- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2003

134 Laura Pizzi I plasticatori ticinesi furono dunque attivi nei più importanti can– tieri europei del XVII secolo: conventi, chiese, castelli e dimore resi– denziali, in un lavoro di squadra che, spessissimo, vedeva impegnati più membri di una stessa famiglia e si tramandava di generazione in generaziOne. Nel corso della loro lunga attività lontano dalla patria, queste maestranze elaborarono una strategia professionale estremamente efficace. A seconda degli impegni di lavoro da soddisfare e del nume– ro di artisti necessari per portare a termine ogni singolo cantiere, i dif– ferenti gruppi familiari si associavano tra di loro, formando équipes più o meno numerose. Lorganizzazione collettiva della professione risultava basata sulla solidarietà derivante dalla comune terra d'origi– ne e dai vincoli familiari - spesso rinsaldati da opportune alleanze matrimoniali - e veniva strutturata in modo da contrastare la con– correnza, fare fronte anche alle commesse più impegnative e favorire l'inserimento dei più giovani nel mondo del lavoro. 21 L attività degli artisti ticinesi all'estero fu di importanza fonda– mentale per la circolazione delle forme espressive che venivano ela– borate a sud e a nord delle Alpi. La mobilità di queste maestranze iti– neranti attraverso l'Europa si tradusse nella diffusione dei modelli artistici maturati in differenti ambiti culturali e geografici, favoren– done la reciproca compenetrazione. 22 Il ramo valdostano della famiglia Albertoili Alcuni esponenti della famiglia Albertolli, originaria del distretto di Lugano, parteciparono attivamente al fervore costruttivo che carat– terizzò il ducato sabaudo nella seconda metà del secolo, giungendo ad occupare un posto di rilievo nel panorama culturale della nostra regione, costituendo quello che può essere definito il ramo valdostano di questa dinastia di costruttori, architetti e decoratori svizzeri. Si tratta di Francesco Saverio, Michele e Alberto, rispettivamente 21 L. PEDRINI STANGA, I Colomba, pp. 37-38. 22 Ibidem, pp. 14-15.

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