BASA
254 F. Corvino bera scelta da parte di Dio, la cui onnipotenza è superiore a qua– lunque necessità sia estrinseca sia intrinseca. L'opera in cui appare più evidente che Anselmo si rende con– to di un conflitto tra la necessità logica interiore dell'azione divina e la libertà del volere in Dio è il Cur Deus homo. In questo scritto (che ha la forma di un dialogo tra Anselmo in veste di maestro e Bosone nella parte dell'interlocutore che presenta le questioni e avanza le obiezioni) l'autore si propone di dimostrare la necessità del– la incarnazione; il metodo delle necessariae rationes viene ribadi– to con più forza che in altri scritti, fi.no al punto di dire nella prefa– zione che non solo egli non farà appello all'autorità della Sacra Scrittura, ma addirittura svolgerà il suo tema prescindendo dall'esi– stenza storica di Cristo: remoto Christo, quasi nunquam aliquid fue– rit de illo. 31 E nella conclusione Anselmo si mostra convinto che la sua dimostr.azione è tale da soddisfare anche un ebreo o un pagano, in quanto i pochi elementi che egli ha tratti dalla Sacra Scrittura - la dottrina trinitaria, l'esistenza di Adamo - non erano essenziali allo svolgimento del suo discorso. 32 Tuttavia, mentre Anselmo si sforza di provare che risponde alla necessità della ragione che la salvezza dell'uomo e la giusta riparazione della colpa commessa dal– l'uomo verso Dio non possano essere ottenute se non da Dio fatto uomo, lascia ampia facoltà al suo interlocutore Bosone di obiettare che non basta dire che il modo in cui è stata di fatto compiuta la restaurazione dell'umanità sia stato un modo conveniente e degno della benignità di Dio, ma occorre provarne la razionale necessità. 33 31 Cur Deus homo, Praefatio, Opp. Il, p. 42, 12. 32 « Cum enim sic probes deum fieri hominem ex necessitate, ut etiam si re– moveantur pauca quae de nostris libris posuisti, ut quod de tribus dei personis et de Adam tetigisti, non solum ludaeis sed etiam paganis sala ratione satisfacias... »: Cur Deus homo, lib. II, cap. XXII, Opp. II, p. 133, 5-8. A questo riguardo molto opportune sono le considerazioni del Mazzarella, il quale, polemizzando contra altri critici (cui va aggiunto K. Barth), cosi scrive: « E' da tener presente che la dottrina del peccato, corne offesa a Dio, è costruita su basi filosofiche, e senza alcun richiamo alla Rivelazione. La parte centrale dell'opera non richiama affatto la nozione di peccato originale e quegli spunti teologici che si riferiscono a tale dogma sono puramente accessori... » (op. cit., p. 197). 33 « Quapropter cum bas convenientias quas dicis infidelibus quasi quasdam picturas rei gestae obtendimus, quoniam non rem gestam, sed figmentum arbitrantur esse quod credimus, quasi super nubem pingere nos existimant. Monstranda ergo ipsius est veritatis soliditas rationabilis, id est necessitas quae probet deum ad ea quae praedicamus debuisse aut potuisse humiliari; deinde ut ipsum quasi corpus veritatis plus niteat, istae convenientiae quasi picturae corporis sunt exponendae »: Cur Deus homo, lib. I, cap. IV, Opp. Il, pp. 51-52, 21 e 1-6.
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