Bibliotheque de l Archivum Augustanim - 01/10/2010
170 BRUNO ÜRLANDONI 24. CONCLUSIONE La concezione e l'elaborazione di questa ricerca è stata lunga e complessa. Nel 1998, pubblicando, nel volume Artigiani e artisti in Valle d'Aosta, i materiali che avevo già cominciato a raccogliere e ordinare dai 1994 per la preparazione dei tre volumi della serie Architettura in Valle d'Aosta, mi ero reso conto del fano che la mole di dari sui cantieri tardomedievali dellaValle, per quanto discontinua, era ormai talmente elevata da permenere anche un' organizzazione diversa: non semplicemente sistematica, tassonomica, come avevo fano in Artisti e artigiani, ma sintagmatica, trasversale, tesa a cercare di ricostruire non ancora una vera e propria "storia" dell'ar– chitettura castellana - o storia dell'architettura tout-court - nella nostra Regione ma quanto meno dei segmenti credibili di questa storia, in alcuni casi anche insperabil– mente estesi. Questo lavoro di riorganizzazione del materiale, parallelo a quello di ulteriore ricerca e acquisizione di nuovi dati e nuovi documenti, è cominciato di fano quasi subito, e si è sviluppato in maniera abbastanza intensa soprattutto tra il 2000 e il 2002. Nelle cantine del mio archivio conservo ancora la bozza in cui stendevo un primo sommario dellavoro. Cintenzione era quella di una serie di sei capitoli: due su Fénis, uno su Aymavilles e uno sulla torre dei Balivi nascevano da una riflessione più approfondira sui conti per quei tre edifici, conti che avevo usato solo in parte nelle pubblicazioni precedenti. Uno su Chambéry e Le Bourget nasceva dalla volontà di recuperare illavoro di Jaccod sulla contabilità del conte Verde che mi pareva ingiu– stamente dimenticato e trascurato. Un sesto capitolo conclusivo, riassuntivo sulla si– tuazione nella prima metà del Quattrocento, chiudeva questa prima ipotesi di lavoro. Seguiva una lunga serie di apparati comprendenti le trascrizioni dei documenti usati, un glossario, una cronologia, la bibliografia e gli indici dei nomi e dei luoghi. In breve tempo, pero, le dimensioni degli elaborati erano lievitate. Già dopo i primi mesi di lavoro si aggiungevano le riflessioni su Issogne, che si ampliavano a dismisura grazie alla pubblicazione dei computa di Giorgio di Challant. Poi l'idea di aggiungere una rielaborazione dei materiali su Cly, anch'essi usati solo parzialmente nella monografia su quel castello pubblicata insieme a Gerbore per conto del comune di Saint-Denis. La pubblicazione dellavoro di Rivolin su Bard permeneva un arre– tramento delle date limite della ricerca che si spostavano dalla metà del Trecento a quella del Duecento comprendendo anche una rilettura dei materiali editi da Fausta Baudin su Champorcher. La mole del testo aveva raggiunto i limiti massimi pro– ponibili per una normale pubblicazione e in breve questi limiti venivano superati. I materiali e le considerazioni che via via emergevano e i problerni che affrontavo erano pero talmente stimolanti, fascinosi e soprattutto talmente concatenati tra loro che l'idea di dace un taglio allavoro mi pareva del tutto fuori luogo.
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