BASA
Le liturgie particolari e la lingua locale 279 rispettabilissima antichità, che Roma avrebbe certamente approva– to » 5 . Di fronte al rinnovarsi dell'ecclesiologia, già al tempo di Leone XIII, una nuova coscienza si fece strada relativamente al problema dell'indipendenza e dell'eguaglianza assoluta dei titi. Maturata in più di mezzo secolo, questa concezione è stata ora fatta propria dal Concilio Ecumenico e cosl formulata nel can. 4 del proemio : « Infine il Sacro Concilio, in f edele ossequio alla tradizione, dichiara che la Santa Madre Chiesa considera su una stessa base di diritto e di onore tutti i riti legittimamente ricono– sciuti, e vuole che in avvenire essi siano conservati ed in ogni modo incrementati, e desidera che, ove sia necessario, vengano prudente– mente e integralmente riveduti nello spirito della sana tradizione, e venga loro dato nuovo vigore corne richiedono le circostanze e le necessità del nostro tempo ». Come giustamente nota il Vagaggini, è la prima volta che simile dichiarazione è fatta in un Concilio Ecumenico. Essa annienta la teoria della « praestantia romani ritus » e pone su basi giuridiche ben definite, riconoscendone l'alto valore spirituale, tutti i titi, le– gittimi, della Chiesa sia orientale che occidentale . All'interno dello stesso rito romano sono ammesse alcune varietà ; non solo vengono mantenuti i titi particolari degli Ordini religiosi (Domenicani, Cer– tosini, Cistercensi ... ) ma si lascia intendere che il rito romano sarà suscettibile di adattamenti locali specialmente nelle terre di mis– sione. Il problema, corne fa notare il Falsini, interessa pure « i vari gruppi etnici, le varie regioni e i vari popoli » 6 . Dove le decisioni conciliari assumono un carattere veramente sorprendente, di larga apertura e decisamente innovatore, è al para– grafo d) Norme per un adattamento all'indole e alle tradizioni dei vari popoli. Vediamone i Can. 37 - 38 : «La Chiesa, quando non è in questione la Fede o il bene comune generale, non intende impor– te, neppure nella Liturgia una rigida uniformità, anzi rispetta e fa– vorisce la qualità e le doti di animo delle varie razze e dei vari popoli. Tutto cià poi che nei vari costumi dei popoli non è indis– solubilmente legato a superstizioni o ad errori, essa lo considera con benevolenza e, se è possibile, lo conserva inalterato, e a volte lo ammette perfino nella Liturgia, purchè possa armonizzarsi con il vero ed autentico spirito liturgico ». (5) F. CABROL, Liturgie néo-gallicane in DACL. (6) R . FALSINI, Costituzione cit.
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