150 cinque figlie, una delle quali, tra l’altro, di nome Riccarda.13 Il riscatto di parte del feudo per la dimora in usufrutto della vedova e la garanzia di un buon partito per la prole saranno assicurati, nel 1384, dall’intervento risolutivo che vide protagonisti la contessa Bona di Borbone e il figlio Amedeo VII; episodio questo, insieme ad altri successivi sempre in favore delle figlie di Pentesilea, da leggersi opportunamente per comprendere il grado d’influenza che il lignaggio della vedova poteva ancora esercitare. Alla luce di quanto emerso dal riordino e studio di questo primo lotto di intonaci dipinti, l’impressione che se ne ricava al momento è che le pur numerosissime casse, all’incirca 450, possano render conto solo in parte della complessa natura dell’impresa decorativa di Enrico. Il paziente lavoro di assemblaggio dei frammenti ha tuttavia portato al rinvenimento di qualche ulteriore evidenza figurativa, davvero utile - in questa situazione di estrema lacunosità - per riflettere nuovamente sulla figura del Maestro di Montiglio e sulla sua operosa bottega.14 La scoperta e ricomposizione di un volto maschile, dalla carnagione eterea e dai lineamenti aggraziati (fig. 3), avvalora la tesi dell’intervento a Quart di una personalità artistica che mostra, indubbiamente, affinità dirette con il maestro che agisce da protagonista nella cappella Rivalba del chiostro di Santa Maria a Vezzolano. Lo si ricava dal confronto tra alcuni brani pittorici in cui si riscontra l’adozione di uno stesso codice tecnico ed espressivo, che sembra tuttavia segnare uno scarto rispetto a quello che emerge nella cappella di Sant’Andrea a Montiglio, opera della medesima maestranza diversi anni prima; nell’ambito di una comune esperienza di lavoro, occorrerà quindi riflettere su alcune diversità di mano presenti all’interno della bottega. I volti conservati a Quart indicano, da parte loro, una sostanziale omogeneità nel trattamento dei dettagli delle figure, come si evince dai lacerti rimasti sulle pareti. Il pittore, infatti, interviene direttamente finanche nella realizzazione dei bordi sommitali e lontani dalla vista, se è corretta, come credo, la proposta di Gabrieli nel ricollocare il tenero viso recuperato all’interno di un riquadro del fregio più alto (fig. 4). Il tratto lieve ma sicuro dell’artista, che disegna le sopracciglia con un’esile linea rossa, ricrea la piegatura della palpebra mediante l’uso di morbide ombreggiature rosa, traccia con la stessa delicatezza la forma dell’occhio, delle narici del naso e delle labbra, è un elemento inconfondibile del suo stile, che ritrova la stessa leggerezza e conformità in alcune figure presenti a Vezzolano, pressoché coevo al ciclo di Quart.15 Comprovano queste somiglianze un paio di casse con minuscoli frammenti di occhi, barbe e capelli, realizzati con la stessa tecnica lineare, precisa nei contorni, abile nel suggerire il volume attraverso la sovrapposizione o giustapposizione delle cromie (fig. 5). Pochissimi altri campioni raffiguranti parti di volti (fig. 6), in attesa di una pulitura più profonda che potrebbe facilitarne la corretta lettura, sembrano tuttavia riportare a un plasticismo più accentuato e al sostanzioso utilizzo di colori sfumati, impastati per creare risalto volumetrico o enfatizzare la verosimiglianza fisionomica dei personaggi: soluzioni tecniche molto diverse tra loro, ma che rimandano alla comune esigenza di produrre effetti naturalistici di una certa plausibilità, anche nell’imitazione degli elementi vegetali (fig. 7). Agli eleganti personaggi di Vezzolano riporta ancora la ricostruzione di parte di un busto, rivestito di un lussuoso abito rosso vermiglio, foderato di candido vaio con sfumature in chiarissimo grigio, lo stesso che compare nel cappello a punta del personaggio sopravvissuto sulle pareti della Magna Aula e in quello del Mago del chiostro di Santa Maria (figg. 9-10). Per un gioco di rimandi, la medesima modalità descrittiva si trova pure in un riquadro dipinto raffigurante la Madonna con il Bambino nella chiesa di San Paolo a Vercelli, in particolare nel manto indossato dalla Vergine che appare soppannato di pezze di pelliccia argentata.16 Indizi di moda che rievocano a loro volta il prezioso abito, riccamente bordato di vaio, del cosiddetto “giudice” presente nel ciclo frammentario della sala arcivescovile di Giovanni Visconti, a Milano, palese testimonianza di una tendenza di gusto molto diffusa all’epoca.17 Si tratta, del resto, di scelte ben ponderate da parte degli artisti: lo esemplifica il Maestro di Montiglio nelle storie bibliche della cappella di Sant’Andrea, dove i richiami alla contemporaneità, nella foggia degli abiti, risultano omessi intenzionalmente in favore di una maggiore fedeltà alla realtà storica della narrazione sacra. Il ricco apparato ornamentale del salone di Quart è documentato da un vasto repertorio di motivi decorativi, alcuni dei quali già noti e ricomposti (fig. 8) e altri che prendono forma dall’analisi dei frammenti. La presenza di imponenti inquadrature architettoniche, sottosquadri in finti marmi di diversi colori, bordure con carnosi fregi vegetali in combinazione con conchiglie di gusto antiquario, sono in diretto rapporto con gli apparati figurativi promossi nei palazzi signorili del Trecento visconteo. Basti confrontare la riproduzione fedele di lastre di marmo colorate nella fascia alta della cappella di Montiglio, utilizzate in forma di riempimento al di sopra delle scene, del tutto simili anche a quelle messe in luce nel palazzo arcivescovile di Milano.18 Si faccia ancora riferimento al ricco parato aniconico del castello 2. Maestro di Montiglio, volto maschile. (P. Fioravanti)
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