- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014

ANSELMO E LA VERITÀ SULL'UOMO Nondimeno, la via che Anselmo percorre, in ordine ad una comprensione e rivalu– tazione dell'uomo, mantiene costante, anzi addirittura corrobora la sua angosciosa considerazione della gravità del peccato, che trova per giunta nei trattati morali, da lui composti tra il 1080 e il1085, una opportuna giustificazione razionale. Ancora nel Cur Deus homo, la sua maggiore opera terminata nel 1098, egli non esiterà a scrivere:«[... ] un solo peccato- che stimiamo piccolissimo- è così grande che non lo si dovrebbe commettere neppure se con un solo sguardo contrario alla volontà di Dio si potesse preservare dalla distruzione totale una infinità di mondi pieni di creature come lo è questo nostro». 7 Come a dire che l'ordine morale, che si fonda in Dio creatore e datore di ogni essere, non solo è prioritario e assoluto rispetto a qual– siasi altra tipologia di valore, ma è, altresì, la condizione stessa perché tutti gli altri valori, compresa la vita umana, possano sussistere. Proprio alla luce di quest'ultima considerazione circa l'urgenza di coltivare la libertà di aderire al bene, Anselmo avrà modo di prendere sempre più coscienza anche del valore, della grandezza e della dignità dell'uomo. In una delle sue prime lettere, 8 scritta intorno al l 063, egli tratta con insistenza della beatitudine eterna cui l'uomo è per natura chiamato, e ripropone sovente queste considerazioni nel corso di tutto il suo epistolario. Tale tematica, però, è fatta oggetto di un decisivo approfondimento speculativo soltanto nell076-1077, appunto con la composizione del Monologion e del Proslogion, nei quali la beatitudine figura come esperienza propria di chi comprende la fede (intel– lectus fidei) 9 e realizza, al contempo, la propria umanità nella comunione con Dio (gaudium plenum et plus quam plenum) . 10 E, in tal senso, della beatitudine Anselmo sviluppa una considerazione molto più articolata e organica di quella comune al suo tempo. La beatitudine, infatti, è compresa come sperimentabile già nella di– mensione del tempo e non soltanto in quella dell'eternità. Luomo realizza se stesso già a partire dalla vita presente e concorrono a pieno titolo, a questo proposito, tutte le esperienze proprie del suo essere, tanto quelle della sfera fisica, quanto quelle della sfera spirituale. È in questi testi che Anselmo scopre nell'uomo, ed in particolare nella sua anima, i riflessi della maestà divina, e riconosce in Dio quella verità di cui la stessa verità dell'uomo è espressione. I successivi trattati morali sulla verità, sulla libertà dell'arbitrio e sulla caduta del diavolo, approfondiscono sempli– cemente quelle che già in queste opere Anselmo comprende essere le implicazioni etiche (la rettitudine) proprie dell'eminenza della natura umana. Seguendo uno schema tipicamente neoplatonico, non senza influssi dell'aristotelismo, Lanfranco 7 Io., Pm:hi un Dio uomo, lib. II, cap. 14, a cura di D. Cumer, Alba, Edizioni Paoline, 1966, p. 197. 8 Cf. Io., Epistokt 2, in Id., Lettere, l: Priore eabatedel Bee, a cura di I. Biffi e C. Marabelli, Milano, Jaca Book, 1988, pp. 109-115. 9 Cf: Io., Proslogion, cap. II, a cura di I. Sciuro, Milano, Rusconi, 1996, pp. 96-99. lO Cf. ivi, cap. XXVI, pp. 140-143. 151

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