BASA
Duemila anni di civiltà urbana 119 ci abbia conservato (attraverso la rielaborazione del XII secolo) l'a– spetto di un antico itinerarium pictum 6 , tra le numerose distorsioni 7 , a tutta prima strane e sbagliate ai nostri occhi avvezzi a tutt'altro genere di cartografia, e tuttavia così suggestive, sarei tentato di cogliere l'impressione del viaggio veramente interminabile attraverso le Alpi, in quelle lunghissime linee rosse delle strade sulle quali, sola e isolata, rimane Augusta Praetoria. È quasi un punto fermo nell'immensità di quel mondo orrido che colpiva gli antichi non già per il suo pittoresco, al quale erano pressochè insensibili, ma per le difficoltà dell'attraversamento di luoghi inospitali 8 • Qui dunque, alla confluenza della Dora con il 6 K. MILLER, Itineraria romana, Stuttgart, 1916, col. 75, fig . a p . 30 (Aosta risulta indicata sulla sez. III, 4 della Tabula Peutingeriana); ID.: Die Peutinge– rianische Tafel, Stuttgart, 1962; A. e M. LEVI, Itineraria picta, Roma, 1967, p. 215 (Aosta risulta elencata al n. 19 tra le città indicate con il segno conven– zionale delle due torri con corpo centrale, cat. A, I, variante 1). 7 L'individuare la causa delle deformazioni, spesso gravissime, nella volontà di evidenziare le aree più note, secondo dice Tolomeo ( Geogr., VIII, 1; LEVI, op. cit., p . 23 ), o più importanti, secondo dice Strabone (I, I , 16 : ~ xpdcx••• µÉ:Tpov a• ()'.IJ't''f) µif),LO''t'O'. 't'~ç 't'OLO'.U't''f)ç ȵm:Lp[cxç: « l'utilità principalmente è misura di tale pratica»; LEVI, op. cit., p. 25), non esclude che esse spesso avvenissero con una «libertà di procedimento» (F. CASTAGNOLI, Peutinge– riana, tabula, in Encicl. Arte antica) che poteva procedere dalle più varie motivazioni. Del resto; gli antichi non è che non sapessero eseguire rilievi geometricamente esatti: si ricorderà la Forma Urbis Severiana ed il catasto del territorio di Orange (G. F. CARETTONI, A. M. COLINI, L. CozzA, G. GATTI, La pianta marmorea di Roma antica: Forma Urbis Roma?, Roma, 1955; A. PIGANIOL, Les documents cadastraux de la colonie romaine d'Orange, Paris, 1962). 8 Non solo i poeti (Virgilio, Stazio, ecc.) insistono sugli aspetti orridi del paesaggio e sul carattere barbaro degli abitanti delle Alpi, specialmente occidentali, ma quasi in ossequio ad un 't'6om; retorico tradizionale, si ade– guano ad una concezio,ne siffatta tanto i naturalisti come Strabone e Plinio, quanto gli storici, da Polibio e Tito Livio ad Ammiano Marcellino il quale, in un certo senso, li compendia tutti (pra?celsum erigitur iugum nulli /ere sine dis– crimine penetrabile... pendentium saxorum altrinsecus visu terribile pra?sertim verno tempore etc.: XV, 10, 3-4) . E' una concezione ispirata, si direbbe, ad un modo di considerare la regione e la popolazione prevalentemente dall'esterno: L. MANINO, Alcune considerazioni sulle Alpi Occidentali nell'antichità, tra leg-
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