BASA
278 C. Crassi e kolenâ, pr:ndelin « barbiglio della del gallo, del tacchino » e magolye « bargiglio delle capre » ; meke « pagnotta » e meée ; usse « osso » e ors ; triyoll, triyollé « trifoglio » e trafoly ; ecc. Altrove, il rinvio manca del tutto, pur essendo evidente che si tratta di sinomini : awé e atot « con » ; babi, babe e bott « rospo » ; borrerc e boss « zàngola »t 4 ; arryé e byeéi « mungere » ; éassott e tetasson « gi– rino », éeyna e kremaklyo « catena » 15 ; gala blanée e geyvro; olanê e kudre « nocciuolo » ; marun e matt « p~zzo » ; mokc e morgavé « moc– cio » ; moler e mo!Oss « mollica del pane » ; pekka-raéon e rataweleyge « pipistrello » ; ecc. Se ne deve dunque dedurre che, contrariamente a quanto pensava il Pasquali (v. sopra, a p. 275) il Nigra non considerava definitivo il ma– noscritto a noi noto e che si proponeva di apportare le necessarie corre– zioni sulle bozze di stampa ? Oppure che tale manoscritto non è identi– co a qeullo consegnato all'editore Clausen ? Dell'una e dell'altra suppo– sizione sarebbero indifferentemente una prova attendibile i punti inter– rogativi che il Nigra ha apposto ad alcune voci 16 e, soprattutto, le voci lasciate incomplete 17 . Il Nigra, poi, che a differenza del Cerlogne possedeva una ricono– sciuta esperienza in studi linguistici, indulge spesso nel citare, per le sin– gole voci, cette corrispondenze in parlate diverse da quelle valdostane o, anche, nelle grandi lingue letterarie romanze. Anche qui, pero, i rimandi sono spesso sommari, appena abbozzati, e dànno l'impressione, in certi casi, di un semplice appunto buttato giù alla svelta, persino senza ecces– sivo discernimento. Cosl, a proposito di bueyssçm, buesson non si ricor– da il piem. büsûn ; a éevrey « capretto » non si connette il fran. che– vreuil; per freiné « chiudere » si citano il franc. fermer e il canav. frëm « fermo », di valore bèn diverso ; per fuey J oné « abbandonare » si ricor– da il franc. foisonner, ma si dimentica il piem. füf uné, cosi corne non si <lice che kriyé « gridare », savaté « picchiare », tavan « tafano », trî « minuto » ( agg.), valgono anche per il piemontese . Questi esempi so– no molto numerosi ; da essi, ovviamente, teniamo distinti quegli altri che, per ragioni obiettive, potevano essere ignoti al Nigra : si vedano ad esempio kaborne « casupola », che ha un esatto corrispondente nel piem. (14) Come è stato osservato da ERMINIA RIBERO, La parlata di Champorcher (Aosta) e la sua posizione nell'area linguistica franco-provenzale, Torino, 1963 (tesi di laurea) i due termini non sono >emplici alternanze sinonimiche, ma indicano generalmente il primo la zangola a ruota, di tipo più recente e di importazione piemontese ; il secondo quella a cilindro e stantuffo a mana, di tipo più antico. (15) Anche qui è possibile trovare , sotto l'apparente sinonimia, una effettiva differen– za nel tipo di oggetto. (16) V n. 12 di p. 277. Prohabilmcnte diversi sono invece i casi di p. 81 : « trekaufe f. pl. « tenaglie »... (È forse gergale? In Val Soana Io è sicuramente) » e «trimé "camrni– nare presto''.. gergale ? » che dànno piuttosto l'irnpressione di appunti del tutto occasio– nali, da non introdurre nell'edizione a stampa. (17) V. ad es. p. 18: borda.
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