BASA

208 L. Salbego II. « Essentia » nel De Trinitate di S. Agostino Al tempo di Agostino il termine essentia doveva essere già discretamente in uso, anche se moiti, guardandolo ancora corne un neologismo si affrettavano ad accostarlo a termini corne subJtantia o natura, meno esatti, indubbiamente, del primo a tradurre i conte– nuti del greco oùç ia, ma certamente molto più dominanti nell'uso comune. Da questo modo di vedere il termine non puà prescindere, da principio, neppure Agostino che, nel De Moribus Manichaeorum scrive: !taque nos ut iam nova nomine ab eo quod est esse, vocamus essentiam, quam plerumque substantiam etiam nominamus: ita veteres qui haec nomina non habebant, pro essentia et substantia naturam vocabant 6 . Il passo merita attenzione per tre motivi fonda– mentali: a) nonostante sia stato legittimato dall'uso, essentia appare ancora corne un neologismo; b) è indicata con chiarezza la direzione in cui va cercato il senso esatto del termine ab eo quod est esse, vocamus essentiam,- c) è istituito un accostamento tra essentia, substantia e natura. Passando ora al De Trinitate, l'opera, all'interno della quale più immediatamente oocorre condurre l'indagine relativa al termine essentia, si puà subito constatare che: essentia vi è impiegato abba– stanza frequentemente (non meno di centosessanta volte), anche se Agostino preferisce talvolta il termine substantia per il solo fatto che quest'ultimo era più radicaito nell'uso comune; pur venendo usato il termine essentia sia in riferimento a Dio, che in rapporto agli esseri creati, o all'essere in generale, la gamma dei suoi signi– ficati è sempre riconducibile a determinati attributi fondamentali, la cui matrice ultima è da ricercarsi nell'accoglimento, da parte della speculazione agostiniana, di elementi propri della filosofia platonica. " Ed ecco i passaggi più interessanti del De T r-initate per una delineazione dei significati del termine in questione . Per quanto riguarda la genesi del termine, leggiamo: Sicut enim ab eo quod est • AUGUSTINUS , De Moribus Manichaeorum, II, 2, 2.

RkJQdWJsaXNoZXIy NzY4MjI=