Bibliotheque de l Archivum Augustanim - 01/10/2008
306 Bruno Orlandoni teo, se ne erano messe in opera splendidi esemplari riconducibili a più varianti formali. È molto probabile che anche in Valle d'Aosta gli esempi (e i tipi) ef– fettivamente esistenti a fine Trecento fossero molto più numerosi di quanto oggi non appaia e che moiti siano poi stati rimossi già nel XV secolo, proprio a causa della straordinaria fortuna delle finestre crociate che sembrerebbero aver soppiantato quasi ogni altra forma precedente. Proprio il modello crociato è decisamente più aggiornato e sicuramente è assegnabile ad un'origine e a sviluppi transalpini. Sembra che le sue prime forme veramente compiute siano state quelle messe in opera sul cantiere del palazzo dei Papi avignonese a partire dal secondo quarto del Trecento, con culmini già di elevata perfezione formale negli esemplari realizzati da Jean de Louvres per l"'opus novum" di Clemente VI 734 • Sul piano dell'osservazione diretta delle due serie si puo osservare che le fi– oestre di Verrès hanno sicuramente implicato un maggior impiego di pietra ta– gliata e un lavoro di taglio più complesso, quindi una maggior quantità di lavoro. Illavoro stesso è stato svolto in modo magistrale. Le finestre di Fénis sono per contro più semplici. La loro stessa forma è tale da facilitare se non una vera e propria standardizzazione delle componenti quanto meno una notevole sempli– ficazione. Sia la quantità di materiale che quella di lavoro necessarie a realizzarle sono state di cerro inferiori che a Verrès. Leffetto è meno virtuosistico e meno monumentale ma, a riscontro, maggiore è sicuramente la quantità di luce tra– smessa ai vani interni. Maggiore è poi -lo si è visto -la modernità del modello a cui, pero, Verrès poteva contrapporre un maggior radicamento nella tradizione. Questi i termini oggettivi del problema per quanto ne possiamo sapere oggi. Cosa, pero, abbia spinto in ultima analisi Ibleto di Challant a scegliere una soluzione e Bonifacio a scegliere l'altra è cosa che ovviamente non sap– piamo, né sapremo mai. Da un lato si scelgono la monumentalità, la spesa, la tradizione in una di– rezione di riferimento che oggi ci sembra di percepire come prevalentemente padana e comunque già sperimentata e radicata nella tradizione locale. Dal– l'altra si privilegiano la funzionalità, il risparmio, la novità in una direzione di riferimento provenzale e transalpino. È evidente che la spiegazione più ovvia alla differenza delle scelte sembrerebbe quella che vede Bonifacio disporre a Fénis di progettisti e capomastri di cultura transalpina e Ibleto disporre a Ver– rès di maestranze prevalentemente padane. Ma non è detto. Come poi venissero percepite dal pubblico queste scelte al volgere del XIV secolo è cosa che non sappiamo. 734 Su Avignone v. VINGTAJN D. Avignone. Ilpalazzo dei Papi, Milano 1999, p. 188.
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