- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014
ROMANO PENNA del 55), il caso delle agitazioni dell'anno 58 non va certamente assolutizzato, quasi che solo ad esse si riferisca Paolo in Rom 13,6-7; infatti, dalle testimonianze anti– che risulta che le vessazioni fiscali dei Romani erano un dato costante. 47 Come secondo fattore è stato ipotizzato che tra le righe Paolo alluda al fatto che i cristiani di Roma debbano ormai sostituire la tassa giudaica per il Tempio di Geru– salemme (due denarii romani o un dìdrachmon attico) con le normali tasse del go– verno romano; 48 egli in effetti, benché parli di tasse e concluda la sua parenesi con un riferimento al compimento della Legge (cf v.8), non solo non dice una parola sulla tassa per il Tempio, ma l'unica colletta menzionata più avanti (cf 15,25-31) riguarda «i santi)} della chiesa di Gerusalemme. Certo dal silenzio su questa tassa non è necessario inferire che Paolo vi alluda, ma altrettanto certo è che, collocando le sue esortazioni nel quadro dell'intera lettera, è perlomeno implicita la sua richie– sta ai cristiani di Roma a distinguersi dai Giudei della città. Un terzo fattore può consistere nel fatto che era comunque molto difficile sfuggire alle maglie del fisco romano. Esisteva, infatti, una fitta rete di delatores, ben docu– mentata proprio per il periodo che va da Tiberio a Domiziano, che non permetteva di agire impunemente neppure in materia fiscale. 49 Ancor più, perciò, l'elusione delle tasse avrebbe contribuito a sminuire quel senso di pubblico onore, a cui Paolo nell'immediato contesto epistolare dimostra di tenere molto per la lode dei cristiani. Conclusioni Da quanto abbiamo detto si possono dedurre alcune conclusioni, insieme generali e fondamentali. La prima è che il Vangelo, tanto in Gesù quanto in Paolo, non è piegato ad offrire alcuna domina politica nel suo rapporto con il potere civile. Ciò che Gesù dice del- 47 Già nell'anno 53 Claudio attribuì poteri speciali ai Procuratori imperiali delle province, e tra questi poteri c'era certamente anche quello fiscale (cf. TACITO, Ann. 12,60: plmius quam antea et uberius); egli inoltre ave– va come ministro delle finanze (a mtionibus) Pallante (fratello di Antonio Felice, procuratore della Giudea), un libeno possessore di ben 300 milioni di sesterzi (cf. TACITO, Ann. 12,53; PLINIO il Giov., Ep. 7,29; 8,6). Lo stesso Tacito riferisce che a Roma nell'anno 56 il tribuno della plebe in carica protestò contro il questore dell'erario «accusandolo di aggravare senza pietà contro i poveri il diritto d i sequestro» (Ann. 13,28,3: ius hastae adversus inopes inclementer augeret). Si vedano anche i toni forti impiegati da FILONE Al. circa l'esa– zione delle tasse da pane dei Romani in Egino (cf. Spec.!eg. 2,92-95; 3.159-162). D'altronde è sintomatica la risposta data già da Tiberio ad alcuni governatori di provincia, che lo sollecitavano ad aggravare i tributi: «Compito di un buon pastore è di tosare le pecore, non di sconicarle» (SvETONIO, ?ì'b. 32,2). Ed è ben noto che Vespasiano avrebbe poi messo una tassa persino sull'urina (cf. SvETONIO, Vep. 23)! 48 Cf. M. TELLBE, Pau! betwem Synagogue and State. Christiam, ]ews and Civic Authorities in l Thessaloniam, Romans, and Philippiam, Stockholm, Almqvist & Wiksell, 200 l, pp. 182-188. 49 Cf: S.H. RuTLEDGE, Imperia! !nquisitiom. Prosecuton, and !nformants from Tiberius to Domitian, Lon– don-Ne w York, Roudedge, 200 l. 144
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