157 uno strato di azzurrite originale documenta una ridipintura che deve essere datata dopo la metà del XV secolo, ovvero quando l’azzurro di smalto inizia ad essere utilizzato anche in Valle d’Aosta.41 Dai pochi elementi ancora in situ e integrando con quanto già noto dei decori ricostruiti, si possono immaginare due ordini di scene figurate chiuse fra fregi, sopra uno zoccolo a velario. Nella parte inferiore si trovava il bordo con specchiature a finto marmo su cui si aprono oculi quadrilobati con girali a foglie d’acanto, a spolvero;42 nella parte superiore (oggi nel sottotetto), una serie di conchiglie policrome sfilano su di un fregio a ramages (fig. 15a), sempre a spolvero, fra bugne a punta di diamante e riquadri da cui sporgono, in maniera illusoria, personaggi di grande vivacità (si veda il viso recentemente ricostruito).43 Sono le medesime soluzioni della celebre e ammiratissima decorazione coeva di San Giovanni in Conca a Milano (fig. 15b), già elaborate nei cantieri lombardi per mano di pittori stranieri, per lo più toscani, come la Crocifissione di San Gottardo e il cantiere del tiburio dell’abbazia di Chiaravalle Milanese (fig. 15c).44 Dai dettagli dei frammenti si trovano incarnati, spesso diversificati, per sesso ed età, occhi dalla caratteristica forma sforbiciata, mani e piedi, lunghe capigliature bionde e trecce libere, una figura che si staglia su di un cielo chiaro vestita in maniera regale (fig. 10), armi, speroni a stella, abiti dai lacci policromi, stretti in vita e sulle braccia, dai bottoni dorati, architetture merlate, tetti bianchi su palazzi rosati con fregi bugnati a punta di diamante, strumenti musicali, cavalcature, fronde vegetali sotto un cielo azzurro. L’ipotesi più probabile è quella di un grande ciclo profano di carattere cortese, celebrativo, politico-apologetico, con Mesi, come nel torrione, forse ispirato a fonti letterarie. La mente corre ai precedenti di Giotto, al ciclo descritto da Galvano Fiamma per Azzone Visconti, secondo cui a Milano, nel 1335, veniva dipinta la Vanagloria e i ritratti degli uomini illustri, o all’episodio napoletano in cui, da Petrarca, sono riprese diciotto figure tra uomini e donne, come exempla di gesta eroiche e di valori cavallereschi.45 Ma in mancanza di altri dati si è nel campo delle illazioni, anche se è piuttosto suggestivo immaginare per Quart, nell’occasione del matrimonio con Pentesilea di Saluzzo (non un nome a caso), la presenza di una primitiva elaborazione di ciò che diverrà la celebre rappresentazione dei Prodi e delle Eroine.46 I frammenti di Quart possono maggiormente contribuire alla comprensione di quanto finora noto del Maestro di Montiglio soprattutto in merito alla tecnica pittorica.47 L’esordio in Sant’Andrea a Montiglio (1345-1350) si caratterizza per una resa espressiva e pungente, le figure abitano uno spazio scarno e rampante come piccoli diorami ritagliati (l’aureola di Cristo dell’Entrata in Gerusalemme sporge avanti la modanatura della scena), la cromia è cangiante e drammatica, ottenuta sfruttando al meglio l’affresco, sebbene proceda nella stesura delle giornate senza l’ausilio di una sinopia (da qui, l’affastellarsi dei personaggi nelle ultime scene). Lo stesso si osserva nella cappella funeraria dei Rivalba, nel chiostro dell’abbazia di Vezzolano (dopo il 1360), di maggiore eleganza, in equilibrio fra monumentalità e lirismo: se le prime due pontate sono divise in giornate (il Cristo in mandorla fra i simboli degli evangelisti è in tre, da sinistra verso destra, mentre l’Adorazione dei Magi ha un andamento più laborioso, dall’alto verso il basso, concludendosi a sinistra), le ultime due non lo sono (l’Incontro e l’effigie del defunto, per cui si è osservato un maggior impiego di pittura a secco).48 Il pittore preferisce disegnare direttamente sul tonachino col pennello in terra verde, come si può notare dalle zone in cui si è persa la cromia a secco o le lamine. Le tecniche di trasposizione sono usate con costanza e razionalità, corda battuta e incisioni dirette per la definizione delle linee dritte o le tessere cosmatesche (di cui a Quart non c’è traccia), e a spolvero, per girali, archetti e fregi vegetali.49 Non si riscontrano incisioni indirette, da cartoni a ricalco, o personaggi trasposti per mezzo di sagome. A Quart fregi e decori marginali sono dipinti su di un unico strato d’intonaco, in poche rapide stesure, molto diluite, per tonalità intermedie, facendo ricorso a miscele di pigmenti, per lo più ocre, e ben conservate, grazie ad una perfetta carbonatazione; là dove si voleva ottenere una cromia più contrastata, come per le specchiature marmoree, si applicava una supplementare stesura superficiale a tempera (si è riconosciuto l’uovo), con pigmenti minerali tra cui minio, giallorino e malachite (dai granuli tondeggianti).50 Per le scene figurate, si è riscontrata la presenza di due 15c. Secondo Maestro di Chiaravalle, fregio (particolare), 1340-1350, Chiaravalle Milanese, abbazia, tiburio. (F. Riccobono) 15a. Maestro di Montiglio, fregio (particolare), Quart, castello, Magna Aula, sottotetto. (Da ROSSETTI BREZZI 2003, p. 18) 15b. Pittore lombardo, fregio (particolare), 1360, Milano, Pinacoteca del Castello Sforzesco (già San Giovanni in Conca). (Da NATALE, ROMANO 2015, p. 78)
RkJQdWJsaXNoZXIy NzY4MjI=