- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2013

COMMÉMORATIONS Le mille e mille sfaccettature e figure che ricoprono le sue tele, riempiendole all'in– verosimile, quasi glifi di un discorso da decifrare, seppur suddivise e riquadrate da tratti ben marcati, rivelano un'idea omogenea, come le tessere di un mosaico o, meglio, le parti di una vetrata gotica, colte in controluce dall'interno della navata austera di una cattedrale. Il tutto, lo si legga a monosillabi o come un breve saggio descrittivo, parla della nostra valle, della Sua valle, negli aspetti più genuini, più au– tentici e meno sofisticati. Il racconto è incentrato sulle cose d' antan, su una civiltà le cui radici si perdono nella notte dei tempi, nella quale lo scorrere della vita era scandito dai rintocchi delle campane, e sulla città, ave il nostro artista è nato e nel cui cuore è vissuto quasi ininterrottamente, città che conserva in ogni suo angolo testimonianze di avvenimenti che ne hanno segnato la storia. Ragazzino, Franco abitava con la sua famiglia a Villa Chicco, sulla collina est della città, stupenda località prospiciente la catena dell'Émilius, nota ufficialmente col nome di Beau- Regard, e prima ancora, nel Medioevo, con quello di Pulchravidere, vale a dire, tradotto liberamente, "da qui è possibile vedere cose belle". E perché non pensare allora che, in questo luogo privilegiato, il cui toponimo la dice lunga, il nostro abbia attinto la sua vena artistica? I.:ambiente, nel senso più largo del termine, influisce spesso indelebilmente sull'indole delle persone e noi abbiamo ap– preso, da testimoni diretti, che sin dai banchi di scuola l'attività preferita da Franco era quella di riempire fogli con schizzi, disegni, ideogrammi. Le cose belle che ve– deva, volgendo lo sguardo attorno, egli le traduceva, nel suo linguaggio artistico, al fine di condividere con gli altri le emozioni che queste suscitavano nel suo animo. E, non dimentichiamo che dal suo podio, il nostro artista in erba ha potuto os– servare l'andirivieni dei contadini del luogo, intenti alle loro faticose occupazioni, o mentre scendevano in città nei giorni di fiera e di mercato, conducendo per la cavezza un animale destinato alla vendita o portando sulle spalle pesanti gerle, ricolme di frutta o di freschi ortaggi che divenivano moneta di scambio per altri generi di prima necessità. Egli ha pure potuto notare in lontananza gli operai della Cogne che ad ore stabilite si recavano a piedi o in bicicletta al lavoro, inghiottiti dai cancelli della fabbrica che si chiudevano dietro di loro, per poi riaprirsi all'uscita di quelli che avevano finito il turno; seguire con lo sguardo incantato dei ragazzini della sua età le volute di fumo nerastro che dalle alte ciminiere si innalzavano un poco nel cielo prima che la brezza del Gran San Bernardo, le ripiegasse per poi spingerle verso est in una grande coltre opaca a ricoprire il fondovalle. E non po– trebbero essere state queste immagini che hanno suscitato nell'animo sensibile di un artista in nuce l'idea di collocarsi dalla parte dei lavoratori e di schierarsi per la difesa dell'ambiente che lo circonda? Così com'è possibile che a queste stesse imma– gini si ispiri per un certo periodo la pittura di Balan che culminerà in una Mostra a Roma agli inizi degli anni settanta. Sceso in città per lavoro, Franco vi si stabilisce. I.:Aosta delle fiere e dei mercati lo 229

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