- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2012

RAuLDAL Tro parla esplicitamente di << hiéroglyphiques », quindi la componente laica della decorazio– ne doveva rappresentare, almeno nelle intenzioni del progettista, dei geroglifici egizi. Nonostante questa pubblica dichiarazione d'intenti, la decorazione della Croix-de– Ville non restituisce nulla dell'idea che anche un osservatore non esperto può essersi fatto dell'antica scrittura egizia. Questa incongruenza non può essere spiegata senza contestualizzare i geroglifici e le conoscenze ad essi relative nel preciso periodo storico in cui il monumento fu costruito. In altri termini si tratta di rispondere alla seguente domanda: che cosa Filippo Gayo e i notabili dell'epoca, compreso il vescovo di Aosta, sapevano dei geroglifici? Paradossalmente, fino alla pubblicazione della Grammatica egizia (1836-1841) e del Dizionario egizio (1842) di Jean-François Champollion, l'idea che i disegni di animali, piante, oggetti d'uso e strani segni, scolpiti o dipinti sui monumenti dell'antico Egitto fossero una scrittura non era un fatto di pubblico dominio. A dispetto della diffusione dei libri illustrati dei viaggiatori e del crescente numero di reperti importati in Europa, i geroglifici continuavano ad essere considerati un sistema di comunicazione ideografi– co, ma non l'espressione grafica di un linguaggio fonetico. Questo processo di perdita della memoria del geroglifico come lingua ha origini remo– te, tanto da risalire al periodo che seguì la chiusura dell'ultima scuola di scribi a File, ordinata da Giustiniano intorno al 560 d. C. 95 • La decadenza e la contaminazione della cultura egizia sotto la dominazione greco– romana condussero alla perdita del codice interpretativo fonetico della scrittura ma, al tempo stesso, indussero la nascita di un diverso tipo di lettura. Già nel periodo tardo– antico le figure geroglifiche iniziarono ad essere reinterpretate singolarmente per mezzo dell'allegoria, ricorrendo al recupero di elementi mitologici greco-romani filtrati, suc– cessivamente, attraverso la dottrina cristiana 96 • In Occidente, nella prima metà del XV secolo, la conoscenza dei geroglifici attinge ad un'unica fonte: gli Hieroglyphica di Orapollo, un manoscritto portato in Europa nel 1422 per conto di Cosimo de' Medici dal monaco ed esploratore fiorentino Cristoforo Buondelmonti 97 • 95 M . GABRIELE (a cura di), Andrea Alciato. !!libro degli emblemi, Adelphi, Milano 2009, p. XLVI. 96 M. A. R!GONI, E. ZANco (a cura di), Orapollo. I geroglifici, Rizzoli, Milano 1996, pp. 6-8. 97 I; attribuzione ad oggi più accreditata degli Hieroglyphikd si basa su una notizia contenuta nel Lessico di Suida, confortata da un passo di Zacaria lo Scoliaste e da alcuni papiri scoperti dall'egittologo Jean Maspeto presso Afroditopoli, che racconta di un Orapollo (QganòÀÀWV) vissuto sotto Zenone imperatore romano d'oriente (474- 491), il quale diresse una delle ultime scuole pagane, quella di Menouthis presso Alessandria. A causa della sua partecipazione ad un•insurrezione anti-cristiana, fu accusato di tradimento e per ovviare alla pena si converd al cristianesimo. Il testo fu molto probabilmente scritto in lingua copta in epoca non anteriore al secolo IV d. C. e successivamente tradotto in greco da un certo Filippo. I; opera, ad una moderna analisi, rivela che il suo autore non possedeva ormai più le conoscenze tecniche necessarie per una corretta lettura dei geroglifici. Egli li reinterpretava basandosi su coryusdi magie, superstizioni e figure allegoriche in cui l'antica religione egizia si era mutata. Orapollo e una piccola cerchia di filosofi ed eruditi del V secolo tentavano di mantenere in vita il poco che rimaneva degli antichi culti egiziani, rimanipolati verosimilmente alla luce del pensiero neoplatonico. J. MAsPERO, Horapollon et la fin du paganisme égyptien, "Bulletin de I'Institut Français d'Archéologie Orientale", XI, 1914, pp. 163-195. La prima edizione in greco è stampata a Venezia da Aldo Manuzio nel 1505. Per il testo di Orapollo e per una biblio- 144

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