5 - copertura dell’intera superficie con un pigmento bruno/ violaceo, legato con sostanza per il momento non definita; - tracciatura dello schema decorativo, probabilmente con leggere incisioni; - rimozione dello strato superficiale della pietra secondo il disegno riportato, per ottenere le parti chiare, la rimozione è ottenuta mediante percussione di uno strumento piatto per le superfici poligonali e con un punzone di circa 3 mm di diametro per il “puntinato” nelle parti scure. Si tratta quindi di una tecnica esecutiva “sottrattiva”, che nella storia delle attività artistiche si è praticata fino ai giorni nostri, come la “maniera nera” usata nell’incisione e nella litografia, o lo “sgraffito” nella decorazione murale. Casi di decorazione simili sono molto diffusi in tutto il mondo: nella figura 4 un graffito rupestre del Periodo Kush, Sudan Centrale, 1200 a.C. circa realizzato per sottrazione su superficie colorata scalpellata e in seguito ulteriormente incisa. Indipendentemente dall’esatta tonalità del pigmento all’origine, la stele doveva comportare un forte contrasto fra le parti rosso/violacee a rilievo e quelle scalpellate in cavo che, rivelando la struttura cristallina della pietra e le inclusioni di quarzite e mica potassica, dovevano produrre in certe condizioni di illuminazione riflessi e/o rifrazioni. A questo proposito può essere interessante una simulazione digitale degli effetti luminosi conseguenti all’orientamento della stele rispetto alla traiettoria solare nelle diverse ore della giornata, in quanto è probabile che il riflesso delle porzioni cristalline evidenziate dalla scalpellatura fosse in certe ore (e/o stagioni) particolarmente intenso. 3. La stessa zona di fig. 2 in luce visibile leggermente radente. Le parti più chiare sono in leggero sottolivello rispetto a quelle più scure. (S. Pulga) 4. Graffito rupestre scalpellato e inciso. Periodo Kush, Sudan centrale, IV cataratta. (S. Pulga)
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