BASA

CARLO EMANUELE 1 E IL TRATTATO Dl LIONE 65 il presidente del Senato di Piemonte , Luigi Morozzo e Giovanni Vaudo, senatore e professore di legge all 'Uni– versità di Torino. Per il re di Francia erano plenipoten– ziari il Conte Brulart de Sillery e il card. Arnaldo d ' Os– sat, suo ambasciatore a Roma. I Ministri di Francia e di Savoia si riunirono per la prima volta nell' aprile: i plenipotenziari sabaudi so– stennero che l ' arbitrato doveva concernere solo l'omag– gio feudale, mentre i francesi dichiararono che, secon– do le disposizioni del Trattato di Vervins, la definizione arbitrale concerneva la sostanza della questione e gli elementi secondari. Il Sillery aggiungeva che, poichè il duca aveva chiesto di abboccarsi col re , si potevano so– spendere le trattative, lasciando che i due contendenti si accordassero tra di loro. Ma il Conte di Verrua ribat– teva che, qualora il duca effettuasse il viaggio, cio non impedirebbe che i negoziati proseguissero, poichè «l'o– nore di S. Santità lo richiedeva >>. Ma in verità al plenipotenziario ducale premeva pro– lungare il termine del compromesso che scadeva nel maggio 1599: a tal fine il papa mando ad Enrico IV fra Bonaventura da Caltagirone , patriarca di Costantinopoli e il duca sabaudo mando il Ronca s, il comm. Bertone e il marchese di Lullin per ottenere la dilazione. Conoscendo la reticenza di Enrico IV a concedere la dilazione, il papa aveva dato precise istruzioni al patriarca: dopo molte istanz e, il re accondiscese a pro– rogare il termine di quattro mesi , precisando inoltre che avrebbe ancora prorogato tale termine a beneplacito del Pontefice, purchè il marchesato fosse depositato nelle mani di S. Santità , sino a che venisse definita la que– stione. Enrico IV giocava abilmente, ben sapendo che tale proposta sarebbe stata quanto mai ostica a Carlo Ema– nuele, perchè o avrebbe dovuto rinunciare al posscsso del marchesato, oppure nel ricusare tale proposta , avreb- 5

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