Bollettino della Soprintendenza

99 scientifici da affrontare e superare, tipici di un ente pubblico ma anche per le tante/troppe cose da fare, ma il tutto è stato possibile grazie alla professionalità, alla volontà, all’energia e al senso di appartenenza ad un gruppo di lavoro coeso e determinato costituito dalla maggior parte dei colleghi che hanno condiviso gli obiettivi, le strategie e i progetti e si sono prodigati oltre il dovuto per portarli a termine. A dire la verità non sempre il rapporto tra i colleghi è stato prettamente collaborativo. In alcuni casi (comunque pochi rispetto alla totalità) ho trovato la tendenza altrui ad “usare” e a “denigrare gratuitamente” la persona e la professionalità, per fini propri e non certo per servizio alla comunità, forse per sgomitare, emergere, forse per prendere il posto che un architetto come me, a detta loro, avrebbe impudentemente usurpato nell’ambito del settore archeologico. Questo periodo è stato alquanto difficile perché più cercavo di essere comprensivo, di ascoltare e di argomentare nel merito e più venivo attaccato nell’esercizio del mio ruolo, mettendomi diverse volte in difficoltà psicologica e operativa, con grande spreco di energia e di tempo. Ma anche questi episodi si sono alla fine rivelati inconsistenti e tutto sommato “utili” grazie comunque ad una visione positiva dell’ambiente lavorativo in cui ho avuto la fortuna di operare. Ecco questa è la fase durante la quale, per questi casi particolari, l’energia (l’acqua) invece di essere rinnovata e aumentata con la condivisione, mi stava per essere sottratta senza una valida motivazione, rischiando di farmi mollare, di farmi rinunciare e di “lasciarmi in secca”. Tuttavia l’aiuto di colleghi e amici ha comunque permesso di continuare questo straordinario viaggio (e forse tale scontro pseudocritico in tal senso mi ha rafforzato e non indebolito come avrebbero voluto i miei detrattori), andando a centrare alcuni obiettivi che sono puntualmente registrati in 15 edizioni del Bollettino della Soprintendenza per i beni e le attività culturali, dove sono cronologicamente raccolte in sequenza tutte le attività svolte dai diversi settori di questo organismo di tutela a partire dal 2002. Nel corso di questo lungo periodo, a prescindere dalle azioni, iniziative e attività, la Soprintendenza ha voluto intraprendere strategicamente un percorso tendente all’educazione (nel senso didattico del termine, educere, tirare fuori), alla sensibilizzazione e alla fidelizzazione del grande pubblico, passando attraverso la conoscenza/ coscienza mediante la ricerca, la conservazione, la valorizzazione e la comunicazione per i diversi gradi di utenza del patrimonio culturale presente sul territorio. In tal senso, il puntuale lavoro di ricerca, analisi e sistematizzazione dei dati sui beni culturali materiali e immateriali della Valle d’Aosta realizzato rappresenta una banca dati interrogabile indispensabile per orientare le politiche future di settore, al fine di promuovere un significativo processo virtuoso finalizzato alla “tutela attiva” (facendo dimenticare, tra l’altro, la pesante eredità del passato che vedeva la Soprintendenza come organismo pubblico negativo da evitare, più che una opportunità per il futuro della Valle d’Aosta). Oggi possiamo affermare, senza tema di smentita, che questo fondamentale obiettivo è stato praticamente raggiunto e il patrimonio culturale è ormai da considerarsi un sistema di beni protagonista, al pari di altre eccellenze, presenti sul nostro territorio su cui è necessario investire anche in futuro, per contribuire al progressivo superamento della negativa congiuntura economica e della crisi di valori attuale. Nella nostra comunità sta finalmente passando il messaggio che investire nella cultura significa investire su se stessi, sulla mentalità delle persone, l’unico bene meritorio puro e non strumentale esistente nella civiltà umana e in definitiva equivale a programmare il futuro puntando sulle intelligenze, sui talenti e la meritocrazia, quali basi su cui pianificare il recupero dei valori fondamentali della società civile. Tornando al mio lungo viaggio, in alcune occasioni ho avuto anche la possibilità di fermarmi un attimo (i laghi) a sedimentare, pensare e riflettere sulla situazione in essere e in divenire, sul futuro, sul senso delle cose che tutti noi stavamo con tanta determinazione portando avanti con il sgradevole e forse infondato sospetto di essere rimasto da solo. Questa sensazione di solitudine poi poco alla volta passa, abbandoni il momento di riflessione (uno degli ultimi laghi) e ti reimmetti nell’alveo guardando sempre avanti, con meno energia ma forse con più consapevolezza e rinnovato ottimismo, cercando in tutti i modi di forzare le resistenze (tecniche, burocratico/amministrative, economiche, pseudopolitiche, ecc.) che strutturalmente e sempre di più ti si parano davanti. Il contesto (l’acqua) si fa via via più denso e resistente e ti impedisce di muoverti come vorresti, le azioni sono più lente e alcune volte sei costretto a tornare sui tuoi passi per rivedere, riprendere e rifare, con una certa dose di pazienza, il percorso appena effettuato, in una sorta di girone infernale, tanto che alcune volte ti ritrovi a chiederti «ma chi me lo fa fare?». Subito dopo però ti riprendi sei testardo e alla fatica, che si fa sentire sempre di più, opponi una resilienza impegnativa, sempre e comunque cercando di adempiere al compito istituzionale di cui sei responsabile e fornire un servizio pubblico alla comunità. E dopo lungo peregrinare arrivi finalmente in pianura, il corso del fiume, analogamente alla tua vita rallenta ulteriormente, complice l’età che inesorabilmente avanza (il che è del tutto normale, come diceva mia nonna «ogni frutto ha la sua stagione»), ma in compenso l’alveo diventa più profondo e più ampio, così come la tua capacità di riflessione e di valutazione della realtà. Tuttavia, l’aria comincia a farsi pesante (l’inquinamento della società civile comincia a farsi sentire) e la stanchezza via via aumenta e arriva anche ad influire sulla tua salute fisica e psicologica, tanto che non ti dispiace in alcuni casi stare a casa per curarti, riprenderti, pensare ad altro e rifiatare. I segnali che manda il tuo fisico sono inequivocabili: stai arrivando ad un punto in cui è cosa buona e giusta rallentare e tendere a fermarti e favorire un ricambio generazionale, per te ma soprattutto per gli altri, i tuoi amici e colleghi ma anche gli utenti che legittimamente pretendono un servizio di qualità improntato all’efficienza e all’efficacia di ciò che fai.

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