- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2000
Storia e liturgia nel culto di S. Orso 233 Verso la metà dell'VIII secolo, un monaco, Crodegango, divenne vescovo a Metz e, vista la decadenza del suo clero, ne intraprese immediatamente la riforma; cominciò con i suoi più diretti collabo– ratori, che chiamò "canonici", per i quali scrisse una regola ( canon) che desse ordine alla vita comune. 50 Nel Sinodo imperiale di Aquisgrana dell'816, Ludovico il Pio definì gli statuti destinati ai canonici nel regno franco, 51 mescolando decreti conciliari e sinodali, opere dei Padri della Chiesa e buona parte della regola di Crodegango. Questa Regola Imperiale di Aquisgrana non ebbe molta efficacia, anche perché era contradditto– ria sul tema scottante della proprietà privata. Dal X-XI secolo, i cano– nici unirono sempre più la vita comune con l'attività esterna, nella scuola e nella pastorale. Una svolta decisa si ebbe con papa Niccolò Il, nel Sinodo Lateranense del 1059, il cui canone 4 prescrisse ai canonici di vivere la vita comune in obbedienza, castità e rinunzia completa alla pro– prietà: 52 "Et prrecipientes statuimus, ut ii prredictorum ordinum, qui eidem prredecessori nostro obediemes castitatem servaverunt, iuxta Ecclesias, quibus ordinati sunt, sicut oportet religiosos clericos, simul manducent et dormiant: et quidquid eis ab Ecclesiis venit, communiter habeant. Et rogantes monemus, ut ad apostolicam, communem scilicet vitam summopere pervenire studeant". Nello stesso periodo, s. Pier Damiani scrisse un aspro opuscolo Contra Clericos Regulares proprietarios, 53 anche se, con raro equilibrio teologico ed umano, avrebbe poi difeso la validità dei sacramenti amministrati perfino dai preti simoniaci. 54 Il risultato fu che i canonici si divisero: gli uni accettarono la riforma del Sinodo Lateranense, propugnata da Ildebrando, futuro 50 PL 89, coli. 1053-1126. 51 PL 105, coli. 811-834. 52 Magnum Bullarium Romanum, August<e Taurinorum 1857, t. I, p. 661. 53 PL 145, coli. 479 sgg. 54 Liber qui appellatur Gratissimus ad Henricum archiepiscopum ravennatem, PL 145, coli. 99-160.
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