Bollettino della Soprintendenza

116 Il tema dello specchio: dall’Ottocento all’arte del XXI secolo, passando attraverso il genio di Leonardo Alessandra Vallet «Racconta Tennyson che una maledizione pendeva sul capo della Signora di Shalott se avesse volto lo sguardo al turrito Camelot, sede dei Cavalieri di Re Artù. Ella si accontentava dunque di guardare il mondo esterno alla sua stanza attraverso il riflesso di uno specchio». Riprendendo un poemetto romantico del poeta inglese Alfred Tennyson (1809-1892), nella raccolta di saggi Lo specchio di Shalott, edita nel 1993, lo storico Renato Bordone spiegava che «la lacrimevole storia di sortilegio, di amore, di morte e di cavalleria della “Lady of Shalott” […] per diversi aspetti si presta ad essere accolta come metafora dell’immaginario collettivo sul medioevo». Nello specchio di Shalott Bordone riconosce che «tutto l’Ottocento borghese […] contribuì alla costruzione di tale “specchio”», tanto che il «“nostro medioevo” - cioè il medioevo dell’immaginario collettivo - è quasi totalmente debitore di quanto fu elaborato nell’Ottocento».4 Merito di Sandra Barberi e di Paola Corti, coinvolte nel progetto di allestimento dell’appartamento di Avondo, rispettivamente con il ruolo di curatore e di story-teller, aver voluto materialmente calare questo tema dello specchio all’interno delle nuove sale da allestire, trasformandolo in un elemento museografico immediatamente percettibile e volutamente pervasivo, capace di moltiplicare all’infinito l’immagine del Medioevo sognato da Avondo e dai suoi amici (fig. 21). Monitor-specchio, specchi alle pareti, specchi a terra, specchi-manifesto creano un gioco di rimandi tra passato e presente, facendo a gara con quello che può essere considerato come il vero grande, grandioso specchio che riflette il Medioevo inventato nell’Ottocento, ancora così potentemente evocativo per il nostro tempo: il Ritorno di Terra Santa di Federico Pastoris. In questo quadro, più che in qualunque altro elemento dell’allestimento, il visitatore legge il riflesso di un passato straordinariamente reale perché ambientato in uno spazio che egli viene dall’attraversare (il cortile del castello), e al tempo stesso fiabescamente immaginifico nel suo mescolare epoche, vicende e dettagli, sorretti su un documento storico, (il Chronicon Ribordonense che narra il ritorno del Pio Guglielmo dalla Terra Santa), a sua volta destinato a rivelarsi un elemento di libera invenzione. Con un approccio forse ancora poco consueto in Valle d’Aosta - ma vissuto molto favorevolmente soprattutto dal pubblico straniero, più abituato a questo tipo di accostamenti, in quanto consente l’intrecciarsi dell’antico con il contemporaneo - l’esplicitazione semantica dello specchio si è allargata oltre gli spazi del nuovo allestimento dedicato ad Avondo: in concomitanza con l’inaugurazione del percorso ha trovato posto a Issogne l’opera dell’artista valdostano Marco Jaccond Moltiplicazioni identitarie (Narciso o Labirinto?). Con il suo volume perentorio e apparentemente introverso, consente al visitatore di entrare nell’illusoria realtà di un’opera di specchi ancor prima di varcare la porta che immette nel cortile del castello. Questa declinazione del tutto contemporanea del tema del “miroir”, nata nel 1993 col titolo di Labirinto e riconsiderata dall’artista nell’ambito della mostra Carte d’Identità. Ricapitolazione (Castello Gamba, 28 luglio - 10 dicembre 2017), discende da un’idea progettuale di Leonardo da Vinci (“Spechi” Manoscritto B - inv. 2173 - della Bibliothèque de l’Institut de France, fol. 28r), nata per studiare i segreti della riflessione multipla. A Issogne l’opera di Jaccond, oltre a riecheggiare le ben più antiche ascendenze araldiche del Miroeyr pour les enfants de Challant dipinto per volere di Georges de Challant nel cortile interno, offre un ulteriore approccio a un tema tanto antico quanto foriero di continue riflessioni e fascinazioni. Il percorso di visita Sandra Barberi* La nuova proposta di visita si profilava fin dall’inizio una sfida ardua: tante le informazioni da veicolare per ricostruire il tessuto culturale ricco e complesso che fa da sfondo a personaggi e a vicende ignoti al grande pubblico, pochi gli oggetti da esporre e poche anche le immagini a disposizione, in gran parte fotografie d’epoca di scarsa qualità che mal si prestavano all’ingrandimento. Il tutto complicato dai limiti di tempo imposti per motivi logistici alla visita (mezz’ora) e da un budget che non permetteva grandi voli pindarici. Il progetto di allestimento nasce dalla collaborazione di due esperienze professionali diverse coordinate da Alessandra Vallet, funzionario responsabile del castello di Issogne per la Soprintendenza: quella di Paola Corti, attrice teatrale, e quella di chi scrive, storica dell’arte e già curatrice dell’allestimento del 1998, puntando a una narrazione rigorosa nei contenuti ma giocata sul registro evocativo, onirico, suggerito dall’immagine del Castello dei Sogni.5 L’elemento di suggestione poetica su cui si fonda il percorso ruota attorno allo specchio. Attraverso lo specchio, ci insegna Alice, si entra in un mondo altro, nel mondo dei sogni. E la storia dello specchio attraverso cui la dama di Shalott era condannata a guardare per evitare di fissare lo sguardo verso Camelot, uscita dalla fantasia di Alfred Tennyson, è assunta felicemente da Renato Bordone come metafora dell’immaginario collettivo sul Medioevo: «di quel tempo favoloso, infatti, non si coglie quasi mai un’immagine diretta, derivata dalle fonti 21. Grafica di ingresso al castello. (D. Giachello)

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