Bibliotheque de l Archivum Augustanim - 01/10/2009
Costruttori di castelli 187 Accanto ai Vaudan, ai Rulliard, ai Saluard, che abbiamo visto emergere già a fine Trecento proprio come ufficiali, segretari, notai di fiducia dei vari Bonifacio, Amedeo, Ibleto di Challant, ecco allora apparire i Du Bois: prima Pierre poi, a fine secolo, Guillaume; i ToUen, nella figura di Pietro; i Pensa: Lorenzo e Andrea; i Léaval; gli Henrici de Portu. Singoli personaggi rivestono poi chiaramente ruoli centrali, verosimil– mente grazie alle loro specifiche capacità. Il notaio Petrus Andree, estensore di tutti i registri di conti di Giorgio di Challant, risulta anche tra le personali– tà dominanti nell'amministrazione cittadina e accanto a lui figurano artigiani e professionisti, quali il figlio dello scultore Mossettaz (il notaio Giovanni junior); il fabbro di fiducia di Giorgio di Challant, Pantaleone Lalaz; oppure il mercante Giacomo Macastia, che nel 1512 sarebbe poi stato il donatore di quell'opera d'arce, per certi versi minore ma centrale a livello pubblicitario per collocazione, che è l'affresco votivo con la Madonna e santi sull'ingresso della cappella di San Grato in via De Tillier. È da questa situazione che prende le mosse l'ultima campagna di inter– venta alla torre dei Balivi di cui ci sia rimasta notizia. Il conto che ce ne tramanda traccia è del 10 gennaio 1490. Precisa che il balivo Giacomo Provana, assistito da diversi cittadini tra cui Michele Rof– ferio, Pierre ToUen, Guillaume Du Bois, aveva affidato ai mastri carpentieri Francesco Iudeti - che poi risulta anche citato come lacheti - e Colleto Costa l'incarico di periziare un lavoro di copertura della torre che si rendeva neces– sano. Il preventivo ipotizzava l'uso di cinquantamila tavelloni, quattro partite di chiodi, cinque rubbi di ferro. Il ricorso ai tavelloni ci permette di capire che almeno una consistente parte della copertura da rifare doveva essere ancora una volta in legno e si ipotizzava anche di coronarla con una cuspide per il cui rivestimento si reputavano necessarie tre dozzine di latte bianche, mezzo migliaio di chiodi piccoli per fissarle, due dozzine di assi e le relative sei libbre di chiodi necessarie a fissarle. 1 due periti stabilivano a novanta fiorini il valore minimo possibile del restaura e, dopo la solita pantomima di richiesta di ribasso, andata regolar– mente deserta, si vedevano affidare l'incarico di svolgere i lavori per atto del 10 febbraio stipulato dai notaio Saluard. 1.:11 giugno successivo il cantiere doveva essere già chiuso e il balivo incaricava una commissione di verificare il lavoro svolto e la congruità dei compensi. Della commissione, oltre a "moiti altri testimoni", facevano parte Antonio Vaudan, figlio di Claudio e omo– nimo e nipote dell'Antonio che un secolo prima siera occupato dei restauri di Fénis per Bonifacio 1 di Challant e che 90 anni prima aveva costruito la
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