- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014
MATrEO ZoPPI Tali parole, più che essere ascritte alla indubbia umiltà di Anselmo, vanno ricom– prese alla luce della sua visione politica e della sua autoconsapevolezza di esseremo– naco, cioè uomo chiamato a vivere nel riposo del chiostro come cittadino del cielo e fruitore privilegiato della felicità eterna: in quanto monaco, infatti, egli si riteneva ormai del tutto sciolto dalle fatiche, dai legami oppressivi e dalle pene che la vita del mondo tristemente riserva. Secondo Anselmo, re e principi, papa e vescovi, - cioè le autorità civili e religiose- sono chiamati a collaborare alla medesima causa: il bene del popolo che devono servire. Questo ufficio, benché distinto nei ruoli, li associa nella responsabilità e nell'obiettivo di fondo: unico è il giogo che essi sono chiamati a portare ed invano potranno fare a meno gli uni degli altri. In particolare, per mandato divino, è compito del re e dei principi governare e difendere il popolo secondo giustizia, è compito del papa e dei vescovi provvedere alla cura spirituale tanto di chi governa quanto del popolo. Sempre la Historia novorum in Anglia riporta interessanti parole rivolte da Anselmo, una volta divenuto arcivescovo di Canterbury, al re d'Inghilterra Guglielmo Rufo: «[...] nelle cose che riguardano Dio e la vita cristiana, voglio che tu abbia ad affidarti, prima che a quello degli altri, al mio consiglio, e, come io intendo riconoscerti quale signore e difensore terreno, così tu abbimi come padre spirituale e come colui che si prende cura della tua anima». 2 Si comprende, pertanto, che le reticenze di Anselmo ad accettare la carica arcive– scovile e primaziale di Canterbury non si fondavano su una sua preconcetta con– danna del servizio dell'autorità politica e religiosa, ma sulla sua particolare e radi– cata sensibilità monastica, del tutto avversa alle responsabilità di potere, giudicate difficilmente compatibili con la vita del chiostro. In forza di tali ragioni, persino la carica abbaziale era da lui giudicata una rinuncia a tale riposo. Già la semplice accoglienza di questo ufficio, che in genere comportava la pratica di negozi secolari, come l'amministrazione di terre e di beni, a scapito dell'otium monasticum, era con– siderata una parziale perdita di pace, sia pure per la nobile causa di assumere la cura dei propri fratelli (suscipere curam in spe auxilii dei, postponens requiem, pro fratrum utilitatr?). Sempre la Historia novorum in Anglia riporta queste interessanti parole Book, 2009, pp. 91-93, ll. 813-834 (ed. critica M. Rule, London, Longman & Co., 1884, Rerum Bri– rannicarum Medii ìEvii scriprores, or Chronicles and memorials of Crear Brirain and Ireland during rhe Middle Ages, Rolls Series, 81, repr. 1965). 2 !bid., I, rrad. ir., cir., p. 99, ll. 910-913. 3 Cf. ANSELMO n'AosTA, Epistola 157. Ad Baldricum priorem ceterosque monachos Beccmses, rrad. ir. Lettere, vol. II, Arcivescovo di Canterbury, romo l, a cura di I. Biffi e C. Marabelli, Milano, Jaca Book, 1990, p. 137 (ed. critica degli opera omnia di Anselmo: Saneti Anse/mi Cantuarimsis A rr:hiepiscopi Opera Omnia, ad fì.d em codicum recensuir F. S. Schmirr, Srurrgarr-Bad Cannsrarr, F. Frommann Verlag [G[imher Holzboog], 1968, voli. I-II). 160
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NzY4MjI=