- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2000

Una pagina di storia valdostana 611 quale spiega colle seguenti parole il motivo per cui Emanuele Filiberto lasciò sussistere gli Stati aostani: «Al Consiglio Generale del Ducato d'Aosta, dice egli, che per la posizione del luogo, la sterilità del suolo e la rozza coltura dei suoi abitanti non poteva essergli d'im– piccio impose solo la necessità della convocazione sovrana, mentre anticamente si congregava per volontà propria». 18 Questa asserzione rivela nell'autore poca conoscenza della saldez– za della costituzione degli Stati d'Aosta e della loro tenacità nel con– servare i proprii privilegi:. Forse egli ignora che ogni duca al suo avve– nimento al trono prestava solenne giuramento di osservare quelle franchigie e che, quando qualcuno credette di esimersene, energica– mente gli Stati reclamarono che si conformasse a tale usanza consa– crata dall'esempio dei predecessori? Forse ignora pure la tenace lotta sostenuta dal Ducato per conservare queste sue libertà? Quindi non la posizione del luogo, diciamo noi, non la sterilità del suolo, né la rozza coltura degli abitanti mossero i principi a rispettare, come per una specie di commiserazione, le franchigie del Ducato, ma bensì s'indussero a ciò fare per la viva, fiera e gagliarda opposizione che incontrarono ogniqualvolta vollero attentarvi. Da questo punto si può dire che è una lotta continua degli Stati che vogliono mantenersi indipendenti contro le tendenze dei princi– pi che ambiscono di diventare assoluti. Tuttavia nulla fu innovato ancora sotto i duchi Carlo Emanuele I, Vittorio Amedeo I e Carlo Emanuele II. Vittorio Amedeo II prestò anch'egli il consueto giura– mento di fedeltà alle franchigie del Ducato; ma pare che in seguito non ne tenesse conto di sorta. E, a dir vero, questo principe che tanto prestigio, tanta gloria si era acquistato, non dovea vedere di buon occhio quei privilegi del Ducato che limitavano il suo volere e lo costringevano a chiedere quanto avrebbe voluto prendere di diritto.– Chi diede veramente il crollo a queste istituzioni fu Carlo Emanuele III il quale ebbe per mira costante di rendere la monarchia vieppiù indipendente ed assoluta. Salito sul trono, non prestò il consueto giu– ramento; alle proteste dei Tre Stati rispose con ambigue parole che chiaramente lasciavano trapelare i disegni che s'andavano formando. Nulla però fu ancora innovato; ma tuttavia era manifesto che si con- 18 Dionisorri: «Sror. della Magisrrarura Piemont. >> vol. I e VI p. 121.

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