BASA
186 S. Vanni Rovighi esserci, ma, se c'è, basta a renderlo giusto; esser giusti infatti, ossia essere moralmente buoni, significa volere la rettitudine (non è il risultato quello che costituisce la buona azione). « La retti– tudine, in quanto tale, non è causa di alcun male ed è madre di ogni merito buono » [ibid., III, 12; II, p. 284 (24-25)]. La vo– lontà dell'utile per sé è una realtà positiva, quindi un bene - ed è bene simpliciter per gli animali [ibid., III, 13; II, p. 287 (20-21)], ma non è bene simpliciter per l'uomo, poiché per l'uomo c'è un bene maggiore della felicità: la giustizia, e la volontà dell'utile deve essere subordinata a questa. Quando la volontà dell'utile « con– sente alla carne che arde contro lo spirito », [ibid ., III, 12; II, p . 285 (4-5)] allora diventa cattiva; o piuttosto, corne abbiamo già visto nel De casu diaboli; non è cattiva in quanto volontà del– l'utile, ma in quanto, espelle la giustizia, ossia in quanto l'uomo per volere la felicità manca, abbandona (deserit) la giustizia. Ma una volontà dell'utile che espelle la giustizia, è qualcosa di positiva e viene da Dio ; corne si puà dunque dire che non viene da Dio la conseguenza di questa volizione, che è l'abbandono della giustizia? E' questo il dubbio che resta nel Discepolo del De casu diaboli anche dopo l'ammissione di aver capito, e non solo di cre– dere, che il male, l'ingiustizia è nulla [De casu diab., cap. XVI, I; p . 261 (25)]. La risposta del maestro è che Dio non impedisce o permette l'atto della volontà che porta corne conseguenza l'ab– bandono della giustizia. 6 L'ultimo dubbio del Discepolo è questo: « Donde viene il male? Il male morale, l'ingiustizia, il peccato? [De casu diab ., cap. XXVII; p. 275 (5-6)] . Come si puà chiedere donde venne il nulla, ribatte il Maestro, poiché abbiamo visto che il male è nulla? La domanda sarà mal posta formalmente, ma il problema resta: perché venne meno la giustizia, il bene morale? Nuova correzione 6 « D . ...video aliquid consequi quod nec dici debere credo, nec quomodo non sit, si vera sunt quae dicis, non video. Nam si velle esse similem deo non nihil nec malum sed quiddam bonum est, non nisi ab eo a quo est omne quod est haberi potuit. » Ora è proprio quel voler essere simile a Dio, quella volontà di potenza, il motivo dell'abbandono della giustizia. Il maestro risponde: « Quid mirum si, que– madmodum deus dicitur inducere in tentationem quando non liberat ab ea, ita fatemur eum dare malam voluntatem non prohibendo eam cum potest... Si ergo datio non est sine acceptione: quemadmodum non inusitate dicitur et qui sponte concedit et qui non approbando permittit, ita non incongrue dicitur accipere et qui concessa suscipit et qui illicita praesumit » [De casu diab . c. XX, pp. 264 (24)-265 (15)].
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