- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2000
610 Vicror Frutaz quale racchiude le notizie più precise che se ne hanno. Fuggitivo dalla corte di Ferrara, Calvino, verso il principio del febbraio 1536, pene– trò nascostamente nel Ducato, ove certamente già contava degli adet– ti e si rifugiò nel tenimento di Bibian, appartenente ai nobili Vaudan. Da questo suo nascondiglio, per mezzo di alcuni suoi fidi seguaci, cominciò l'opera sua. Non è a dire se ciò produsse commozione negli animi e ben possono darcene un'idea i provvedimenti che si presero nelle assemblee dei Tre Stati nei giorni 28 febbraio, 7 e 22 marzo e l maggio 1536. Severissimi ordini furono presi per impedire che si diffondesse l'eresia, colla minaccia che chiunque avesse dato ascolto alle proposte fatte venisse punito colla pena capitale, ed ordine fu pure dato di arrestare Calvino ed i suoi seguaci, fra i quali troviamo nomi delle più antiche e nobili famiglie valdostane, quali La Creste, La Visière, Vaudan, Aragon, Champvillair, Chandiou, Salluard, Quey etc. Segretamente avvertito, Calvino ebbe appena tempo di fuggire, e con pochi fidi, valicando il colle Durand nella valle d'Ollomont, si recò in Svizzera. Così anche da questo pericolo che minacciava le più gravi conseguenze uscì illeso il Ducato. Ed ora, Signori, non posso trattenermi dal narrarvi succintamen– te quale sia stata l'opera posteriore e quale la sorte di questa nobile istituzione, quali i suoi pregi e quali le cause per cui sopravvisse di parecchi secoli a tutte le altre consimili. Emanuele Filiberto aveva annientato gli Stati del Piemonte e Savoia col non convocarli più e la stessa sorte riservava a quelli del Ducato d'Aosta. Perciò ordinò che non venissero più radunati senza uno speciale permeso, divisando senza dubbio di farne così la sepol– tura. Ma questi che ancora intatti si serbavano, che avevano mante– nuta tutta la loro integrità ed il cui organismo non era ancora viziato come in quelli del Piemonte, ma al contrario più gagliardi erano dive– nuti per la lotta sostenuta e più fieri per aver osato trattare con lieto successo di pari a pari con re ed imperatori, per aver procurato l'in– dipendenza al loro paese e mantenuta la fedeltà al principe, non dovevano certamente accettare come guiderdone del loro operato una violazione alle loro franchigie. Quindi protestarono energicamente contro la disposizione presa dal sovrano a loro riguardo e ne otten– nero la revoca con lettere-patenti dell9 settembre 1561. E qui voglio pure farvi notare quanto sia ingenua l'opinione del Dionisotti, il
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NzY4MjI=