- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014

LA POSIZIONE DI ANSELMO NEL DIBATTITO POLITICO MEDIEVALE politica, pertanto, si configura come l'azione mediante cui la comun1ta umana, analogamente ad un terreno incolto, è come dissodata, epurata, preservata da quel disordine sociale, da quella carenza di istituzioni che potrebbero renderla disuma– na: i rovi e gli spini sono appunto l'immagine icastica di questa possibile, continua, minacciosa, illegittima e irrazionale irruzione della disumanità nella vita associata. La riflessione giovanile di Anselmo intorno alla caduta del diavolo pone appunto le premesse concettuali di questo discorso politico. È sempre il Commentario a san Paolo di Lanfranco a spingere Anselmo in questa nuova ricerca. Lanfranco, commentando Colossesi 1,8, dove è scritto che Cristo ci ha strappati a potestate tenebrarum, cita Agostino e afferma: «AUGUST. (epist. 107 ad Vitalem, tom. II.) Qui eripuit nos. Potestas enim tenebrarum quid est, nisi potestas diaboli et angelorum? Qui cum fuissent angeli lucis, in veritate per liberum arbi– trium non stantes, inde cadentes facti sunt tenebrae». 18 La riflessione sviluppata da Anselmo intorno a questo problema argomenta insi– stentemente che il male non si radica nella dimensione dell'essere, ma nel cattivo uso della nostra libertà. La potestà politica pertanto si colloca a servizio dell'attitu– dine insita in ogni uomo a radicarsi nel bene della propria umanità, anziché sconfi– nare in scelte distruttive per sé e per gli altri. In fondo, il male già in quest'opera è compreso anche nella sua prospettiva etico-politica di mancanza di governo: «[ ... ] nell'udire il nome male, non temiamo il male che è nulla, ma il male che è qualcosa, in quanto conseguenza dell'assenza del bene. Infatti l'ingiustizia e la ceci– tà, che sono male e nulla, sono seguite da molte sofferenze che sono male e qualcosa; e di queste ultime abbiamo orrore quando udiamo il nome male. Quando diciamo che l'ingiustizia causa la rapina o che la cecità fa cadere l'uomo in una fossa, non si deve intendere che l'ingiustizia o la cecità facciano qualcosa; ma che se la giustizia fosse nella volontà e la vista negl'occhi, non ci sarebbero né rapina né caduta nella fossa. Così, ad esempio, quando diciamo: la mancanza del timone spinge la nave contro gli scogli, oppure: la mancanza di freno consente al cavallo di correre all'im– pazzata, vogliamo soltanto dire che, se la nave fosse provvista di timone e il cavallo di freno, i venti non spingerebbero la nave contro gli scogli né il cavallo correrebbe all'impazzata. Come infatti la nave è retta dal timone e il cavallo dal freno, così la volontà dell'uomo è guidata dalla giustizia e i piedi dalla vista)). 19 A questo proposito scriveva Lanfranco: «LANFR. Ut quietam. In pace principum quies et regimen servatur Ecclesiarum; nam in bellis et discordiis eorum tranquilli- 18 l.ANFRANCO DA PAVIA, In omnes Pauli epistolas commentarii, Ep. ad Coloss, I, l, Commentarius, 8, PL 150, col. 321A. 19 ANSELMO n'AoSTA, De cam diaboli, 26, trad. it. a cura di E. Giacobbe e G. Marchetti, Milano, Bompiani, 2006, p. 163. È qui apportata una variazione (indicata col corsivo) nella traduzione, che risulta così emen– data rispetto all'originale: al posto di "all'impazzata", la traduzione citata riporta "libero", interpretando il verbo discurrere con un'accezione positiva del tutto incongruente rispetto al contesto e al senso del discorso. !67

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