- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014
VANGELO E POLITICA NEL Nuovo TES'IJ\MENTO: UNA RIFLESSIONE SULLE ORIGINI CRISTIANE esso è rinforzato da alcuni sinonimi che ne sottolineano l'importanza argomen– tativa: apxovTEç (v.3), 9wu Ol(l:Kovoç (v.4bis), AE!Toupyoì 9wu (v.7). Una domanda, dunque, è inevitabile: che cosa si intende qui con «autorità)}? La specifica presa in considerazione del suo significato non vuol dire che sia questo concetto il centro dell'argomentazione paolina, ma vuole soltanto sgombrare il campo da malintesi, poiché il centro dell'interesse, come vedremo, è un altro. Il. Le «autorità» in Rom 13,1-7 Va anzitutto notato che questo concetto di fatto è espresso sempre al plurale: espli– citamente con il termine È~oucrim e con i suoi sinonimi apxovTEç e AE!TOupyoì 9wu (v.7), implicitamente con i singolari collettivi o generalizzanti ~ È~oucria (vv.2.3) e ou]:Kovoç 9wu (v.4bis). Ciò significa che Paolo allude non a un solo detentore del potere (come potrebbe essere l'imperatore), ma a varie persone o fun– zioni investite di qualche pubblica responsabilità, benché non vengano minima– mente specificate. Il discorso non solo resta sulle generali, ma è pluralistico; esso prende in considerazione soltanto il principio di autorità comunque si manifesti, e parallelamente l'atteggiamento che il cristiano è invitato a tenere nei confronti del potere in quanto tale. In ogni caso, una qualche identificazione di queste È~oucrim va tentata. Le posi– zioni degli Autori sono diverse. C'è stato chi ha voluto interpretare le «autorità)} sullo sfondo delle potenze angeliche invisibili: in primo piano si intenderebbero, sì, le autorità politiche dell'impero romano, ma dietro e a monte di esse Paolo penserebbe a delle entità celesti, da identificare, se non proprio con gli «angeli delle nazioni)} (cf. Dan l O, 13; 12, l), sicuramente con quelle È~oucrim di cui si parla in lCor 15,24; Ef 1,21; 3,10; 6,12; Col2,10.15, e sulle quali ha ormai trionfato il Cristo con la sua morte e risurrezioneY Una variante di questa lettura, in senso as– sai radicale, è quella di chi ha voluto assolutamente de-politicizzare il testo, espun– gendone ogni riferimento alle autorità civili: 23 le È~oucdm (e gli altri sinonimi) di cui parla Paolo sarebbero, sì, potenze angeliche cosmiche, ma in quanto preposte alla Legge mosaica e alla sua osservanza. Sicché l'Apostolo nella pericope 13,1-10, da considerarsi unitariamente, procederebbe in due tempi, non facendo altro che richiamare i lettori, in primo luogo, alla necessità di sottomettersi alla Legge e ai 22 Così O. CutLMANN, "Zurneuesten Diskussion i.iber di exousiaiin Rom. 13,1 ",in "Theologische Zeitschrifi:", IO (1954), pp. 321-326 (trad. ital. in Studi di teologia biblica, AVE, Roma 1969, 135-152); e soprattutto C. MoRRISON, ?be Powers 7hat Be: Earthfy Rulers and Demonic Pawm in Romans I3.1-1. Naperville IL, Allenson, 1960, pp. 40-54; W WINK, Naming the Powers: ?be Language ofPower in the New Testament, Philadelphia, Fomess, 1984, pp. 46-47. 23 Cf. P.F. BEATRICE, «Il giudizio secondo le opere della Legge e l'amore compimento della Legge. Contributo all'esegesi di Rm 13,1-10», in "Srudia Patavina", 20 (197 3), pp. 491-545: «La noma pericope... è un'esor– tazione a sottomettersi ai comandamenti divini, pena la condanna escatologica» (504). 137
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