Bollettino della Soprintendenza

162 IDEM, Le décor peinte de la maison médiévale. Orner pour signifier en France avant 1350, Paris 2015; sul San Martino in Saint-Antoine-enViennois S. CASTRONOVO, La biblioteca dei Conti di Savoia e la pittura in area savoiarda (1285-1343), Torino 2002, p. 116. 37) La mappatura è descritta in G. PASQUETTAZ, I frammenti di affreschi dal castello di Quart, in VALLET, PASQUETTAZ, PLATANIA 2016, pp. 135136 (citato da nota 2), che ringrazio per la disponibilità. Per i rimandi alle unità stratigrafiche e alle casse da cui sono presi i singoli frammenti citati si veda la relazione inedita di chi scrive citata in nota 1. 38) Sulle iscrizioni nei fregi, RAGUSA 2003, p. 24 (citato da nota 6); su Nicolas de la Creste RIVOLIN 1998 (citato da nota 4), pp. 134-136; si dà notizia di altri tre stemmi, di difficile lettura, poiché parziali e senza metalli, tra cui uno, privo del capo ma «palato», un secondo «alla banda carica di tre elementi», un terzo «alla fascia doppiomerlata, accompagnata in capo da tre bisanti e in punta da un monte con tre colli». 39) Sulla decorazione seicentesca della cappella di Quart L. PIZZI, Giovanni Gabuto da Lugano, in ROSSETTI BREZZI 2003 (citato da nota 6), pp. 30-31. 40) M.C. RONC, Il Castello di Quart. Storie di cantiere, in RIVOLIN 1998 (citato da nota 4), p. 165; su tali scritte censisce con altri esempi valdostani O. BORRETTAZ, Des murs qui parlent: quelques notes sur les graffiti dans les églises et les châteaux valdôtains, in “Nouvelles du Centre d’études francoprovençales René Willien”, n. 58, 2008, pp. 167-188. 41) US 501, cassa 1, punti di misure XRF ALU03 e ALU04; in generale sulla comparsa e l’uso dell’azzurro di smalto (o smaltino) H. STEGE, Out of the Blue? Considerations of the Early Use of Smalt, in “Zeitschrift für Kunsttechnologie und Konservierung”, 18, 2004, pp. 121-142, e I. BORGIA, M. CIATTI, C. SECCARONI, L’azzurro di smalto nella pittura e nelle fonti italiane del XV e XVI secolo, in “OPD Restauro”, 17, 2005, pp. 151-164; tale pigmento è stato rinvenuto a Morge nelle pitture murali di Giacomino d’Ivrea (quinto decennio del XV secolo), L. APPOLONIA, D. VAUDAN, N. SERIS, N. ODISIO, Studio delle policromie sulla facciata della cappella di Morge a La Salle. Giacomino da Ivrea fra passato e futuro, in BSBAC, 7/2010, 2011, pp. 196-201. 42) Il fregio ricostruito nell’occasione della mostra Fragmenta picta è illustrato in ZIDDA 2006, p. 107, fig. 68. 43) Dal corpus del Maestro si ritrova sia la conchiglia, sopra il santo vescovo in San Paolo a Vercelli, sia i decori a punta di diamante (raro in questi anni e tipico di porte e fortezze, A. GHISETTI GIAVARINA, Il bugnato a punta di diamante nell’architettura del Rinascimento italiano, in “Lexicon”, nn. 5-6, 2007-2008, p. 10), nel sott’arco della cappella Rivalba a Vezzolano. 44) Il confronto con il Maestro di Montiglio è in C. TRAVI, Maestro delle Storie di San Giovanni e Maestro di Monzoro, in M. GREGORI (a cura di), Pittura a Milano dall’Alto Medioevo al Tardogotico, Milano 1997, pp. 218-222; l’ultimo aggiornamento sulle pitture già in San Giovanni in Conca è di L. GALLI, scheda I.22, in NATALE, ROMANO 2015, p. 103 (citato da nota 20). 45) P. DI SIMONE, Gente di ferro e di valore armata. Postille al tema degli Uomini illustri e qualche riflessione marginale sulla pittura profana tra Medioevo e Rinascimento, in “Predella”, n. 9, 2014, pp. 37-42. 46) NOVELLI 2013 (citato da nota 1), p. 319, nota 71; ancora sui legami tra Uomini Illustri e Prodi, A. SALOMON, Les Neufs Preux: des Hommes illustres?, in “Questes”, n. 17, 2009, pp. 84-88 e L. DEBERNARDI, Il ciclo quattrocentesco del Castello della Manta. Considerazione sull’interpretazione iconografica: nuove acquisizioni, in “Opera Nomina Historiae. Giornale di cultura artistica”, n. 8, 2013, pp. 30-33. 47) Sul corpus del Maestro di Montiglio, con riferimento alla bibliografia, NOVELLI 2013, pp. 295-319 (citato da nota 1); alcune prime osservazione in merito alla tecnica sono in B.O. GABRIELI, «Ad faciendum et distrenpandum colores». Giorgio da Firenze e la pittura murale a olio in Piemonte nel Trecento, in “Il capitale culturale”, X, 2014, pp. 43-63. 48) A. RAVA, La cappella dei Rivalba, in E. RAGUSA, P. PALERMO (a cura di), Santa Maria di Vezzolano. Gli affreschi del chiostro, il restauro, Torino 2003, pp. 39-41. 49) Il motivo cosmatesco, così caratteristico per le altre opere del Maestro di Montiglio, è usato in Piemonte sin dagli anni Trenta del XIV secolo (uno dei primi esempi è del Maestro di Cassine, E. ROSSETTI BREZZI, Testimonianze trecentesche nel territorio alessandrino, in G. ROMANO (a cura di), Pittura e miniatura del Trecento in Piemonte, Torino 1997, pp. 24-27); per un excursus con esempi italiani, G. ABBATE, La cosmatesca in pittura. Origine e sviluppo, in “OADI. Rivista dell’Osservatorio per le Arti Decorative in Italia”, n. 10, 2014, pp. 14-34. 50) GRESPI 2005-2006, dati analitici dei campioni VU18-32; la malachite con cristalli a forma tondeggiante, rinvenuta nelle pitture di Giusto de’ Menabuoi a Padova, non sarebbe un pigmento artificiale ma naturale, commercializzato da giacimenti ungheresi, F. FREZZATO, P. CORNALE, E. MONNI, Le tecniche esecutive e i materiali nei dipinti della volta del Battistero. Commento dei dati emersi dalle analisi microstratigrafiche, in V. FASSINA (a cura di), Da Guariento a Giusto de’ Menabuoi. Studi, ricerche e restauri, Atti della Giornata di studio (Padova, 7 luglio 2011), Crocetta del Montello 2012, pp. 146-149. 51) Sul Noli me tangere di Novara S. ROMANO, scheda I.28, in NATALE, ROMANO 2015, p. 101 (citato da nota 20), e per l’arcivescovado C. MARCON, M. LANFRANCHI, F. PIQUÉ, Le decorazioni trecentesche nel salone del palazzo arcivescovile di Milano: prime osservazioni sulla tecnica esecutiva, in PAGLIARA, ROMANO 2014, pp. 167-171 (citato da nota 9). 52) In corso di accertamento il tipo giallorino, se con silicio (II tipo), perché tipico di opere coeve tra Lombardia e Veneto, F. FREZZATO, Chiaravalle. La materia pittorica e le tecniche esecutive, in S. BANDERA (a cura di), Un poema cistercense: affreschi giotteschi a Chiaravalle Milanese, Milano 2010, pp. 290-298. 53) In mancanza di altri dati, sembra un riferimento credibile interpretare la scritta come parte di una decorazione a lettere dorate di un abito, J.-P. JOURDAN, La lettre et l’étoffe. Étude sur les lettres dans le dispositif vestimentaire à la fin du Moyen Àge, in “Médiévales”, n. 29, 1995, pp. 23-46; ad esempio, Altichiero nella cappella di San Giacomo in Sant’Antonio a Padova dipinge il copricapo del committente Bonifacio Lupi con il susseguirsi in lettere d’oro della parola «amor». 54) Sul frammento tessile citato P. FRATTAROLI, Cangrande I della Scala, i tessuti e le rappresentazioni scultoree: significative discrepanze di un apparato funerario, in L. DAL PRÀ, P. BALDI (a cura di), Dalla testa ai piedi: costume e moda in età gotica, Atti del Convegno (Trento, 7-8 ottobre 2002), Trento 2006, pp. 263-281. 55) L’attribuzione alla bottega di Montiglio delle pitture trecentesche in Sant’Andrea è di A. QUAZZA, Abbazia di Sant’Andrea a Vercelli: la tomba di Tommaso da San Vittore, in V. NATALE, A. QUAZZA (a cura di), Arti figurative a Biella e Vercelli. Il Duecento e il Trecento, Biella 2007, pp. 143-148, sfugge a NOVELLI 2013, pp. 313-315 (citato da nota 1) ed è ripresa da E. VILLATA, Tramonto del vercellese del “più gran secolo dell’arte nostra”, in A. BARBERO (a cura di), Vercelli tra Tre e Quattrocento, Vercelli 2014, pp. 638-639. 56) Attribuzione e identità dei due anonimi sono di S. SALINES, Gli affreschi di San Giusto: il contributo dell’archeologia, in La Basilica di San Giusto. La memoria millenaria della Cattedrale segusina, Atti del Convegno (21 ottobre 2000), Bussoleno 2002, pp. 120-134, condivisa da ORLANDONI 2008, pp. 126-129 (citato da nota 7); confermano la pertinenza ma non l’identità, ROSSETTI BREZZI 2003, p. 17 (citato da nota 6) e S. RICCARDI, Dipinti del Trecento fra Biella e Vercelli, in NATALE, QUAZZA 2007, p. 150 (citato da nota 55) mentre più critica NOVELLI 2013, p. 297 (citato da nota 1) secondo cui il materiale risultante non è sufficiente per una corretta attribuzione. 57) G. SARONI, Tra la Lombardia e la Francia: pittori e committenti del Trecento in area torinese, in ROMANO 1997 (citato da nota 49), pp. 156-159. 58) GABRIELI 2014, pp. 43-63 (citato da nota 47). 59) B.O. GABRIELI, Corpus jaquerianum. La tecnica di pittura murale di Giacomo Jaquerio e suoi epigoni, in BSPABA, LXV-LXVI-LXVII-LXVIII, n.s., 2014-2017, 2018, pp. 70-73 a cui si aggiunge B.O. GABRIELI, Materiali e tecniche della pittura murale in Valle d’Aosta: i cantieri decorativi del castello di Fénis, in A. VALLET, V.M. VALLET (a cura di), 1416-2016. Il tempo di Amedeo VIII in Valle d’Aosta, Atti del Convegno (Valle d’Aosta, 19, 21, 26 settembre 2016), c.s.: da notare il dettaglio del bavero alzato dell’Annunciata di Novalesa che ebbe molta fortuna in Guglielmetto Fantini, come anche nel castello della Manta (Madonna dell’anticamera) e in Fénis, su cui V. MORETTI, Cantieri medievali in Valle d’Aosta. La committenza Challant a Fénis e il Maestro di Lusernetta a Vaud, in VALLET, VALLET c.s. 60) SARONI 1997, pp. 154-155 (citato da nota 57): alla stessa mano veniva riferito anche il Santo Stefano della galleria che conduce al battistero ma si tratta di una decorazione della seconda metà del Quattrocento (C. BERTOLOTTO, Gli affreschi della chiesa di San Lorenzo, in C. BERTOLOTTO, G. SCALVA (a cura di), La pieve di San Lorenzo e il battistero di San Giovanni Battista, Torino 2001, p. 19) poiché, come notato da Mariangiola Carnevale, è eseguito su di una porzione d’intonaco soprastante il vicino San Francesco che riceve le stigmate della maturità di Giacomino d’Ivrea (1455-1460). *Collaboratori esterni: Maria Gabriella Bonollo, restauratrice - Bernardo Oderzo Gabrieli, storico dell’arte.

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