BASA
370 Bibliographie iiltere deutsche Geschichtskunde (9, pp. 611-627). Il Bethmann aveva avu– to cura di conservare nel suo elenco la numerazione trovata ad Ivrea. Analoga cura ebbe il Bollati, che nel 1871 compila il catalogo ufficiale (inedito) della Biblioteca. Allorchè, nel 1894, il Professione pubblicà il suo inventario, aggiunse alla numerazione tradizionale in cifre romane, una se– conda in cifre arabiche, rispecchiante la nuova sistemazione da lui data ai codici, disposti in ordine cronologico. Tale numcrazione, ben nota agli stu– diosi, è stata conservata dal Vignono che ha pero avuto l'avvertenza di far precedere la descrizione dei manoscrit– ti da un quadro di raffronto delle varie numerazioni, non esclusa quella del Contessa desunta da un inventa– rio del secolo XV e che non concorda minimamente con le precedenti. 2 I codici più antichi conservati nella Capitolare di I vrea sono il già ricor– dato S. Gregorio 1 che il Lowe e la maggior parte dei paleografi attribui– scono alla fine del sec. VII, in scrit– tura merovingica libraria tipo « a » detta un tempo di Luxeuil (il foglio 116r di questo codice è riprodotto sulla copertina plastificata); il fascico– lo II dei Fragmenta Codicum 94 (sec. VII) ed il Geremia 94 - non men– zionato nell' I nventario perchè reperi– to solo a pubblicazione avvenuta - chc il Lowe, seguito dal Cencetti, 3 at– tribuisce al sec. VIII-IX e che serba inconfondibili tracce di precarolina. Il fonda più cospicuo di questa pre– stigiosa biblioteca è peraltro costitui– to da una cinquantina di manoscritti del sec. IX-XI tra i quali assume par- ticolare risalto la collezione warmon– diana ed in specie il Sacramentario di Ivrea 21 o Messale di Warmondo, il codice liturgico di gran lunga più im– portante, il cui Ordo pare sia stato largamente utilizzato dal redattore del– l'Ordo ad regem benedicendum del Pontificale Romano-Germanico, unita– mente all'Ordo detto delle Sette For– mule (Bruxelles, cod. 2067-2773). 4 Per una ventina di questi codici, la cui datazione appariva incerta, il Vignono si è avvalso dell'illuminato giudizio del prof. Michel François, de– cano della Facoltà di Lettere dell'Ins– titut Catholique di Parigi, il quale ha provveduto, per quanta possibile, a colmare queste lacune. I 115 codici enumerati nell'Inven– tario, interessano, nella loro varietà, i più disparati campi della cultura : l'e· segesi scritturale e la patrologia ; la filologia classica ed il diritto canoni– co, la storia culturale ed artistica me– dievale e la musicologia ; ma partico– larmente notevole si presenta la serie dei manoscritti di contenuto giuridico e liturgico. Agli stucliosi delle fonti ciel diritto sono da tempo note le ricchezze e la rilevanza di alcuni codici eporediesi : cosi il cod. 4 Leges Barbarorum (sec. IX-X) che contiene, tra l'altro, la Lex Burgundionum ; il cod. 5 (sec. IX) con i Capitolari dei re franchi e gli Editti dei re longobardi ; il cocl. 17 (sec. X) che racchiude la Lex Romana Wisigotorum (Breviarium Alarici), ecc. Per quanta concerne la lunga serie dei manoscritti di contenuto liturgico, ripartiti da! secolo X al sec. XV, essa potrebbe servire di stimolo a qualche (2) C. CoNTESSA, Un iizventario del secolo XV ed alcune spigolature per la storia della Biblioteca Capitolare di Ivrea, in Atti della R. Accademia delle Scienze di Torino, XLIV, pp. 599-628. (3) G. CENCETTI, Lineamenti di storia della .rcrittura Latina, Balogna 1954, p. 124. (4) Cf. C. VoGEL, Introduction aux sources de l'histoire du culte chréthien au moyen âge, Spoleto 1964, p. 196 n. 229.
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