Bibliotheque de l Archivum Augustanim - 01/10/2010

174 Bruno Orlandoni appare evidente che già quella di Berger non era la prima campagna di intervento: una fase di preparazione del canciere era cominciata almeno un paio di anni prima, implicando soprattutto l'intervento di operatori prismellesi. Dal saggio di Dal Tio emerge poi con straordinaria evidenza la dimensione intellettuale di quello che fu di certo un altro dei massimi cervelli operativi della committenza d'arte e architettura in Valle: il canonico della cattedrale Gérard Blaver. Claudine Remacle ci propone un'estensione delle problemaciche affrontate nei due primi volumi. ln più parti del mio lavoro, partendo da Fénis, ma anche occu– pandomi di Aymavilles, e poi di lntrod, e di Issogne, osservo come l'immagine che abbiamo oggi dei castelli tardomedievali della Valle sia per moiti versi un'immagine limitata: non tanto errata quanto vistosamente incompleta. Il castello, inteso ad un tempo come fortezza e come residenza, era infatci solo una parte- dimensionalmente spesso anche meno della metà- di un complesso più esteso in cui fondamentale era il castello inteso come centro di organizzazione della produzione agricola. Del castello, oltre a mura, torri, domus, facevano infatti parte integrante, viridarii, horti, vinee, pomarii, e relativi recinti e annessi: sale, granai, fienili, stalle e scuderie, depositi di attrezzi, a volte forni e fucine. La perdita sistematica di tutte queste estensioni dei castelli- tranne che nel caso di lntrod- riduce pesantemente l'immagine integrale originaria di questi complessi, trasformando in centri militari o di sola residenza quelli che in realtà erano anche e soprattutto centri economici polivalenti. Lanalisi dei granai tardomedievali proposta da Claudine Remacle permette un primo tenta– tivo di recupero di questa realtà là dove studia un tipo costruttivo che era veramente un trait-d'union tra architettura castellana e architettura civile. Il tipo, infatti, si pro– poneva pressochè immutato qualunque ne fosse il committente, potente feudatario o semplice - ancorché ricco - possidente locale. Il saggio di Roberto Bertolin, sviluppando il tema delle cappelle sepolcrali dei Vallaise, opera una restituzione finalmente credibile e completa della situazione di questi complessi a Perloz e Arnad. Soprattutto per quanto riguarda Perloz la rico– struzione si pone come credibile antefatto per possibili futuri int,erventi sul campo. Lanalisi risolve anche egregiamente il problema della sequenza degli interventi di committenza- in particolare del ramo de l'Hôtel- individuando i passaggi che por– tano dalla semplice tomba di fronte all'altare lungo la parete, ad un nuovo altare in nicchia, ad una vera e propria piccola cappella, fino al nuovo grande cappellone evi– dentemente esemplato sui modelli Challant di Verrès e Aosta o su quelli dei Sarriod a lntrod. Attenzione: i Vallaise arrivano fuori tempo massimo. Siamo infatti già nel Cinquecento, l'onda cavalleresca- come insegna Don Chisciotte- si sta esaurendo e il cappellone resta incompiuto. Verrà recuperato nel Seicento, dalla confraternita del Rosario che lo trasformerà nella propria cappella. Il saggio di Bertolin, costituisce pure un esplicito omaggio alla memoria di Or– feo Zanolli, i cui meriti nei confronci della ricerca storica in Valle non saranno mai ricordati e celebrati a sufficienza, come dimostrano, tra l'altro, tre interi capitoli del

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