- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2013
STEFANIA LAziER evidenze hanno reso verosimile l'ipotesi di una dedicazione al santo posteriore al XVII secolo, periodo in seguito al quale l'opera inizia a essere nota nelle fonti anche come Bras de saint Grat. Quanto affermato potrebbe essere in parte corroborato anche dal fiorire piuttosto tardo del culto di san Grato, che riceve un forte impulso soprattutto nel XV secolo. A tale proposito è stato inoltre evidenziato come la sostituzione delle reliquie fosse una pratica assai comune e diffusa per questa tipologia di reliquiari, legati e rea– lizzati essenzialmente per il rituale della benedictio. Sotto questa luce, la presenza di due denominazioni, una più antica, l'altra documentata soltanto in tempi più recenti, assumerebbe così un significato nuovo, evocando la storia del braccio e la diversa dedicazione ricevuta nel corso dei secoli. Anche sulla base di queste considerazioni è stato possibile rivalutare l'origine del reliquiario, accantonando la tesi locale finora condivisa dagli studiosi. Inserito in un orizzonte indubbiamente più ampio di quello aostano, l'opera, uno degli esem– plari qualitativamente più notevoli di epoca proto-gotica, potrebbe essere accostata al prestigioso gruppo di bracci reliquiario legati, o attribuiti, alla committenza del duca Enrico il Leone, realizzati tra il terzo quarto e la fine del XII secolo nei centri della Bassa Sassonia di Hildesheim e Braunschweig. Oltre che per la forma tubolare utilizzata in questi reliquiari e per un'analoga ricerca naturalistica dell'arto e della mano, in questi si avrebbero le uniche corrispondenze iconografiche di un rarissi– mo rivestimento composto da tre maniche. Più in particolare, all'interno di questo nucleo, il braccio di san Pancrazio sarebbe apparso come il più prossimo, spiccan– do, oltre che per la tipologia di panneggio, per una sagoma affine, che si assottiglia avvicinandosi al polso e che si allarga verso la base. Tale cura nella resa dei dettagli si diffonderebbe nel Duecento, secolo agli inizi del quale andrebbe ricondotto, anche sulla base degli elementi tipologici, il braccio di san Grato. [origine settentrionale dell'opera sarebbe suggerita anche dalla raffinatezza della filigrana, composta da un modulo a voluta a doppio filo e granulazione, per la quale possibili confronti sarebbero localizzabili sia in ambito sassone, sia in am– bito reno-mosano, così come alle regioni del Reno e della Mosa condurrebbero le pregevoli palmette realizzate a cesello sulla seconda manica, che analoghe si riscon– trerebbero, per esempio, sul reliquiario della Croce conservato nell'abbazia di San Mattia a Treviri. Tenendo quindi conto dell'altissima qualità del braccio e della generica affinità - tipologica e non stilistica- con quello della Collegiata di Sant'Orso, l'ipotesi di un'origine locale è apparsa improbabile. Al contrario, l'arrivo in Cattedrale di un reliquiario di tale pregio parrebbe semmai aver promosso l'avvio di una produzione in loco di opere simili: a botteghe locali, su imitazione del prestigioso esemplare della Cattedrale, sarebbe infatti riconducibile il "gemello" braccio ursino, insieme a quello dedicato a san Giocondo. 36
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