infatti su alcuni capitelli le parti mancanti erano ri– fatte con cemento): purtroppo la qualità dei materiali usati ha finito per peggiorare il degrado proprio là dove era già grave. Il cemento diluito pennellato sulla pietra degradata ha infatti costituito una ve– ra e propria barriera sotto la quale i sali trasportati dall'umidità si sono accumulati facendo gonfiare e poi esplodere la pietra. Altri danni infine sono dovuti ai particolari tipi di pietra usati (v. § se– guente). 4. INDAGINI PRELIMINARI Quando nel1985 venne presa la decisione di procedere alla con– servazione dei materiali lapidei del chiostro, uno dei primi interro– gativi che si posero fu relativo alla loro natura. Per questo si è proce– duto ad analisi petrografìche su una serie di campioni prelevati nei punti più significativi del chiostro 3 che hanno permesso di identifi– care tre principali litotipi: - il «bardiglio» (localmente noto come Pietra di Aymaville), calcare cristallino usato per le colonne e le loro basi. - il gesso cristallino usato per i capitelli e per le cuspidi che se– parano gli archi. - il calcare dolomitico usato per i conci degli archi. Questi tre tipi di pietra sono stati usati in Val d'Aosta per un lungo lasso di tempo; citiamo il bardiglio già usato dai Romani per rivestire parte della Porta Pretoria, il calcare dolomitico ugualmente 3 Le analisi sono state realizzate dal Laboratorio Chimico Regionale sotto la dire– zione del Dott. Lorenzo Appolonia.
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