93 per un ampio tratto, mantenendosi in quota, il percorso pedonale. Quest’ultimo si dirama verso est per raggiungere le ultime costruzioni e poi perdersi in quanto intercettato dalla posa della condotta.4 Riguardo l’identificazione storica delle rovine del villaggio, è interessante notare come, ancora una volta grazie al ricorso alla cartografia storica, sia possibile ipotizzare un nome per l’abitato. Il catasto ottocentesco infatti disegna, a partire dall’insediamento di Le Verney, posto a valle di Le Petit-Haury, una viabilità secondaria che, seguendo all’incirca la pista di cantiere realizzata per la posa della condotta, risale il pendio fino al settore dove è stato effettuato il ritrovamento. La strada in questione è accompagnata da una legenda, che la identifica come «strada vicinale da Verney a Bage», portando di fatto all’identificazione del toponimo «Bage» con i resti del villaggio. A conferma dell’ipotesi qui suggerita, la tradizione orale segnala per l’area delle rovine l’esistenza del toponimo Badzo o Lo Badzo, da cui è verosimile immaginare la derivazione Bage.5 Ancora, il termine badzo o baché o bachez, ricorrente anche nelle forme francesizzanti e patoisantes, identifica la presenza d’acqua, di un fontanile, e per metonimia dunque quella di un’area ricca d’acqua, caratteristica evidente del settore in esame. Se l’indagine eseguita ha permesso di determinare con buona precisione la consistenza delle strutture ancora esistenti e lo sviluppo dell’insediamento, la realizzazione della pista di cantiere, posta a fianco della condotta e assai prossima alle strutture sopra descritte, ha di fatto cancellato l’articolazione e la direzione del sentiero originario, l’antica strada vicinale, così come quella delle canalizzazioni che, uscite dall’abitato, confluivano, all’altezza del bacino paludoso, nel ru dell’EauSourde. Il villaggio riconducibile cronologicamente, pur con molta cautela, ad un periodo compreso tra il tardo Medioevo e il XVII secolo,6 costituisce un interessante esempio di sistema insediativo e di sfruttamento del territorio in ambiente montano. Difficile al momento poter determinare se lo stesso insediamento avesse o meno un qualche legame con la struttura fortificata del castello di Montmayeur, sebbene le cellule abitative individuate non sembrino possedere caratteristiche riconducibili a epoca medievale, cioè contemporanee della fase di utilizzo del castello. Un confronto potenziale può essere suggerito con l’abitato recentemente analizzato in un contributo sul castrum di Aviès, o torre di Pramotton, a Donnas.7 Alla base del promontorio su cui si trova la fortificazione, infatti, in un’area pianeggiante oggi riconvertita a bosco, si sono rinvenute le tracce di un complesso sistema insediativo, con edifici ricavati sfruttando in parte la presenza di grossi massi e dotati di aperture strombate simili a feritoie (fig. 13). Il nucleo di Aviès, tuttavia, sembra intimamente legato alla presenza della soprastante fortificazione e abitato stabilmente in un periodo, il XIII-XIV secolo, antecedente quello ipotizzato per il villaggio di Lo Badzo. In mancanza di dati di scavo, la cui raccolta sarebbe auspicabile, considerazioni più approfondite non sono tuttavia possibili. 1) Il punto è materializzato da uno spezzone in ferro infisso nel cantonale, di cui ho redatto la monografia. 2) L’esistenza di una nicchia anche all’esterno determina in realtà qualche dubbio interpretativo, considerando anche l’accuratezza con cui è stata realizzata. 3) M. CORTELAZZO, La “Gran Masun” di Carema (TO): indagine su una casaforte del primo Quattrocento, in “Archeologia dell’Architettura”, XXII, 2017, p. 216. 4) Lo scavo della posa della condotta in questo tratto è stato seguito con particolare attenzione, anche per verificare l’eventuale presenza di depositi archeologici correlabili ad attività inerenti l’utilizzo degli edifici. Tutta la porzione prossima all’abitato, tuttavia, era già stata rimaneggiata durante la realizzazione della pista di servizio per consentire il transito dei grossi mezzi impiegati nella posa dei tubi, del diametro di 110 cm. 5) Il catalogo dell’Enquête toponymique en Vallée d’Aoste, conservato presso il BREL, registra alla scheda n. 1.778 del Comune di Arvier il toponimo «lo badzo», localizzandolo nell’area oggetto della presente ricerca. Inoltre la descrizione dello stesso riporta «Zone de moyenne dimension située entre le ru de l’Eau Sourde, lo Plantsan et les Pontèillœ, traversée par le sentier dit Tsœmœn di Badzo. Dans son périmètre on peut encore voir des ruines d’une ancienne maison. A l’abandon, quelques arbres», confermando implicitamente l’identificazione del sito. 6) Fonti orali, registrate nell’Enquête toponymique (scheda n. 1.778), sostengono che «dans la maison du Badzo dont on voit encore les ruines où ont séjourné les sept frères qui ont bâti le clocher d’Arvier, au XVème siècle», guarda caso sette come sette sono gli edifici rilevati su terreno. 7) M. CORTELAZZO, Il castrum di Aviès e la sua torre esagonale (Fraz. Pramotton di Donnas-Ao). Un elemento fortificatorio di confine nei territori sabaudi del XIII secolo, in P. DE VINGO (a cura di), Le archeologie di Marilli. Miscellanea di studi in ricordo di Maria Maddalena Negro Ponzi Mancini, Alessandria 2018, pp. 265-266. *Collaboratori esterni: Ennio Bovet, geometra - Mauro Cortelazzo, archeologo. 13. Resti di uno degli edifici esistenti a valle della torre di Aviès a Donnas. (G. Sartorio)
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