- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/1991

Bibliographie 457 MARIA COSTA, Le più antiche carte del priorato aostano di Saint-Bé– nin (1239-1370), Aoste, lmpri– merie Valdòtaine, 1988. I..:edizione critica delle più anti– che carte del priorato aostano di Saint-Bénin (1239-1370) a cura di Maria Costa offre la possibilità, so– prattutto a chi dovesse preparare una tesi di-laurea, di ricostruire gli usi, costumi e geografia della Valle nel Medioevo, inoltre consente a uno studioso della lingua di affron– tare e tentare di risolvere problemi di non poco conto. Compaiono in– fatti nei documenti dei notai (e per la pubblicazione gran merito va ri– conosciuto a Maria Costa e alla Bi– bliothèque de l'Archivum Augusta– num) nomi di località e di persone che gettano nuova luce in questo settore della storia e della filologia. Non è questa la sede per un di– scorso profondo su quanto «rivela– no» le carte di Saint-Bénin, il più antico monastero della città di Ao– sta, tuttavia qualche cenno si può fare senza pretesa scientifica, ma per mera curiosità al fine anche di informare il lettore di come in un'opera all'apparenza destinata a pochi si nascondono trame e inter– rogativi che interessano i più. Ad esempio, in un atto del 1257, in Aosta, dove Turumberto detto Rossetus ipoteca una vigna in località Rionda, si parlà della con– segna di vini non puri quod vulgo «puschi» nominatur; il vinello era chiamato localmente «pusco», pa– rola che non compare oggi nel pa– tois valdostano, ma nel dialetto di alcune località della provincia di Cuneo, dove la «pusca» era il vino che si beveva durante l'estate ed era prodotto con l'ultima spremitura delle uve alle quali era stata aggiun– ta una certa quantità di acqua. Non sfugge il fatto che la deriva– zione è latina (la «posca>> era una bibita di acqua e aceto), ma nel do– cumento le virgolette e il precisare che il nome è usato nel linguaggio familiare sono indizi dell'uso co– mune di questa parola. Il notaio potrebbe aver fatto riferimento, qualora non fosse stato valdostano, al proprio dialetto: sappiamo che si chiama «D. Dictus de Prato» e in alcuni atti compare un Petri de Prato in Valpelline, ma anche altri de Prato della Val Soana, un nome comune che non consente di avva– lorare alcuna ipotesi. Ecco quindi un primo spunto per chi si occupa di filologia, al quale se ne possono avvicinare altri dovuti a nomi in lingua volgare di località, che provano come il patois fosse già attestato e radicato nel Medioevo in Valle. Compaiono «lo boschet», la <<Palua de Gorrez» (Gorré è toponimo presente in Val– le, ma anche nel Cuneese, dove si trova ad esempio una frazione di Rittana in Valle Stura, mentre <<pa– lua» è rapportabile all'attuale <<pa-

RkJQdWJsaXNoZXIy NzY4MjI=