Bibliotheque de l Archivum Augustanim - 01/10/2008
326 Bruno Orlandoni ne! dettaglio su questi eventi ma non posso evitare di riassumere almeno le ipotesi principali, che avevo elaborato già in lavori passati ma che ora hanno trovato palesi conferme ne! formidabile documenta scoperto da Gianni Thu– miger relarivo alle nozze dell'arrista. Quesro documenta, datato 27 luglio 1422, ci fa sapere innanzirutto che Mossettaz era milanese, o quanta meno che proveniva dai granducato viscon– teo, e soprattutto che si sposava avendo Amedeo di Challant signore di Ay– mavilles come testimone di nozze, presente alla cerimonia, mentre sua moglie, Giacometta Collan, nella sressa occasione compiva delle difficili scelte patri– moniali su suggerimento del suo "consul et procurator" Bonifacio di Challanr signore di Pénis. Il documenta mi pare difficilmente equivocabile per quanta riguarda i rapporti rra il maestro e i figli di Aimone di Challanr eva inquadrato all'in– terno di una logica comporramentale che, pur senza essere esclusiva, è co– munque piuttosto rara; anche ai verrici della nobilrà non era da tutti avere rra i membri del proprio entourage uno scultore. Questa attenzione parricolare peri produttori d'arre cominciava sl a manifestarsi all'epoca, ma solo in alcuni casi d'eccezione costituiti da straordinari committenti di altissimo rango, fa– mosi anche per essere stati raffinati collezionisti e amatori d'arre. Primo rra tutti il duca di Berry che ai convegni politici preferiva la frequenrazione dei suoi artisti con cui era soliro scambiare doni, spesso anche scherzosi. Oppure Filippo il Buono di Borgogna, padrino di battesimo del figlio del suo pittore di corre Jan Van Eyck e attenta a non perderne i servigi, perdita "en quoy pren– drions très grant desplaisir". 0 ancora Renato d'Angiè>, re di Provenza, le bon roi René, che il suo pittore di corre, Barthélemy Van Eyck, se l'era tenuto ac– canto addirittura durante la lunga prigionia a Dijon che gli aveva imposto suo cugino Filippo il Buono di Borgogna. Amedeo e Bonifacio sembrano essersi mossi proprio in una dimensione culturale di questo tipo. Il documenta dell422, confermando questa ipotesi, costiruisce, a mio avviso, una vistosa conferma anche ad un'altra ipotesi che so– stengo da sempre, - per la verità fin qui poco ascoltato - : quella che proprio i siri di Pénis e di Aymavilles e il cardinale Antonio e non il vescovo Moriset e Francesco di Challant siano stati i primi veri, grandi patrons di Mossettaz, e quindi che l'attività aosrana dello scultore non si sia aperra alla fine, ma al– l'inizio del secondo decennio del secolo, e non in cattedrale, con la cappella sepolcrale di Moriset, ma proprio a San Francesco. Il fatto che Mossettaz paresse sposare una protetta di Bonifacio di Chal– lam vantando niente meno che Amedeo di Challant come testimone di nozze, ovviamente non puè> che essere inserito in una prospettiva di rapporti di lunga
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