Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali 15, 2018
Assessorato del Turismo, Sport, Commercio, Agricoltura e Beni culturali Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta 15, 2018 Direzione e redazione piazza Roncas, 12 - 11100 Aosta telefono 0165/275903 fax 0165/275948 Comitato di redazione Lorenzo Appolonia, Omar Borettaz, Laura Caserta, Gaetano De Gattis, Cristina De La Pierre, Roberto Domaine, Nathalie Dufour, Sara Pia Pinacoli, Laura Pizzi, Claudia Françoise Quiriconi, Joseph-Gabriel Rivolin, Carlo Salussolia, Gabriele Sartorio, Alessandra Vallet, Viviana Maria Vallet Redazione e impaginazione Laura Caserta, Sara Pia Pinacoli Progetto grafico copertina Studio Arnaldo Tranti Design Si ringraziano i responsabili delle procedure amministrative e degli archivi della Soprintendenza È possibile scaricare i numeri precedenti del Bollettino dal sito istituzionale della Regione autonoma Valle d’Aosta www.regione.vda.it/cultura/pubblicazioni La responsabilità dei diversi argomenti trattati è dei rispettivi autori, citati in ordine alfabetico Le immagini del volume, i cui autori sono citati in didascalia tra parentesi, salvo diversa indicazione sono di proprietà della Regione autonoma Valle d’Aosta © 2019 Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta, piazza Caveri, 1 11100 Aosta
SOMMARIO 1 BENI CULTURALI. L’IMPORTANZA DI “FARE RETE” IN UN’OTTICA DI APERTURA, VISIBILITÀ E POTENZIAMENTO DELL’ATTRATTIVITÀ Laurent Viérin 3 IL COLORE SULLE STELE ANTROPOMORFE DI AOSTA Sylvie Cheney, Simonetta Migliorini, Dario Vaudan, Gianfranco Zidda, Nicoletta Odisio, Stefano Pulga, Nicole Seris 9 INDAGINI ARCHEOLOGICHE IN PIAZZA RONCAS AD AOSTA (VI LOTTO 2017) Alessandra Armirotti, Gabriele Sartorio, David Wicks 23 LE TERME DEL FORO DI AUGUSTA PRÆTORIA: UN AGGIORNAMENTO DELLE CONOSCENZE Alessandra Armirotti, Giordana Amabili, Gwenaël Bertocco, Maurizio Castoldi 46 IL PROGETTO SITI D’ALTA QUOTA: UN APPROCCIO PRELIMINARE Alessandra Armirotti 47 IL CORREDO TOMBALE DI SAINT-CHRISTOPHE: UN APPROFONDIMENTO Alessandra Armirotti, Monica Guiddo 54 CHARVENSOD, CAVA DI TRAVERTINO: UNA PRIMA SEGNALAZIONE Alessandra Armirotti, Maurizio Castoldi 56 CRIPTOPORTICO FORENSE DI AOSTA: RIQUALIFICAZIONE DELL’IMPIANTO DI ILLUMINAZIONE AI FINI DEL RISPARMIO ENERGETICO E DELLA RIDUZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE Sergio Fiorani 60 MANUTENZIONI CONSERVATIVE AL TEATRO ROMANO DI AOSTA Lorenzo Appolonia, Roberto Arbaney, Paolo Bancod, Giuseppe Luberto 64 UNA DEMOLIZIONE SVENTATA E UN RESTAURO ESEMPLARE: IL CASO DELLA TORRE DEL PAILLERON AD AOSTA Maria Cristina Fazari 79 LO SCAVO DI ORGÈRES A LA THUILE: VERSO LA CREAZIONE DI UN ARCHIVIO BIOLOGICO Gabriele Sartorio, Giorgio Di Gangi, Chiara Maria Lebole, Chiara Mascarello 84 LO BADZO DI ARVIER: RISCOPERTA E ANALISI DI UN VILLAGGIO DIMENTICATO Gabriele Sartorio, Ennio Bovet, Mauro Cortelazzo 94 SAN PANTALEONE DI ÉMARÈSE: L’INDAGINE ARCHEOLOGICA PARALLELA AL CANTIERE DI RESTAURO Gabriele Sartorio, Mauro Cortelazzo 98 BUON LAVORO, BON TRAVAIL E GOOD WORK Gaetano De Gattis 102 CHÂTEAUX OUVERTS 2018: CANTIERE EVENTO AL CASTELLO DI AYMAVILLES Nathalie Dufour, Viviana Maria Vallet, Valentina Borre 105 IL CASTELLO DEI SOGNI. LA STRAORDINARIA AVVENTURA DI VITTORIO AVONDO A ISSOGNE Cristiana Crea, Nathalie Dufour, Raffaella Giordano, Maria Paola Longo Cantisano, Albert Novel, Gabriele Sartorio, Alessandra Vallet, Sandra Barberi 124 IL RESTAURO DEGLI SCACCHI APPARTENENTI ALLA COLLEZIONE DEL CASTELLO DI ISSOGNE Rosaria Cristiano, Raffaella Giordano 126 IL PROGETTO MUSEOLOGICO DEL CASTELLO SARRIOD DE LA TOUR A SAINT-PIERRE Viviana Maria Vallet, Daniela Platania 136 UN RAFFINATO COMMITTENTE E UNA CELEBRE PITTRICE: IL RITRATTO DELLA CLEMENTINA PER JEAN-GASPARD SARRIOD DE LA TOUR Roberto Bertolin, Viviana Maria Vallet, Daniela Platania 144 CASTELLO DI SAINT-PIERRE: PROGETTO DI RESTAURO E NUOVI ALLESTIMENTI MUSEALI Nathalie Dufour 148 L’INTERVENTO DI RIORDINO DEI FRAMMENTI DI INTONACI DIPINTI PROVENIENTI DALLA MAGNA AULA DEL CASTELLO DI QUART: CONTRIBUTI RECENTI SUL MAESTRO DI MONTIGLIO Viviana Maria Vallet, Maria Gabriella Bonollo, Bernardo Oderzo Gabrieli 163 LE ANALISI SCIENTIFICHE SUI FRAMMENTI DI INTONACI DIPINTI PROVENIENTI DALLA MAGNA AULA DEL CASTELLO DI QUART Lorenzo Appolonia, Sylvie Cheney, Simonetta Migliorini, Dario Vaudan 164 SCULTURE GOTICHE IN LEGNO DELLA VALLE D’AOSTA: ANALISI CRITICA DI UN CENSIMENTO Luca Mor 175 IL RESTAURO DEL CROCIFISSO PROVENIENTE DALLA CAPPELLA DI SAN GRATO IN LOCALITÀ MARINE A PERLOZ Maria Paola Longo Cantisano, Laura Pizzi, Cristina Béthaz
185 LE ANALISI SCIENTIFICHE SUL CROCIFISSO PROVENIENTE DALLA CAPPELLA DI SAN GRATO IN LOCALITÀ MARINE A PERLOZ Dario Vaudan, Nicoletta Odisio 190 IL RESTAURO DEL GRUPPO SCULTOREO DELLA PARROCCHIA DI PERLOZ RAFFIGURANTE IL BATTESIMO DI CRISTO Antonia Alessi, Maria Paola Longo Cantisano, Alessandra Vallet, Maria Gabriella Bonollo 192 LA PARTECIPAZIONE DELLA VALLE D’AOSTA ALL’ESPOSIZIONE NAZIONALE E D’ARTE SACRA DI TORINO DEL 1898 Daniela Platania 209 ACQUISIZIONI DI OPERE D’ARTE NEL 2018 Liliana Armand 210 ANALISI SCIENTIFICHE E PROGETTI COFINANZIATI: COMPITI ISTITUZIONALI E COLLABORAZIONI Lorenzo Appolonia 212 SIP - SISTEMI INTEGRATI E PREDITTIVI: SECONDO ANNO DI ATTIVITÀ DEL PROGETTO Lorenzo Appolonia, Simonetta Migliorini, Andrea Bernagozzi, Matteo Calabrese, Jean Marc Christille, Annie Glarey, Nicoletta Odisio, Chiara Beatrice Salvemini, Nicole Seris 215 ARCHITETTURE DEL SECONDO NOVECENTO IN VALLE D’AOSTA Cristina De La Pierre 220 MOLTI CONTATTI, MOLTE INTERESSANTI “VOCI”, DAL LAVORO QUOTIDIANO DEL CATALOGO REGIONALE BENI CULTURALI Loredana Faletti 221 PIANIFICAZIONE E PAESAGGIO: UN FORTE LEGAME Donatella Martinet, Loris Sartore 231 PRÉ-SAINT-DIDIER-LES-BAINS Chiara Paternoster, Elisabetta Viale 258 UN CAPOLAVORO ASSOLUTO DI GUIDO RENI IN MOSTRA AD AOSTA Daria Jorioz 261 LARRY RIVERS DALLA PINACOTECA AGNELLI. I TRE VOLTI DI PRIMO LEVI AL CASTELLO GAMBA DI CHÂTILLON Marcella Pralormo 264 FRAGMENTS DE MÉMOIRE. LA CITTÀ CHE CRESCE - LE QUARTIER « COGNE » À AOSTE Daria Jorioz, Joseph-Gabriel Rivolin 266 UN’ESPERIENZA DIDATTICA NELL’AMBITO DELLA MOSTRA DI NICOLA MAGRIN AL CENTRO SAINT-BÉNIN DI AOSTA Daria Jorioz, Cinzia Giovinazzo 268 GIUSEPPE GARIMOLDI: ARTE, FOTOGRAFIA, MONTAGNA Daria Jorioz 270 LA PARTECIPAZIONE DELLA STRUTTURA ATTIVITÀ ESPOSITIVE AL SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO DI TORINO NEL 2018 Stefania Lusito ELENCO GENERALE DELLE ATTIVITÀ 275 EVENTI 276 CONVEGNI E CONFERENZE 280 MOSTRE E ATTIVITÀ ESPOSITIVE 281 PUBBLICAZIONI 283 PROGETTI, PROGRAMMI DI RICERCA E COLLABORAZIONI 284 DIDATTICA E DIVULGAZIONE 289 INTERVENTI
ABBREVIAZIONI AA: Archivum Augustanum AAAD: Antichità Altoadriatiche AE: L’Année épigraphique AHR: Archives Historiques Régionales AHR, FSdlT: Archives Historiques Régionales, fondo Sarriod de la Tour AIAr: Associazione Italiana di Archeometria AIHV: Association Internationale pour l’Histoire du Verre ALCOTRA: Alpi Latine COoperazione TRAnsfrontaliera ANAo: Archivio notarile di Aosta APStP: Archivio parrocchiale di Saint-Pierre ARPA: Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale A&RT: Atti e rassegna tecnica della Società degli Ingegneri e degli Architetti in Torino AS: Archéologie Suisse ASTo: Archivio di Stato di Torino ASVA: Arte sacra in Valle d’Aosta, catalogo degli enti e degli edifici di culto e delle opere di arte sacra nella Diocesi di Aosta BASA: Bulletin de l’Académie Saint-Anselme BEPAA: Bulletin d’études préhistoriques et archéologiques alpines BM: Beni Mobili, Catalogo regionale beni culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta BREL: Bureau Régional Ethnologie et Linguistique de la Région autonome Vallée d’Aoste BSBAC: Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta BSFV: Bulletin de la Société de la Flore Valdôtaine BSPABA: Bollettino della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti BUR: Bollettino ufficiale della Regione CAG: Carte archéologique de la Gaule CAI: Club Alpino Italiano CIL: Corpus Inscriptionum Latinarum CRA: Céramique à revêtement argileux CTR: carta tecnica regionale D.G.R.: deliberazione della Giunta regionale D.L.: decreto-legge D.Lgs.: decreto legislativo ENAC: Ente Nazionale per l’Aviazione Civile EPJ Plus: The European Physical Journal Plus FNC: Fondo Nazionale Cogne GPRS: General Packet Radio Service G.U.: Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana HelvA: Helvetica Archaeologica IAR: Institut Agricole Régional ICOM: International Council of Museums IIC: International Institute for Conservation IGIIC: Gruppo Italiano International Institute for Conservation JRA: Journal of Roman Archaeology L.: legge LAS: Laboratorio Analisi Scientifiche della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta LED: Light Emitting Diode LIDAR: Light Detection and Ranging o Laser Imaging Detection and Ranging L.R.: legge regionale MACRO: Museo di arte contemporanea di Roma MiBAC: Ministero per i Beni e le Attività Culturali (da luglio 2018) MiBACT: Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (fino a luglio 2018) MIVIS: Multispectral Infrared and Visible Imaging Spectrometer
MO: microscopia ottica N.A.: norme di attuazione NSc: Notizie degli scavi OPD: Opificio delle Pietre Dure P.D.: provvedimento dirigenziale POR FESR: Programma Operativo Regionale Fondo Europeo di Sviluppo Regionale PRG: Piano regolatore generale PTP: Piano territoriale paesistico PUD: Piano urbanistico di dettaglio QSAP: Quaderni della Soprintendenza archeologica del Piemonte RAVA: Regione autonoma Valle d’Aosta R.D.: regio decreto RTP: Raggruppamento temporaneo di professionisti SBAC: Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta SCT: Sistema delle Conoscenze Territoriali SD: Secure Digital SEBarc: Sylloge Epigraphica Barcinonensis SUPPLIT: Supplementa Italica SUSCOR: Struttura Universitaria in Scienze per la Conservazione, Restauro, Valorizzazione dei Beni Culturali, Università degli Studi di Torino in convenzione con la Fondazione Centro Conservazione e Restauro dei Beni Culturali La Venaria Reale TCI: Touring Club Italiano UISPP: Union Internationale des Sciences Préhistoriques et Protohistoriques UPS: Uninterruptible Power Supply UV: luce ultravioletta VIS: radiazione visibile XRF: spettrofotometria di fluorescenza ai raggi X
1 Il patrimonio culturale rappresenta un elemento fondamentale che permette di far conoscere e promuovere un determinato territorio richiamando interesse, investimenti e stabilità di presenze. Promuovere un territorio significa lavorare sul versante dei valori condivisi, ma anche saper comprendere appieno quali sono le possibili reti per la sua valorizzazione. La cultura è uno degli elementi dell’identità territoriale e il patrimonio culturale rappresenta un bene prezioso che riveste un ruolo di particolare rilievo per la vita dei cittadini e un elemento fortemente competitivo per la promozione del territorio. Negli anni ci siamo costantemente impegnati nella salvaguardia, valorizzazione e promozione del nostro patrimonio culturale operando all’insegna della filosofia della Restitution il cui obiettivo è sempre stato quello di riconsegnare alla collettività beni culturali che, per diverse ragioni, da tempo risultavano inaccessibili o non fruibili. Con soddisfazione abbiamo riscontrato un crescente interesse e un notevole successo di pubblico per appuntamenti ormai fissi e attesi, quali Châteaux en Musique, Châteaux Ouverts col cantiere evento del castello di Aymavilles e la rassegna settembrina di Plaisirs de Culture en Vallée d’Aoste nell’anno dedicato dall’Europa proprio al patrimonio culturale. Assistiamo, poi, allo sviluppo di tutta una serie di progetti finalizzati a migliorare la nostra offerta culturale grazie alla messa in atto di una valorizzazione più aggiornata, di una comunicazione dei beni più completa e strategica, di un sempre più diversificato e accattivante calendario di attività e proposte rivolte al grande pubblico, nonché di un sistema di accoglienza più curato e attento. Tale forte motivazione ci ha dunque portati, in questi anni, ad investire notevolmente nel settore culturale, certi che i risultati avrebbero condotto ad un virtuoso “effetto domino” per la nostra comunità, il nostro territorio e l’appeal turistico della nostra regione assecondando e favorendo i flussi di chi decide di spostarsi alla ricerca dell’arte, della storia, in poche parole, della bellezza. Ecco, dunque, che oggi, a valle di un lavoro lungo, molto articolato e puntuale, siamo pronti ad entrare nel grande circuito culturale di Abbonamento Musei: un’importante piattaforma di condivisione del patrimonio in cui la Valle d’Aosta entra quest’anno accanto a Piemonte e Lombardia. Una strategica macroregione del Nord-Ovest con 436 istituzioni coinvolte e 150.000 persone abbonate per 1.000.000 di ingressi complessivi: una chiave d’accesso a uno straordinario tesoro culturale fatto non solo di siti e musei, ma anche di eventi, mostre e attività rivolte a un’ampia utenza. L’ingresso in Abbonamento Musei costituisce per la Valle d’Aosta un passaggio di grande impatto; una svolta che non potrà che portare beneficio a tutto il nostro sistema, permettendo di promuovere a un vasto pubblico di abbonati tutte le nostre eccellenze e al tempo stesso di implementare la visibilità della nostra regione. Un’occasione che permetterà di incrementare in primis il turismo di prossimità suggerendo nuove motivazioni di viaggio legate all’offerta culturale nelle regioni a noi più vicine che da sempre ci omaggiano col loro apprezzamento e la loro presenza nelle stagioni “forti”. Uno strumento che senza dubbio si allineerà al grande progetto del Cammino Balteo, un itinerario slow adatto a tutti nato per valorizzare le località, i percorsi, i beni e i paesaggi del fondovalle e della media montagna accompagnando alla scoperta di zone ancora poco note - ma profondamente caratteristiche della più autentica vita rurale locale - degli antichi mestieri, e delle nostre secolari tradizioni. Un’opportunità, infine, per scoprire (o ri-scoprire) la stessa città di Aosta, una plurimillenaria “boîte à magie” capace di affascinare con la colossale bellezza delle sue vestigia romane, di emozionare col suo raffinato Medioevo e di sorprendere con l’inattesa imponenza della sua Preistoria, suggestivamente rappresentata dall’Area megalitica coperta più grande d’Europa. Una piccola regione nel cuore delle Alpi dove sin dalla notte dei tempi le culture si sono incontrate e sovrapposte contribuendo alla formazione di un passato complesso e stratificato la cui comprensione, fruizione e narrazione si rivelano essere presupposti fondamentali per affrontare la sfida di un turismo culturale sempre più attento, esigente e di qualità. BENI CULTURALI L’IMPORTANZA DI “FARE RETE” IN UN’OTTICA DI APERTURA, VISIBILITÀ E POTENZIAMENTO DELL’ATTRATTIVITÀ Laurent Viérin 1. Aosta. Area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans. (F. Alti)
3 La possibile presenza di colore sulle stele antropomorfe di Aosta Gianfranco Zidda La lettura formale delle stele antropomorfe aostane era sino a ora impostata su elementi scultorei, scolpiti o incisi. La presenza di componenti coloristiche, ottenute verosimilmente con la stesura di pigmenti era ipotizzata ma sino a oggi non ne erano state attestate tracce. A partire dalle indagini di Franco Mezzena, che muovendo dagli iniziali ritrovamenti aostani negli anni ’70 e ’80 del XX secolo ha inquadrato archeologicamente il fenomeno storico, si è proceduto nella lettura delle componenti fisiche e iconografiche con sistemi e tecniche verificabili; il risultato ha dato luogo ad alcune possibilità di ordinamento tipologico e, con cautela, cronologico. Sono state definite, sino a ora, tre forme classificatorie in termini tecnici e stilistici, che sembrano indicare tre concetti costitutivi - costruttivi differenti, ognuno con caratteristiche agevolmente riconoscibili separatamente; non si può escludere siano riconducibili a sostrati e modelli comuni, che dalle sponde orientali del Mar Nero sono diffusi sino a Occidente, toccando quasi tutti i territori per arrivare all’Atlantico. Le opere considerate in questa sede sono intese come la rappresentazione sulla pietra di un’idea di essere/entità di forma umana; in esse è applicato un particolare concetto di trasformazione fisica del soggetto - osservato originariamente nel suo stato reale - mediata dalla componente sostanziale del supporto litico usato per la realizzazione, e insieme di un’astrazione che traspone, delimita e fissa l’immagine di un oggetto chiudendola in una materia che si ritiene immutabile nel tempo. Le stele antropomorfe aostane sono dunque generalmente ritrovate senza nessun particolare elemento indicatore della presenza di toni coloristici, usati per tratteggiare o campire figure sulle superfici. Per diverse ragioni, quali usura, rielaborazione, disuso, demolizione, abbattimento, disfacimento, riutilizzo, modifica della giacitura primaria o secondaria, iconoclastia, abbandono, ecc., sulle lastre, anche provenienti da scavo - e non solo nel caso di Aosta - non è possibile attestare il rinvenimento o il riconoscimento immediato di pigmenti caratterizzanti le facce, plasticamente decorate o no. Si è tentato comunque di valutare se le lastre potessero acquisire impatto visivo grazie a peculiari apparati decorativi bi e tridimensionali, realizzati altresì con l’ausilio di pigmenti coloranti; tuttavia le testimonianze pervenuteci sinora sono scarse, rilevate in forma sporadica e per certi versi isolata. Sono conosciuti i casi delle stele del sud della Provenza, che hanno conservato, negli incavi dei tratti incisi a solco, tracce di colore rossastro o nero violaceo;1 note sono le testimonianze spagnole: le più celebri, come l’idolo di Peña Tú, sono caratterizzate da stesure di ocre dai toni rossi, mentre nella stele all’interno della Tholos di Montelirio sono riconoscibili toni di nero, rosso e bianco.2 Per la mancanza di diretti riferimenti e basandosi su quanto Franco Mezzena ha inizialmente ipotizzato e formulato,3 IL COLORE SULLE STELE ANTROPOMORFE DI AOSTA Sylvie Cheney, Simonetta Migliorini, Dario Vaudan, Gianfranco Zidda, Nicoletta Odisio*, Stefano Pulga*, Nicole Seris* 1. Stele 7 sud. (Frottage F. Mezzena, elaborazione L. Bornaz)
4 si ritiene che la procedura di figurazione avesse luogo agendo direttamente sulle superfici naturali delle rocce, scelte in base al tono intrinseco alle pietre, sulle quali variazioni (mono)cromatiche erano ottenute attraverso combinazioni binarie di contrasto tra chiaro e scuro (patina naturale versus superfici trasformate con la lavorazione). L’evidenziazione di linee o campiture poteva essere ottenuta con la stesura intenzionale e controllata di materie oleose vegetali o animali, volta a delimitare e riempire zone individuate e prescelte in funzione narrativa. Le sostanze quali oli o burro non danno un tono di colore bensì abbassano o esaltano il cromatismo della pietra nella colorazione a essa connaturata. Considerando in particolare le stele aostane “arcaiche”, nelle quali l’azione scultorea è ridotta a pochissimo (elementari linee incise a solco, con un racconto limitato alla notazione di “bandoliere” o “gonnellini”) e si attiene principalmente alla regolarizzazione dei piani delle lastre di supporto, si può immaginare un intervento - tra molti altri che si possono ipotizzare - volto a variare il tono di base della pietra, che lasciando intatte le condizioni plastiche delle superfici, aumentava o diminuiva l’intensità cromatica, per creare forme oggi perdute in quanto disegnative o pittoriche ottenute con sostanze non durevoli. Una lettura corroborativa ma anche innovativa delle espressioni esornative utilizzate sulle superfici decorate delle stele, è stata proposta dallo scrivente,4 che ha sottolineato la possibilità di decifrazione coloristica non esclusivamente tonale ma anche plastica, differenziata dalle specificità di resa visiva tra superfici opache e superfici brillanti (rispondenti ai concetti oppositivi affermati in diverse culture, come per esempio in quella latina: albus/candidus = bianco opaco/bianco brillante o ater/niger = nero opaco/nero brillante).5 La dualità contrapposta di opaco - lucido è ben riconoscibile nelle stele aostane di tipo “evoluto”. Su una quindicina di queste ultime nell’anno 2019 sono state eseguite nuove serie di analisi non invasive, perché su una delle superfici di alcune lastre erano presenti macchie scure, che lasciavano un po’ d’incertezza di lettura quali componenti intrinseche caratterizzanti la pietra stessa. In seguito alle prove condotte dal LAS (Laboratorio Analisi Scientifiche della Soprintendenza) sulla stele 7 sud - un grande frammento di cui resta solamente una porzione della parte ventrale, comprendente le braccia, la cintura, parti della veste fino al termine della borsa semicircolare (fig. 1) - si è notata nella zona patinata naturale un’accentuata presenza di manganese, che potrebbe ricondurre a un tono nero violaceo (o rosso scuro) sovrapposto a quello della superficie originaria della pietra (si veda infra p. 7). In attesa di future analisi di conferma, potrebbe trattarsi dunque di una presenza di colore utilizzato per far assumere rilievo a figure destinate a evidenziare un concetto narrativo, dando origine a una decorazione molto meglio visibile e contrastata rispetto a quella percepibile oggi. Una simile indicazione costituisce un dato interessante anche per ricostruire le procedure adottate nella realizzazione delle stele antropomorfe. Tale tema, rifacendosi a esempi di metodi ancora in uso nelle tecniche dell’incisione, è puntualmente trattato nel contributo di Stefano Pulga. Ipotesi e considerazioni sui pigmenti Stefano Pulga* 1) Il rosso violaceo rinvenuto sulla stele 7 sud Nel corso del progetto di restauro, i frammenti della stele 7 sud risultano particolarmente interessanti non tanto per il motivo decorativo, comune ad altre stele, quanto per il contrasto rilevabile fra le parti chiare e scure della decorazione, più marcato che in altri casi. Aggiungendo alla luce visibile una porzione di infrarosso diventano evidenti tonalità rosso/violaceo delle zone più scure (fig. 2), mentre in luce radente si osserva che le parti più chiare sono in evidente sottolivello rispetto a quelle scure di circa 1 mm (fig. 3). A queste osservazioni sono seguite analisi quantitative delle componenti chimiche delle superfici (si veda infra p. 7), che hanno evidenziato, fra l’altro, una differenza del contenuto di ferro (Fe) e manganese (Mn) che va dal doppio al triplo fra parti scure e chiare (tabella 1 p. 8). Non viene rilevata la presenza di pigmento sul bordo che limita la parte chiara da quella scura. Questi elementi portano a ipotizzare una sequenza esecutiva così articolata: - sagomatura della lastra nella forma voluta e sua sommaria lisciatura per eliminare le maggiori asperità, questa operazione può essere ipotizzata sulla base delle elaborazioni “a carboncino” e frottages a suo tempo realizzati; 2. Dettaglio della stele 7 sud in luce miscelata visibile/infrarosso. Sono evidenti le tracce di pigmento rosso rimosse con percussione per ottenere il motivo decorativo. (S. Pulga)
5 - copertura dell’intera superficie con un pigmento bruno/ violaceo, legato con sostanza per il momento non definita; - tracciatura dello schema decorativo, probabilmente con leggere incisioni; - rimozione dello strato superficiale della pietra secondo il disegno riportato, per ottenere le parti chiare, la rimozione è ottenuta mediante percussione di uno strumento piatto per le superfici poligonali e con un punzone di circa 3 mm di diametro per il “puntinato” nelle parti scure. Si tratta quindi di una tecnica esecutiva “sottrattiva”, che nella storia delle attività artistiche si è praticata fino ai giorni nostri, come la “maniera nera” usata nell’incisione e nella litografia, o lo “sgraffito” nella decorazione murale. Casi di decorazione simili sono molto diffusi in tutto il mondo: nella figura 4 un graffito rupestre del Periodo Kush, Sudan Centrale, 1200 a.C. circa realizzato per sottrazione su superficie colorata scalpellata e in seguito ulteriormente incisa. Indipendentemente dall’esatta tonalità del pigmento all’origine, la stele doveva comportare un forte contrasto fra le parti rosso/violacee a rilievo e quelle scalpellate in cavo che, rivelando la struttura cristallina della pietra e le inclusioni di quarzite e mica potassica, dovevano produrre in certe condizioni di illuminazione riflessi e/o rifrazioni. A questo proposito può essere interessante una simulazione digitale degli effetti luminosi conseguenti all’orientamento della stele rispetto alla traiettoria solare nelle diverse ore della giornata, in quanto è probabile che il riflesso delle porzioni cristalline evidenziate dalla scalpellatura fosse in certe ore (e/o stagioni) particolarmente intenso. 3. La stessa zona di fig. 2 in luce visibile leggermente radente. Le parti più chiare sono in leggero sottolivello rispetto a quelle più scure. (S. Pulga) 4. Graffito rupestre scalpellato e inciso. Periodo Kush, Sudan centrale, IV cataratta. (S. Pulga)
6 2) L’uso di pigmenti nell’antichità Paolo Mora, Laura Sbordoni Mora e Paul Philippot,6 sostengono che le prime pitture murali appaiono circa 30.000 anni a.C. sotto la forma di impronte di mani in positivo o in negativo. I pigmenti usati sono la terra rossa o nera, singolarmente o mescolate, e il sangue. L’impronta della mano in negativo è ancora ampiamente praticata dagli aborigeni australiani e altri popoli. Nei casi storici più noti (Lascaux, Altamira) le analisi hanno evidenziato nei pigmenti scuri e rosso cupo la presenza di ossidi di ferro e manganese.7 Nello specifico, la “terra nera” è composta da CaCO3, ossidi di ferro e di manganese; la “terra rossa” (o Terra di Siena bruciata) da ossidi di ferro e biossido di manganese. Il colore rosso cupo ha da sempre avuto una forte valenza simbologica in ogni tipo di cultura, come afferma Obermayer: «È noto che i pigmenti rosso cupo e viola sono stati usati nella storia dell’uomo in diversi riti, compreso il tatuaggio, ed hanno avuto nella maggioranza delle culture arcaiche un significato mistico e religioso».8 3) Come ha potuto il colore arrivare fino a noi? Per il momento non sono state effettuate analisi microchimiche sulla natura dell’eventuale legante, un “adesivo” che doveva essere presente nella stesura del pigmento per assicurarne una così prolungata resistenza nel tempo. Alcuni studi9 su pitture arcaiche hanno evidenziato la presenza di numerosi leganti organici quali: grasso animale, siero di sangue, uovo, latte, caseina, gomma arabica, gelatina animale, melassa, zucchero, resine, colla di pelle. Senza entrare nell’ambito della definizione chimica, tutte queste sostanze sono “siccative”, cioè induriscono a contatto con l’aria, e sono “filmogene”, formano uno strato tenace che ingloba i pigmenti. Compatibilmente con la presenza di numerosi fissativi moderni (sintetici) usati durante le operazioni di consolidamento, può essere utile ad avviare una ricerca di eventuali tracce del legante. 4) Continuità nelle forme e motivi decorativi Quanto segue non vuole assolutamente stabilire analogie fra le stele di Saint-Martin-de-Corléans ed i manufatti che vengono descritti, appartenenti all’area nordorientale del Sahara e nella zona di confine fra Sudan ed Eritrea. Avendo partecipato a campagne archeologiche in quelle regioni, ho realizzato una documentazione interessante su manufatti “grosso modo” coevi, con punti di contatto formali ed estetici che possono costituire uno spunto per ulteriori ipotesi e ricerche. Le forme geometriche (triangoli, cunei, quadrati) hanno avuto diffusione e continuità in tutte le attività decorative dell’umanità. Nel caso specifico a cui faccio riferimento, in area nubiana tali forme decorative sono state usate costantemente dal periodo del Kerma Arcaico (2500 a.C. circa) fino al Kerma classico (1500 a.C. circa), nei regni di Kush (1200 a.C.), Napata (500 a.C. circa) e Meroe (anno 0). Innumerevoli reperti ceramici hanno questo tipo di decorazione, come ampiamente descritti da George Andrew Reisner10 e Charles Bonnet11 (figg. 5a-b). Il colore rosso, ancora oggi molto comune nelle decorazioni, era regolarmente usato per dipingere il fondo delle cappelle funerarie. In quelle regioni, anche ai giorni nostri, i motivi decorativi geometrici triangolari e a girali sono estremamente frequenti su manufatti di ogni tipo ed attrezzi di uso quotidiano. Elementi decorativi antropomorfi sono ancora largamente diffusi nell’area nubiana fino allo Yemen, dove sono usati nel coronamento dell’entrata principale delle abitazioni, suggerendo una simbologia di figura umana a braccia alzate in segno di benvenuto (fig. 6). Motivi cuneiformi, dipinti in rosso, sono abituali nelle porte di entrata delle abitazioni in Nubia nilotica, anche se non associati a forme antropomorfe. Simili motivi basati su forme triangolari e/o cuneiformi sono usati ancora oggi nella tonsura del pelo di animali considerati pregiati in quei territori (fig. 7). 5b. Ceramiche decorate a motivi geometrici dalla Bassa Nubia. (Da BONNET 1990) 5a. Ceramiche decorate a motivi geometrici da Kerma. (Da BONNET 1990)
7 Le analisi scientifiche sulla stele 7 sud Sylvie Cheney, Simonetta Migliorini, Dario Vaudan, Nicoletta Odisio*, Nicole Seris* Il LAS della Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Regione autonoma Valle d’Aosta è dotato di diversi strumenti analitici che possono fornire le giuste risposte ai quesiti che sopraggiungono durante gli interventi di scavo o di restauro. Si può quindi facilmente comprendere come sia fondamentale, all’interno di una Soprintendenza, il dialogo tra diagnosti, storici dell’arte, archeologi e restauratori, al fine di ampliare le conoscenze relative a un’opera d’arte o a un monumento e proporre la soluzione conservativa migliore. In virtù di questo approccio metodologico, nel 2019 il LAS è stato chiamato a effettuare una campagna di misure sulle stele provenienti dal sito megalitico di Saint-Martin-deCorléans ad Aosta. Sono quindi state effettuate delle misure con spettrofotometro XRF sulle alterazioni cromatiche e sulle patine visibili sulla superficie lapidea (tabella 1 nella pagina seguente). Il dato più interessante lo ha restituito la stele 7 sud, che presenta un’articolata decorazione geometrica associata a una variazione cromatica (fig. 8). Nelle zone scure, corrispondenti alle decorazioni a triangoli e quadrati, è stata rinvenuta un quantità maggiore di manganese e di ferro, i cui conteggi diminuiscono invece per quanto concerne le zone chiare. Questo dato può far supporre la stesura in antico di una terra a base di manganese e ferro su tutta la superficie della stele, in seguito lavorata per creare le decorazioni geometriche. Ovviamente, essendo al momento stata effettuata solamente un’analisi di tipo non invasivo ed avendo rinvenuto del manganese anche in altre stele non decorate, sarebbe necessario procedere con ulteriori metodologie analitiche al fine di comprendere se effettivamente sia stato steso un pigmento oppure se si è in presenza di una patina naturale. 1) A. D’ANNA, Les statues-menhirs et stèles anthropomorphes du Midi méditerranéen, Paris 1977. 2) P. BUENO RAMIREZ, R. DE BALBÍN BEHRMANN, R. BARROSO BERMEJO, F. CARRERA RAMÍREZ, M. ANDRÉS HUNT ORTIZ, Capitulo 15. El arte y la plástica en el tholos de Montelirio, in A. FERNÁNDEZ FLORES, L. GARCÍA SANJUÁN, M. DÍAZ-ZORITA BONILLA (coord.), Montelirio: un gran monumento megalítico de la Edad del Cobre, 2016, pp. 365-405. 3) Dei di pietra: la grande statuaria antropomorfa nell’Europa del III millennio a.C., catalogo della mostra (Aosta, Museo Archeologico Regionale, 19 giugno 1998 - 15 febbraio 1999), Milano 1998. 4) G. ZIDDA, T. SCHOENHOLZER NICHOLS, Osservazioni su alcune stele rinvenute nel sito megalitico di Saint-Martin-de-Corléans, in BEPAA, XXVIII, 2017, pp. 61-82. G. ZIDDA, Le stele. Tipologia e iconografia, in Area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans. Una visione aggiornata, Aosta 2019, pp. 297-313. 5) M. PASTOUREAU, Noir. Histoire d’une couleur, Paris 2008. 6) P. MORA, L. SBORDONI MORA, P. PHILIPPOT, La conservation des peintures murales, Bologna 1977. 7) R.J. GETTENS, G.L. STOUT, Painting Materials, New York 1966. 8) H. OBERMAYER, Probleme der paläolithischen Malerei, Quartier, I, 1938. 9) F.O. GŬLAÇAR, A. BUCHS, A. SUSINI, Capillary gas chromatographymass spectrometry and identification of substitute carboxylic acids in lipids extracted from a 4000-year-old nubian burial, in “Journal of Chromatography”, 479, 1989. 10) G.A. REISNER, Outline of the ancient history of the Sudan: the first kingdom of Ethiopia, its conquest of Egypt and its development into the Kingdom of Sudan, Boston 1919. 11) Ch. BONNET, Kerma, royaume de Nubie, Genève 1990. *Collaboratori esterni: Nicoletta Odisio, borsista Fondo Sociale Europeo in Metodologie e Tecnologie per la valorizzazione dei beni culturali - Stefano Pulga, restauratore CO.RE. S.n.c. - Nicole Seris, conservatrice scientifica. 7. Quasim Al Quibba, Eritrea del Nord, 1982. L’asino è considerato in Africa una sorta di status symbol in quanto deve essere alimentato con vegetali freschi. La sua decorazione usa motivi geometrici di tradizione antichissima. (S. Pulga) 6. Yemen settentrionale, 1978. Entrata principale di un’abitazione. Il coronamento tradizionale a tre cuspidi simboleggia una persona con le braccia alzate in segno di accoglienza; i motivi decorativi sono realizzati in ocra rossa legata con lattice vegetale, chiamato Khommah. (S. Pulga)
8 8. Stele 7 sud con le tre aree oggetto di analisi mediante spettrofotometro XRF. (S. Pulga) Tabella 1. Risultati delle misure con spettrofotometro XRF. (LAS) Sigla Cod XRF Descrizione Si S K Ca Ti Mn Fe Ni Zn Rb Sr Zr 35 3449 A zona chiara 30 25 58 2872 21 37 228 52 tr - 40 - 36 3450 35 tr 49 1562 21 50 456 55 tr - 34 - 37 3451 48 13 56 1075 25 41 289 53 tr - 34 - 84 3512 17 tr 43 1967 17 31 171 43 19 - 31 - 85 3513 25 tr 50 2440 21 35 210 47 20 - 36 - 86 3514 46 tr 60 1991 20 41 254 51 22 - 38 - 38 3452 B zona scura decorazione 29 tr 49 2115 29 122 635 54 tr - 36 - 39 3453 File danneggiato 40 3454 31 tr 48 1837 23 82 501 49 21 - 36 - 41 3455 49 tr 41 983 42 128 1764 49 26 - 30 20 42 3456 B zona chiara decorazione 39 tr 55 2544 23 62 329 58 tr - 46 - 43 3457 36 tr 59 2891 21 49 281 50 tr - 44 - 44 3458 23 tr 45 2511 21 43 241 45 tr - 37 - 45 3459 22 tr 40 2208 21 39 214 45 tr - 37 - 67 3495 B zona scura decorazione 24 tr 35 1666 21 98 552 45 21 - 31 - 68 3496 26 tr 43 1748 27 93 677 47 21 - 33 - 69 3497 44 tr 47 2320 24 111 509 52 22 - 42 - 70 3498 B zona chiara decorazione 38 tr 60 2800 22 59 324 57 22 - 48 - 71 3499 28 tr 49 2358 21 42 246 46 22 - 40 - 72 3500 B zona chiara decorazione 57 tr 57 2066 25 47 279 54 25 - 43 - 73 3501 51 tr 60 2306 20 39 278 50 22 - 39 - 74 3502 15 tr 42 2074 19 42 295 44 18 - 32 - 75 3503 32 tr 53 3010 19 50 312 53 19 - 42 - 76 3504 34 tr 54 2331 20 46 286 52 21 - 41 - 77 3505 34 tr 59 2833 20 44 277 55 21 - 43 - 78 3506 B zona scura decorazione triangolare 40 tr 67 1299 38 92 1196 53 26 tr 38 - 79 3507 44 tr 98 1516 34 84 810 52 24 20 36 - 80 3508 37 tr 96 1422 33 68 748 52 22 19 38 - 81 3509 43 tr 93 992 29 83 1124 50 24 19 32 - 82 3510 36 tr 54 1495 29 75 625 48 22 - 36 - 83 3511 39 tr 68 1542 30 81 824 57 24 tr 38 - 87 3515 C zona chiara decorazione 30 tr 60 2649 22 40 235 48 19 tr 40 - 88 3516 16 tr 40 1787 22 38 286 43 20 - 29 - 89 3517 25 tr 44 2208 22 40 232 43 19 - 33 - 90 3518 22 tr 32 1628 18 38 218 41 18 - 28 - 91 3519 32 tr 44 2513 19 59 268 45 19 - 39 - 92 3520 29 tr 39 1832 18 54 253 42 17 - 31 - 93 3521 C zona scura decorazione triangolare 40 tr 73 2329 25 61 331 49 20 tr 36 - 94 3522 36 tr 58 1963 19 50 257 49 21 - 36 - 95 3523 70 tr 68 2107 21 54 342 55 22 - 39 - 96 3524 44 tr 65 2631 22 58 279 50 19 - 39 - 97 3525 41 tr 62 2570 19 58 328 47 20 - 38 - 98 3526 25 tr 43 1932 20 47 235 42 20 - 32 - B C A
9 Premessa Alessandra Armirotti Quando è stata inaugurata la nuova piazza Roncas, il 26 maggio 2018, tutti gli abitanti del quartiere, e non solo, erano molto interessati a capire cosa significasse quel segno quadrato bianco sulla pavimentazione, in contrasto con le lastre scure scelte per il resto della piazza, di fronte al Museo Archeologico Regionale (fig. 1). Quegli elementi chiari costituiscono, nella sistemazione attuale, la trasposizione in superficie della pianta della più imponente struttura di epoca romana conservata nel sottosuolo, la torre orientale della porta Principalis sinistra di Augusta Prætoria e rappresentano l’unico richiamo a tutto ciò che c’è sotto la piazza, a un mondo, oggi finalmente conosciuto, fatto di strati di terra, strutture murarie e acquedotti romani, torri e canali medievali e palazzi nobiliari del XVII secolo (fig. 2). Un’opera così complessa dal punto di vista urbanistico quale la riqualificazione di una piazza, in una città pluristratificata come Aosta, non poteva prescindere da un’accurata indagine preliminare del sottosuolo, che si è protratta per diversi anni, a partire dal 2006 e conclusasi nel 2017,1 con lo scopo di comprendere l’evoluzione nei secoli di un comparto cittadino che, a partire dall’epoca romana fino ai giorni nostri, riveste un ruolo fondamentale nell’ambito dello sviluppo urbanistico di Aosta, in quanto, da una parte, fulcro centrale e nevralgico di vita e potere, e dall’altra apertura e collegamento verso l’esterno e il territorio. La prima campagna di scavo del 20062 aveva messo in luce, nella porzione centro-orientale della piazza, i resti imponenti della torre orientale della porta Principalis sinistra e una parte del grande edificio pubblico che, in una fase successiva rispetto alla fondazione della città romana, sorge a sud di questa.3 Da questo momento le indagini si sono susseguite a cadenza annuale, strategicamente ubicate in modo da coprire l’intera superficie della piazza e dei palazzi che su di essa gravitano: nel 2007 si sono svolte nella porzione sud-orientale della piazza e negli interrati del museo, per concentrarsi sul cosiddetto “edificio meridionale” e sugli spazi viari ad esso circostanti.4 Lo scavo di maggior estensione si è svolto nel 2008, articolato in realtà in due contesti ben distinti: uno centrale alla piazza e uno più marginale, a ovest, corrispondente INDAGINI ARCHEOLOGICHE IN PIAZZA RONCAS AD AOSTA (VI LOTTO 2017) Alessandra Armirotti, Gabriele Sartorio, David Wicks* 1. La nuova pavimentazione con la trasposizione in superficie di parte del perimetro della torre orientale della porta Principalis sinistra. (S.P. Pinacoli)
10 indicativamente all’attuale via Carabel. Entrambe le indagini hanno messo in evidenza l’evoluzione planimetrica dell’intera porta Principalis sinistra, individuando le due torri laterali e chiarendo la sua trasformazione da porta “a cavedio” a struttura aperta, in stretta connessione con il cardo maximus e con la viabilità minore circostante. Da questa campagna di scavi, inoltre, è emerso anche un importante dato relativo alla realizzazione delle principali infrastrutture della colonia augustea, in particolar modo quelle idriche: il ritrovamento della base di un castellum aquae addossato alla porta evidenzia differenti interventi urbanistici e architettonici che nel corso dei secoli hanno interessato questo spazio cittadino.5 Gli ultimi due anni di scavo (2009 e 2010) hanno completato l’indagine della porzione immediatamente a sud-est della torre orientale della porta, permettendo di ipotizzare il limite sud del cosiddetto “edificio meridionale”, e mettendo in luce la sequenza delle sue trasformazioni planimetriche e funzionali, e indagando più compiutamente le cosiddette “concamerazioni sostruttive”,6 appartenenti a un grande edificio pubblico che, a partire dalla metà del I secolo d.C., sorge alle spalle del foro.7 Dopo un periodo di pausa, in previsione della fine dei lavori di ripavimentazione e riqualificazione generale della piazza, sono terminate, nel 2017, anche le indagini archeologiche, con l’apertura dell’ultimo lotto di scavo mancante, quello relativo alla porzione settentrionale dell’area (fig. 3). Qui, come si vedrà in seguito, sono state messe in luce ulteriori trasformazioni della porta di età romana, caratterizzate prima da modifiche planimetriche e da riutilizzi delle infrastrutture idriche pertinenti l’acquedotto romano che, abbiamo visto, riforniva il castellum aquae e, in seguito, da spoliazioni continue delle strutture e dall’edificazione di un edificio, anche piuttosto importante, nei secoli successivi. La sequenza delle fasi David Wicks* Fase preurbana (in grigio nella fig. 4) Nel corso dell’intervento è stato identificato il paleosuolo preurbano (fig. 5), costituito da un deposito limo-argilloso di colore grigio-verdastro formatosi al di sopra della superficie del conoide. Lo strato è stato trovato alla quota di 579,46 m s.l.m., in lieve pendenza verso sud, in prossimità dell’ingresso alla città romana.8 Dove indagato, lo strato si presenta omogeneo con uno spessore piuttosto ridotto.9 Fase I La prima porta Principalis sinistra (in rosso nella fig. 4) Datazione: età augustea I precedenti lavori condotti nella piazza e in via Carabel fra il 2006 e il 2008 hanno portato alla luce un’importante fase primaria della porta Principalis sinistra, rappresentata in particolare da notevoli fondazioni a platea realizzate a sacco in opus cæmenticium, in corrispondenza dell’angolo meridionale rivolto sulla strada di ciascuna torre. La forma dei tagli di asportazione, coperti dai basoli del successivo cardo maximus nella parte centrale del passaggio, ha permesso di ipotizzare la presenza originaria 2. L’area oggetto di studio in arancione nella pianta di Augusta Prætoria e, in alto, estratto della mappa catastale della città moderna. (Dal Geoportale SCT - RAVA, elaborazione L. Caserta, D. Marquet) 3. Lo scavo del 2017 alla fine delle indagini, visto da ovest. (P. Gabriele) via Aubert di Città via Croce De via Tillier 0 100 m piazza Roncas
11 4. Planimetria aggiornata di fine scavo con indicazione delle fasi strutturali di età romana/tardoantica e il paleosuolo. (Elaborazione M.P. Boschetti, D. Wicks) Paleosuolo Fase IV Fase I Fase IV fossato Fase III fistula Fase II Edifici attuali Fase III 0 5 m PALAZZO RONCAS piazza Roncas via Carabel PALAZZO ROLLE MUSEO ARCHEOLOGICO REGIONALE TORRE EST Fauce avanzata (fase I) Fauce (fase II) Castellum aquae Fauce arretrata (fase I)
12 di una fauce arretrata, probabilmente in grandi blocchi di calcare di travertino, base per un ampio arco centrale del tutto simile alla sistemazione primaria della fauce arretrata della porta Prætoria, al momento, però, senza chiari indizi di fornici laterali. Le indagini condotte nel 2017 hanno consentito di acquisire nuovi dati, soprattutto per quanto concerne la fauce avanzata. Lo scavo ha smentito l’ipotesi proposta nel 200810 che la parte anteriore della sistemazione in opus quadratum di travertino rappresentasse un elemento primario. Le relazioni stratigrafiche sono state confermate ma sembra trattarsi di momenti diversi di una singola attività costruttiva (figg. 6a-b e in viola fig. 4). Le indagini condotte all’esterno della fauce avanzata orientale hanno permesso di documentare la presenza di due elementi originari, abbattuti per facilitare la costruzione del paramento esterno della sistemazione secondaria unitaria (figg. 7-8). Il primo elemento è rappresentato da un’ampia fondazione a platea in opus cæmenticium a ridosso della torre orientale, lunga fra 7,50-8,40 m e larga oltre 2,20.11 Il secondo elemento è rappresentato da una catena di fondazione più arretrata, e quindi più stretta, che dovrebbe iniziare in corrispondenza del lato occidentale della fondazione a platea, probabilmente per attraversare la luce della porta (questo elemento è presente anche nella porta Prætoria e nella porta Decumana).12 Dalla forma dei tagli di asportazione individuati sembra che il perimetro della fondazione fosse rinforzato da grossi massi, anch’essi probabilmente in travertino, e che, verso il centro della platea, a circa 1 m dal perimetro, esistesse un altro filare di grandi blocchi, forse dello stesso materiale, che probabilmente formavano l’elevato vero e proprio. Con i dati finora disponibili non si esclude né per la fauce avanzata né per quella arretrata la presenza di un fornice laterale orientale. Le forti somiglianze con la porta Prætoria e con la porta Decumana comunque rendono ipotizzabile, anche in questo caso, la presenza, almeno nella fase primaria, di un triplo fornice.13 Le nuove indagini non hanno portato alla luce indizi della presenza di un acquedotto pertinente a questa fase primaria.14 Le attività descritte in questa fase sono riconducibili all’epoca augustea, intorno alla fine del I secolo a.C.15 Fase II La seconda porta Principalis sinistra e le attività davanti la porta (in viola nella fig. 4) Datazione: dalla metà del I secolo d.C. Durante il I secolo d.C. tutta l’area della porta Principalis sinistra viene riorganizzata, demolendo entrambe le fauci e dando una nuova forma all’ingresso in città. L’accesso è ora definito da un’unica fauce che quasi ricalca l’andamento della precedente fauce avanzata; scompare il cavedio centrale della porta e il lato orientale del piazzale viene occupato da un castellum aquae pertinente all’acquedotto. La nuova fauce, finora messa in evidenza solo sul lato orientale di un’apertura centrale larga circa 4,60 m, è rappresentata da una struttura composita, una specie di “scatola” muraria a contenimento di un terrapieno, evidentemente frutto di un unico progetto edilizio, costruito in opus quadratum di travertino (fig. 9).16 Dell’acquedotto è stato individuato nel 2017 l’imbocco del cunicolo di passaggio sul lato esterno della fauce, costruito contestualmente all’originale nucleo cementizio. La condotta in piombo probabilmente usciva dal cunicolo in direzione ortogonale al paramento, come suggerisce il negativo individuato davanti all’ingresso. Non si esclude che la fistula rinvenuta durante gli ultimi scavi in giacitura secondaria (figg. 10-11), appartenesse già a questa fase, costantemente in uso fino alla fine dell’epoca romana, asportata, modificata e ripetutamente rialzata via via che la quota del terreno attorno cresceva.17 Le varie modifiche apportate alla condotta nelle fasi successive, lo scavo di un fossato tardo più vicino alle mura, nonché le ridotte dimensioni del saggio impediscono di definire l’andamento del condotto originario. Tale condotto, una volta uscito dall’ingombro della precedente fondazione a platea, potrebbe aver curvato verso ovest, correndo lungo il perimetro di questa stessa struttura per poi direzionarsi verso la strada e attraversare l’andamento del fossato.18 Non è certa la funzione di una grande e profonda fossa circolare rinvenuta 3 m a nord del cunicolo, probabilmente da collegare con le infrastrutture dell’acquedotto. A ovest, la mancanza di una superficie viaria basolata è sorprendente, dal momento che questa è stata rinvenuta all’interno della porta e non si esclude che sia il risultato di una successiva asportazione, avvenuta durante o alla fine dell’epoca romana, che ha ridotto il tracciato stradale ad una glareata di ghiaia compatta. Si segnala la presenza di due lastre pavimentali, forse parte di un’originale sistemazione laterale al cardo maximus, accanto al paramento esterno. La datazione di quest’importante fase di riorganizzazione al momento si appoggia sulla moneta dell’imperatore Claudio rinvenuta nel riempimento del taglio di costruzione del vicino monumento recentemente interpretato come stadio. Lo scavo del 2017 non ha restituito materiali datanti.19 Fase III Evoluzione durante l’epoca romana (in giallo nella fig. 4) Datazione: seconda metà del II-III secolo d.C. Le campagne di scavo precedenti avevano già permesso di evidenziare importanti e sostanziali trasformazioni dell’assetto viario e degli edifici di questo comparto della città. Si ricordano infatti le modifiche apportate al cosiddetto “edificio meridionale”, con una nuova distribuzione degli spazi interni e un ampliamento dell’edificio verso est con un muro obliquo che invade il cardo minor. 5. Tracce del paleosuolo preromano davanti al paramento orientale della porta Principalis sinistra, nella zona dell’ingresso, vista da est. (D. Wicks)
13 6a.-b. Planimetria delle fasi I (in alto) e II (in basso). (Elaborazione M.P. Boschetti, D. Wicks) Strutture Limiti ipotizzati Strutture ipotizzate Passaggi Paleosuolo Piani in fase Piani in fase ipotizzati Strutture Asportazione condotti Strutture ipotizzate Limiti ipotizzati Piani in fase ipotizzati Strutture riutilizzate Passaggi Piani in fase 0 5 m 0 5 m Fossato Strada Cavedio Intervallum Intervallum Insula 3 Agger Muro di controscarpa ? Fossato Strada Cardo maximus Cardo minor Terrapieno Quota pavimentale ipotizzata Cunicolo Agger Fistula (fase III) Intervallum Intervallum Edificio meridionale
14 Tutte queste modifiche sono collegabili a una serie di rialzamenti, di circa 30 cm, delle crepidini orientale e occidentale rilevati durante gli scavi accanto alle torri (2008-2009). Non è escluso che questi sviluppi presso la porta siano da collegare a modifiche all’infrastruttura fognaria e all’acquedotto e alla loro attività, compreso un rialzamento areale, di circa 20 cm, documentato nel 2017 subito fuori dalla porta, presso l’ingresso del cunicolo dell’acquedotto e nell’area del fossato. Tracce di un’esondazione potrebbero essere le deposizioni limose formatesi nell’area davanti e all’interno del cunicolo dell’acquedotto durante questa fase; si tratta di depositi portati dall’acqua che arrivano fin quasi a 580,00 m s.l.m., sufficienti a colmare il cunicolo e a causare problemi anche nella zona del castellum aquae nel piazzale fra le torri. Questi depositi naturali sono stati tagliati da successive riaperture del passaggio finalizzate alla sistemazione del condotto. A questa fase è anche da attribuire l’intervento che ha demolito la spalletta occidentale del cunicolo, demolizione forse da collegare all’inserimento di un condotto situato proprio lungo il paramento della fauce.20 Solo l’ultima nella serie di modifiche definisce la posizione dell’eccezionale fistula rinvenuta durante la campagna del 2017. Questa conduttura in piombo ha una lunghezza di almeno 2,90 m e un andamento serpentinoso verso l’interno della fauce. È costituita di due elementi saldati insieme, forse anche di lunghezza standard, e presenta sulla sua superficie tre bolli identici ancora in corso di studio. La fistula termina a nord in corrispondenza di un elemento piatto quadrato, chiaramente smontato. Le attività di questa fase, localizzate e poco correlabili fra loro, sembrano iniziare durante la seconda metà del II secolo d.C. e proseguono nel III.21 7.-8. Fondazioni primarie rasate, individuate sul fondo dello scavo: a sinistra nella zona occidentale e a destra nel saggio orientale davanti al cunicolo dell’acquedotto. (D. Wicks) 9. Opus quadratum in travertino conservato nel tratto centrale del paramento esterno della fauce secondaria. (D. Wicks)
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