- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2000
Storia e liturgia nel culto di S. Orso 323 to arianesimo di Ploceano è un dato quasi tradizionale, 525 che trova compiuta formulazione nel Necrologio di S. Orso, della prima metà del XVIII secolo: 526 "KALENDIS FEBRUARII - Festivitas Beati Ursi, doc– trina clarissimi, qui fuit acerrimus consubstantialitatis adversus aria– nos defensor, Augustanorum apostolus, cuius sanctitatem, . . . mira– cula, numero, pondere, gravia luce clarius demonstrant, cuiusque sacra ossa sub altari maiore honorificentissime recondita, veneratione populorum coluntur". In realtà, il primo a farne cenno è J.-C. Mochet, che scrive tra il 1643 e il 1656 527 e dedica il suo libro con un panegirico al duca Carlo Emanuele II, definendolo addirittura, con un anagramma di "Charles Emanuel", hercules aleman. Carlo Emanuele II era figlio di Cristina di Francia, figlia di Luigi XIII, la quale aveva come consigliere Richelieu in persona; queste ascenden– ze non predisponevano certo Carlo Emanuele alla tolleranza religio– sa, e di fatto, nel 1650 si ebbero le "Pasque piemontesi", ovvero i massacri dei Valdesi che si stavano espandendo fuori dalle valli di Lanzo. Se un'eresia poteva far problema (bisognava giustificare i mas– sacri), alla metà del '600, era quella valdese; Mochet darebbe il suo contributo ideologico alla lotta antiereticale di Carlo Emanuele II usando la figura del pessimo vescovo Ploceano, facendone un eretico dei tempi antichi, un ariano, preda dei demoni. 528 Comparando i preamboli delle due redazioni, si osserva che le caratteristiche della santità di Orso presentano accenti differenti: nel– la prima si dice che "carnem afflixisse, inimicum superasse, de le Alpi e si recò dal re Sigismondo, il quale lo inviò al vescovo di Treviri e quindi a Magonza. Questo è l'argomento principale per il martirio di Orso ad Aosta, al quale si affianca la testimonianza delle tabu/4 della Chiesa di Surano (vicino a Venezia), dove questi santi hanno culto solenne, le quali indicano con precisione la città di Augusta "qua: sita est ad radicem montis, qui dicirur Jovis" (ovvero il Gran San Bernardo). 525 J.-B. DE TILLIER, Historique de la Vallée d'Aoste (a cura di A. Zanorro), Aoste 1966, p. 139. 526 O. ZANOLLI - L. COLLIARD, Les obituaires cir., p. 280. 527 ].-C. MOCHET, Porfil historial et diagraphique de la très antique Cité d'Aouste, publié par !es soins des Archives Historiques Régionales, Aoste 1968, pp. 143-144. Per la datazione del testo si veda ibid. L. COLLIARD, Avant-Propos, p. X. 528 Un ringraziamento va a J.-G. RIVOLIN, che ha presentato questa stimolante riflessione durante un seminario di storia valdostana tenuto presso il Liceo Scientifico di Aosta il 9 aprile 1999.
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