BASA

Il cardinale Marc'Antonio Bobba 37 stica, la quale era apertamente conculcata dal duca sabaudo. Tratterà l'argomento nella terza parte del presente lavoro. Benchè lontano, mans. Bobba pensava alla sua diocesi, le cui vicende seguiva giorno pet giorno, alle cui necessità provvedeva con zelo di pastore e con anima di padre . « ... ut intellegatis - scriveva da Roma ai suai diocesani - nos licet absentis, anima semper vobis– cum adesse ». Soprattutto si interess~.va dei suai sacerdoti che esor– tava incessantemente al compimento dei loro doveri : « ... quod aut a vobis enixe petimus illud est ut in Dei timore viventes ecclesiœ assidue inserviatis , nemini scandalum prœbeatis , sed vita vestra sit ceteris probitatis exemplum ... » ; ed altrove « ... et ricordo a tutti l'honor di Dio et il fedel servitio della chiesa ... » 84 . Fortunatamente in ques to frattempo la diocesi era stata affi– data ad un pio e saggio vicario. Era questi il canonico Francesco Maria Enrici da Urbino. L'Enrici seppe essere all'altezza del suo non lieve compito, cosicchè le inevitabili conseguenze derivanti dall'assenza del vescovo, furono mena deleterie. IV Mentre il Bobba era a Roma, il Concilia Tridentino riprendeva la sua attività che mirava essenzialmente « ad una riforma integrale della vita cristiana, individuale e sociale riaffermando il fondamento dottrinale e dogmatico di essa e restaurando la disciplina nel corpo ge– rarchico della Chiesa .. . » e cià « contra la tendenza ad una riforma puramente esteriore e di carattere più politico che religioso propugnata dalle correnti conciliariste del sec. XV, e contra l'eresia luterana che tendeva ad una riforma prevalentemente interiore e individuali– stica » 85 . Il 29 novembre 1560 il cardinale Borromeo, che era allora segretario di Stato, spediva al Nunzio di Torino dieci copie della (84) Lettere del Bobba, ms. Arch. Seminario maggiore di Aosta . (85) L. PROSDOCIMI, Il progetto di Ri/arma dei principi al concilia di Trento nef 1563, in « Aevum >>, n. 13, 1939, pag. 3 e segg.