- Academie de Saint Anselme - Nouvelle Serie - 01/01/2014

Guroo GENTILE 1755, dinanzi al comandante Salteur e al governatore de Sepibus. Quanto all'af– fermazione che la nuova pietra posta accanto all'antica non avesse alcuna conse– guenza faceva presente che, se non vi fosse stato alcun accordo, quella pietra non sarebbe stata preparata con gli emblemi delle due Sovranità e posta nello stesso allineamento della precedente, cui stava per essere attaccata con delle staffe di fer– ro, ma ciò si era rinviato, così come la conferenza, a causa di un articolo che non si era potuto concordare tra i commissari. Il rapporto allora fatto dal de Sepibus aveva avuto l'approvazione dei signori della Repubblica del Vallese, persuasi che Sua Maestà desse la sua. [affermazione che un limite isolato non potesse avere una direzione certa aveva delle eccezioni. La linea incisa sulla pietra aveva una direzione non variabile, indipendente da altri limiti e nessun avrebbe potuto pren– derla per un ornamento né per una divisione tra emblemi così diversi. Quanto all'estensione dei mandamenti di Gignod e di Quart non se ne poteva trarre altro « si non qu'il y a infinité d'exemples dans divers pa'is, que des droits seigneuriaux et des reconnoissances s'étendent sur des territoires étrangers >>. Gli emblemi che si asseriva sussistessero in parte sulla roccia vicina al Pont d'Hudry non potevano provare nulla e poi secondo le informazioni assunte erano così poco appariscenti che nessuno li riconosceva. Quanto alle esazioni della tratta foranea lamentate dai Valdostani si trattava di un antico diritto dovuto per tutte le merci in transito, sia a Briga che a Saint-Brancher: non si escludeva che gli incaricati ne avessero variato la riscossione contro l'intenzione della Repubblica, ma le sue autorità, che si facevano legge di trattare i vicini con dolcezza, attendevano da questi un uguale trattamento per reciprocità, e speravano dalla giustizia del Re che questi riconoscesse l'antico e il nuovo limite: da parte loro avrebbero facilitato in ogni occasione, per quanto possibile, il commercio coi suoi sudditi. A corte il Caissotti e il primo ufficiale dell'Ufficio di Stato degli Interni, Mazé, rife– rendo al Re sul seguito da dare alla controversia, il 28 marzo 1761 ritenevano che occorresse chiedere al senatore Salteur se il commissario del Vallese, in occasione del colloquio del1755, aveva avuto una copia del verbale non firmato e della carta allora redatta dall'Albertolio; inoltre il Peyrani doveva trasmettere le nuove prove che aveva fatto sperare riguardo alle armi già incise sulla roccia del Pont d'Hudry e alla barra di ferro già esistente all'estremità del Barasson. Il Salteur, da Nizza, nel cui Senato svolgeva la carica di presidente in capo, rispose non senza disagio per la vicenda del verbale. Non accennava alla possibilità (vero– simile) che durante il colloquio avvenuto sul Gran San Bernardo, in un primo mo– mento, magari sotto l'incalzare della controparte, egli avesse contribuito a stendere una bozza di convenzione che poi lui avrebbe rifiutato ma che sarebbe restata nelle mani del Kalbermatten. Invece si riferiva al verbale che egli aveva redatto non sul posto ma a Saint-Rhémy e poi mandato a Torino, per escludere che il commissa– rio del Vallese potesse averne avuto copia: tanto più che tale verbale non era stato 44

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