- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2013

STEFANIA LAziER Noto sia come Bras de saint Grat, sia come Grand Braso Gros Bras, il braccio è consi– derato, secondo la tradizione, il più antico reliquiario dedicato a contenere le reliquie di san Grato, vescovo e patrono della diocesi di Aosta. Di notevoli dimensioni, è co– stituito da un'anima in legno, rivestita da lamine in argento sbalzato. Lavambraccio, molto slanciato, si erge su un'alta base a pianta quadrata, culminando nella mano destra benedicente latina. È ricoperto da un raffinato panneggio, formato da una camicia che avvolge il polso con un lungo e fitto plissé, sopra la quale ricadono una sottoveste orlata da un motivo a racemi realizzato a cesello e una manica più corta, anch'essa di taglio diagonale, impreziosita da una fascia filigranata, con vetri colo– rati e pietre a cabochon, lamine dorate, cristalli di rocca, quarzi, vetri e paste vitree. In parte rimaneggiato nel corso dei secoli, ospita inoltre su ciascun lato della parte superiore della base quattro placchette in smalto champlevé, nettamente accostabili fra di loro, sia per le dimensioni sia per i motivi ornamentali e la cromia utilizzati. Lopera è stata a lungo ritenuta dagli studiosi realizzazione di maestranze orafe lo– cali attive in città nel XIII secolo e avvicinata, oltre che alla croce astile con filigrane del Tesoro, ai bracci duecenteschi di san Giocondo della Cattedrale e soprattutto a quello della Collegiata di Sant'Orso, di qualità inferiore, ma di tipologia assoluta– mente affine, e pertanto attribuito alla medesima bottega. Accanto a tali ipotesi, nelle pagine che seguono si rendono tuttavia note alcune nuove considerazioni emerse dallo studio recentemente condotto sul braccio reli– quiario. Oltre a provare a chiarire le motivazioni della doppia denominazione che significativamente lo connota, per la quale spunti interessanti parrebbero provenire da quanto riferito negli antichi inventari e nelle visite pastorali della Cattedrale, particolare attenzione è stata dedicata agli aspetti tipologici e stilistici, in grado di fornire indizi utili sia a proporre una datazione forse più precisa sia a individuare nuovi possibili confronti. Si è cercato inoltre di ridefinire il ruolo dell'opera nel pa– norama orafo coevo locale e sono state analizzate le placchette in smalto champlevé della base, anch'esse di aiuto nel tentativo di comprendere e riscrivere la storia del reliquiario. Quanto emerso e presentato in queste pagine tenterebbe infine di aggiungere un tassello alla conoscenza di questo ricco patrimonio raccolto nei Tesori della diocesi aostana, dimostrando come anche dalla conoscenza delle cosiddette opere 'minori' possano scaturire elementi importantissimi e indispensabili al progredire degli stu– di storico-artistici. L'opera e le fonti Lanalisi delle fonti documentarie ha svelato alcune informazioni discordanti che hanno reso verosimile supporre, contrariamente a quanto finora ritenuto, che il 26

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