155 Il recente intervento di pulitura e riordino, svolto sul solco del lavoro pregresso sempre sotto la direzione di Viviana Maria Vallet, ha interessato 123 casse di frammenti provenienti da otto unità stratigrafiche di scavo26 che costituiscono solo una parte dei lacerti recuperati dalla colmata che sosteneva il pavimento degli ambienti in cui venne suddiviso il corpo sud-occidentale del castello corrispondente al salone aulico. Nello specifico sono stati trattati poco meno di 13.000 lacerti, un numero considerevole - seppur parziale - che ci informa sull’ampiezza originaria del ciclo pittorico che si impostava alla base delle pareti, sopra uno zoccolo di intonaco bianco, e si concludeva sotto la copertura con un fregio fogliato come risulta dai resti degli affreschi risparmiati dalla demolizione. A fronte di una così importante messe di reperti si impone l’esigenza di operare con una metodologia rigorosa per agevolare le future ricerche e possibilità di assemblaggio. Il rischio di disperdere energie e informazioni sulla provenienza dei reperti è scongiurato dalla prassi operativa adottata per il riordino del materiale. Fin dal primo intervento del 2002 si è messa a punto una procedura scrupolosa finalizzata a migliorare le condizioni di conservazione e leggibilità dei reperti, a rendere disponibile una documentazione fotografica che ne consenta lo studio a distanza nonché a predisporre una catalogazione funzionale all’archiviazione e rintracciabilità dei lacerti.27 I lavori si sono articolati in una fase preliminare di rimozione meccanica dei depositi incoerenti aderenti agli intonaci.28 Successivamente si è proceduto a siglare ogni singolo frammento apponendo sul retro i riferimenti relativi al luogo di provenienza (Magna Aula = 04) e di giacitura (US unità stratigrafica di scavo). L’operazione, benché lunga e meticolosa, è indispensabile per identificare definitivamente il frammento. In seguito è stata realizzata un’accurata pulitura delle superfici dipinte attraverso la metodologia dry cleaning per rimuovere le incrostazioni coerenti e migliorare la leggibilità. Contestualmente si è provveduto a consolidare gli strati pittorici privi di coesione, corrispondenti alle stesure pittoriche eseguite a secco. A quel punto si è affrontata la fase più complessa, ma anche più affascinante del lavoro, in cui l’osservazione delle caratteristiche morfologiche e materiche degli intonaci e delle campiture pittoriche risulta determinante per l’individuazione delle tipologie decorative di riferimento per il raggruppamento dei lacerti. Il colpo d’occhio, l’esperienza maturata sul materiale e il continuo confronto tra le superfici dipinte e l’intonaco retrostante hanno portato ad aggregare i lacerti tra loro affini e nei casi più fortunati ad assemblare isole di frammenti. La ricomposizione più significativa, eseguita con i reperti provenienti dall’US 501, ha restituito una testa maschile di straordinaria bellezza e qualità esecutiva (fig. 3). Non meno interessante è stato l’esito prodotto dal minuzioso smistamento dei materiali grazie al quale si è individuata la connessione di tre lacerti, provenienti dalle US 449 e 448, che ha portato alla ricostruzione di un’iscrizione dipinta in giallo su fondo verde (fig. 11). Le tre lettere appartengono alla stesura pittorica originale e si distinguono dalle scritte graffite posteriormente sulle fasce delimitanti i fregi marmoreggiati. Allo stato attuale è difficile ipotizzare il contesto figurativo in cui si inseriva l’iscrizione, ma indubbiamente la sua decifrazione potrà offrire un nuovo importante tassello alla conoscenza del soggetto rappresentato. Ulteriori spunti di riflessione vengono suggeriti dalle tipologie decorative non evidenziate nelle precedenti campagne di riordino. Ad oggi erano noti dei dettagli di volti ed erano stati raggruppati numerosi frammenti pertinenti ad un fregio decorativo con foglie d’acanto contenuto in cornici quadrilobate e associato a superfici dipinte ad imitazione del marmo verde su fondo nero e rosa su fondo rosso proposto in alcune varianti. I lacerti monocromi erano meno contestualizzabili, ma alla luce del recente intervento anche questi ultimi risultano “parlanti”. Le numerose porzioni di intonaco dipinto con diverse gradazioni di rosa sono riferibili alle architetture che facevano da sfondo alle scene figurate. Un altro folto gruppo di reperti, in cui si riconoscono ramoscelli e foglie lanceolate rese con alternanza di toni che vanno dal color salvia della terra verde a quello reso più acido da pennellate di giallorino sino al bruno, ottenuto per mescolanza con le terre, suggerisce un’esuberante ambientazione naturalistica.29 Il fogliame è dipinto su un fondo di colore nero che costituisce la base per la stesura a secco dell’azzurrite secondo una prassi operativa consolidata e riportata dalle fonti. Per quanto riguarda il disegno preparatorio si è confermato l’uso dello spolvero limitatamente al fregio con girali. Si è poi osservato in un cospicuo numero di lacerti l’utilizzo di mascherine, ovvero, di sagome predisposte per essere appoggiate sull’intonaco e ripassate con il colore. Tale tecnica è impiegata per riprodurre l’effetto di preziosi drappi damascati o vesti suntuose. Le vivaci cromie si distinguono per le stesure corpose e sovrapposte di minio e di bianco San Giovanni su un fondo di colore nero (fig. 12). Lo stesso metodo è stato utilizzato per dipingere con ocra gialla e rossa un panneggio bordato di pelliccia. In alcuni frammenti l’intonaco privo di pigmento presenta le tracce delle punzonature destinate ad essere rivestite da lamine metalliche a conferma della preziosità del parato pittorico (fig. 13). Infine, un’ultima considerazione riguarda la successione stratigrafica delle malte di supporto. L’esame delle caratteristiche macroscopiche ha portato a distinguere almeno tre diverse tipologie di intonaci non di rado compresenti nello stesso lacerto.30 L’aspetto delle cariche inerti e la composizione degli impasti, più o meno ricchi di calce, li rendono nettamente riconoscibili gli uni dagli altri. L’intonaco affrescato dal Maestro di Montiglio si qualifica per la granulometria fine ed omogenea e la colorazione bianca. Quasi sempre esso aderisce ad uno scialbo di calce che a sua volta riveste uno strato di intonaco martellinato, molto coeso e di colore grigiastro con cariche piuttosto uniformi. In alcuni casi lo scialbo di calce reca le tracce di un disegno preparatorio eseguito con pigmento nero e talvolta con terra rossa.31 Per la comprensione della complessa stratificazione dei rivestimenti murali della Magna Aula è risultata utile l’osservazione di una grossa porzione di intonaco proveniente dall’US 414 (fig. 14). In essa si distinguono l’intonaco dell’ultima fase decorativa che ricopre una stesura di calce, interessata da tracce pittoriche di colore rosso, aderente ad una malta grossolana e martellinata. In conclusione, l’intervento, eseguito solo su una parte del materiale recuperato, si profila come un work in progress; in un prossimo futuro si potrà pensare di integrare il lavoro fin qui svolto con un sistema operativo che si avvalga di un software per l’acquisizione e la gestione dei dati, sul modello di analoghe esperienze realizzate per la ricomposizione di vasti cicli frammentati.
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