Bibliotheque de l Archivum Augustanim - 01/10/2010

84 RaulDalTw avrebbero avuto secondo Cesare Paoli lo scopo di prevenirne la facile falsificazione, per giungere all'obbligo irnposto ai librai di Padova di indicare il costo dei libri non per cifras sedper liueras clartil 80 • Di diverso parere è Georges Ifrah, un' autorità in fano di storia del numero e delle cifre: "ci si trovo di fronte ad un vero e proprio veto ec– clesiastico e ad una levata di scudi da parte della casta dei contabili professionisti [...] Le cifre arabe e il calcolo scritto per un periodo di tempo furono dunque colpiti da una specie di divieto tanto che gli studiosi dell'algorismo furono obbligati a usarlo di nascosto" 281 • Quindi, alle motivazioni di tipo amministrativo si aggiungevano anche quelle di ordine morale sostenute dagli ecclesiastici. Questi affiancavano, alla facile considerazione dell'origine "infedele" delle cifre indo-arabe, l' enfatizzazione del cal– colo matematico come strumento delle attività finalizzate al mero lucro, dementi che confluiscono nelle omelie di moiti predicatori dell'epoca 282 • A fronte delle diverse motivazioni possibili, il risultato fu il divario temporale tra il precoce uso delle cifre arabe nella pratica quotidiana mercantile e la sua tardiva comparsa nelle scritture contabili. Con la parola "abaco" si designava nell'Italia del XIVe XV secolo l'aritmetica usata dai mercanti e quella insegnata nelle scuole, le "botteghe d'abbaco" 283 • A fronce di una larga diffusione del calcolo con numeri arabi, giustificata anche dal numero crescente di redazioni di "aritmetiche pratiche", si con– trappose illoro mancato uso nei documenti in quanta "cifre", pertanto l' accettazione del loro impiego nella contabilità non ando di pari passo con la loro conoscenza. Come afferma Guy Beaujouan «Nello spirito degli uornini del Medioevo, le cifre arabe sono strumenti di calcolo, non numeri. I risultati dei calcoli effettuati in cifre arabe sono frequentemente espressi con cifre romane. Le cifre arabe, largamente tra– smesse dalle tavole astronorniche e dagli almanacchi, sono impiegate più volentieri 280 PAOU C. Programma scolastico di Paleogra.fia latina edi Diplomatica. Fasc. 1: Paleogra.fia La– tina, 3• ed. Firenze 1901. Fascicolo II: Materie scrittorie e librarie, 3• ed. Firenze 1913; CAMERANI MARRI G. Statuti dell'arte del Cambio di Firenze (1299-1316}, Firenze 1955, pp. 72-73; PELLEGRI– NI G. Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all'Italia, Brescia 1972, p. 27. 281 n vocabolo "algorismo", termine desueto sinonimo di algoritmo, divenne comune nell'in– dicare i metodi di calcolo basati sull'uso delle cifre indo-arabe. PEll.EGRINI G. B. Gli arabismi... cit., p. 72; IFRAH G. 'ID", Enciclopedia universale dei numeri, [Parigi 1981], Milano 2008 3 , p. 1209. Anche Carlo Antinori ritiene il ritardo nell'uso delle cifre arabe nella contabilità l'espressione di una "estrema difesa di un retaggio della latinità" ANTINORI C. La contabilità pratica... cit. p. 6. 282 È il caso dei predicatori domenicani Giordano da Rivalto (1260-1310) e Guillaume Payraut (1200-1271). V. MuRRAY A Reason andSodety in theMiddle Ages, Oxford 1978. AMBRO– SETil N. L'eredità arabo-islamica•.. dt., p. 213. 283 Nella Firenze della Cronica di Giovanni Villani, redatta introno al 1340, dai 1000 ai 1200 bambini imparavano l'aritmetica nelle scuole. MotmER 1. 1 GHERARDI DRAGOMANNI F. (a cura di), Vil/ani Giovanni., Chronica, Firenze 1844-1845; BEAU]OUAN G. Numeri, in LE GOFF J. 1 SCHMITf J.-C. (a cura di), Dizionario dell'Occidente Medievale, Il, [Paris 1999], Milano 2004 2 , p.834.

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