- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014
VANGELO E POLITICA NEL Nuovo TESTAMENTO: UNA RIFLESSIONE SULLE ORIGINI CRISTIANE che nel primo di essi suonano così: <Noi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così, ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore» (Mc 10,42-43). È un vero capovolgimento di valori. Quanto poi alloghion sul tributo da rendere rispettivamente a Cesare e a Dio (cf. Mt 22,21 l Mc 12,17 l Le 20,25), Gesù, da una parte, afferma la distinzione che direi "laicà' tra ambito politico e ambito religioso, pur riconoscendo la legittimità del primo, ma, dall'altra, dichiara soprattutto che Cesare non può presumere di essere Dio e che Dio non può essere ridotto allivello di un reggitore di Stato, come a dire: l'immagine sulla moneta è di Cesare e la moneta è dovuta a lui, ma l'imma– gine di Dio è l'uomo, cioè siete voi che perciò dovete appartenere interamente a lui. Del resto, al centro della predicazione di Gesù c'è la f3acnÀeia/regalità di Dio, non di Cesare (neppure in termini polemici), e di un Dio che non vuole affermare se stesso con un dominio magari tirannico, ma che si prende amorevolmente cura degli emarginati sociali e religiosi, primariamente, però, non dal punto di vista di un loro appoggio interessato a una qualche parte politica e nemmeno della pura e semplice assistenza sociale, bensì della loro dignità di fondo davanti a Dio che come conseguenza esige nei loro confronti ogni tipo di attenzione. Se poi, secondo il Quarto Vangelo, Gesù dice a Pilato che il suo regno «non è di questo mondo ... non è di quaggiù» (Gv 18,36) e in più precisa di essere perso– nalmente «re», ci tiene a specificare: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per dare testimonianza alla verità» Gv 18,37). La sua f3acnÀeia dunque non è una istituzione, tanto che dopo la moltiplicazione dei pani, «sapen– do che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte da solo» (Gv 6,15); essa piuttosto è una funzione, un compito da svolgere. «Essa non è di questo mondo, ma non è nemmeno fuori del mondo; piuttosto essa si mostra nel mondo, dovunque è ascoltata la sua voce». 10 Così Gesù chiarisce al Prefetto romano, abi– tuato a pensare in termini di politica del potere, che non intende fomentare alcuna ribellione con mezzi mondani, cioè con le armi, tanto che già nel Getsemani aveva intimato a Pietro di «rimettere la spada nel fodero» (Gv 18, 11). Purtroppo però a Gesù è capitato che, dopo il primo processo intentatogli dall'au– torità giudaica con la condanna per bestemmia, fu deferito alla locale autorità ro– mana, la quale ne motivò la condanna ultima con un'accusa di tipo politico, cioè come "re dei Giudei" e quindi come usurpatore del potere di Cesare. Così gli venne rubata letteralmente la sua vera identità, sfìgurandone gli specifici connotati di profeta escatologico inviato da Dio.'' lO R. ScHNACKENBURG, Il vttngelo di Giovanni, III, Brescia, Paideia, 1981, p. 396. Cf: anche S. GRAsso, Il vangelo di Giovanni, Roma, Città Nuova, 2008, p. 711. l l C f. H. Cousin, Le prophète assassiné, Paris, Jean-Pierre Delarge, 1976, oltre a G. ]ossa, Il processo di Gest't, Brescia, Paideia, 2002, e anche ].-C. PETITFILS, Gesù, Cinisello Balsamo, San Paolo, 2013, pp. 328-330. 133
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