- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2000
Storia e liturgia nel culto di S. Orso 325 negativo: le sue gesta e la pubblica opinione dichiarano la sua perfi– dia e crudeltà, che, più che un pastore, ne fanno un lupo rapace– contrapposto ad Orso agnus mansuetissimus- che occupa abusiva– mente e tirannicamente la sede episcopale. Malgrado le tinte un po' troppo cariche di questo ritratto, non si può negare l'esistenza storica di Ploceano, poiché se ne trova l' obi– tus nel Martirologio della Cattedrale di Aosta (BC 9). Bisogna preci– sare che BC 9 è un manoscritto pergamenaceo del XIII secolo, con il martirologio copiato in modo da lasciare un consistente spazio per l'aggiunta di note marginali; parecchie note rivelano una mano coeva a quella del martirologio - segno di un progetto unitario del copista -e tra di esse si trova l' obitus del vescovo Ploceano (f. 25"): "VII. idus iunii. Obitus Plociani, episcopi, et Gui[donis] de Villa". 531 Nell'ipotesi che Ploceano sia un personaggio di fantasia, partorito dalla Vita di s. Orso, la data della sua morte dovrebbe trovarsi vicina a quella di s. Orso, secondo le parole del santo: "ego subsequens ero vos ... "; invece, mentre la nascita al cielo di Orso viene ricordata il l febbraio, l' obitus di Ploceano sta al 7 giugno, segno che quest'ultima informazione è autonoma rispetto alla Vita e riveste carattere storico. Peraltro, mancando ogni possibilità di tratteggiare con mag– gior precisione storica la figura di questo "pessimo" vescovo, si può riflettere sul suo ruolo narrativo e sul Sitz im Leben; se ne può dedurre - ab esse adposse va/et illatio - che il redattore conosceva la possibilità di pastori anche molto cattivi. Il fatto che la figura di Ploceàno non compaia solo alla fine della narrazione - come nella prima redazione- ma già nel preambolo, e con una decisa sottoli– neatura negativa, suggerisce che la seconda redazione abbia risenti– to di qualche forte tensione con il vescovo locale. Una conferma di tali tensioni si può trovare nell'iscrizione superiore del capitello n. 32: "Ecce D(e)i s(a)c(ramentu)m q(u)ia fallere n(on) timuisti demoniis es p(re)da miser q(u)ia sic meruisti presulis exemplo subeant nigra tartara lusi qui nos i(tem) pugnant ceca formidine fusi". La conclusione «ceca formidine fusi» è una citazione letterale della Psychomachia di Prudenzio (v. 411), laddove si descrive la 53 ' O. ZANOLLI, Les "Obitus" ci c., p. 33.
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