169 Mi preme ringraziare Viviana Maria Vallet e Daniela Platania per la disponibilità e i fondamentali scambi di opinione. Sono altresì riconoscente a Elena Ala Massa, Roberta Bordon, Laura Borrelli, Serenella Castri, Andrea Grometto, Marco Longari, Mauro Minardi, don Vittorino Pasquin, Ginevra Pignagnoli, Flavio Pozzallo, don Alessio Tognolo e Lucio Zambon. 1) Benché eterogenei, si ricordano innanzitutto i repertori di E. BRUNOD, L. GARINO, Arte sacra in Valle d’Aosta, 9 voll., Aosta 1975-1995; B. ORLANDONI, Appunti per una indagine sulla consistenza originaria e sulla dispersione del patrimonio artistico gotico in Valle d’Aosta, in D. VICQUÉRY, La devozione in vendita: furti di opere d’arte sacra in Valle d’Aosta, in “Quaderni della Soprintendenza per i Beni Culturali della Valle d’Aosta”, n. 4, n.s., 1987, pp. 21-56; A. VALLET, V.M. VALLET, R. BORDON, Il progetto internazionale Sculpture médiévale dans les Alpes (2005-2013), in BSBAC, 10/2013, 2014, pp. 133-139. I numerosi articoli sui restauri rivolti al patrimonio scultoreo locale di epoca medievale, oggetto negli ultimi anni di grande attenzione da parte dell’Ufficio patrimonio storico-artistico in relazione a un più ampio progetto di studio (come segnalato da Viviana Maria Vallet nell’introduzione), sono stati pubblicati fin dal 2004 proprio nel BSBAC della Regione autonoma Valle d’Aosta; si confrontino le relazioni di restauro conservate nell’archivio dell’Ufficio patrimonio storicoartistico della Soprintendenza, corredate della relativa documentazione fotografica. Tra i maggiori studi sulla scultura in legno di quest’ambito tra l’età tardo-romanica e gotica si menzionano quelli di E. ROSSETTI BREZZI, Le vie del gotico in Valle d’Aosta, in G. ROMANO (a cura di), Gotico in Piemonte, Torino 1992, pp. 287-359; F. CERVINI, G. TIGLER, Dalle Alpi al Levante. La diffusione mediterranea di sculture lignee piemontesi-aostane alla fine del XIII secolo, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, XLI, 1997, pp. 1-32; E. ROSSETTI BREZZI, La Madonna Nera e il suo “atelier”, in “Rivista Biellese”, 4, 2000, pp. 12-17; EADEM, L’età gotica: il caso della Valle d’Aosta. La scultura dipinta, in E. PAGELLA (a cura di), Tra Gotico e Rinascimento. Scultura in Piemonte, catalogo della mostra (Torino, Museo Civico d’Arte Antica, 2 giugno - 4 novembre 2001), Torino 2001, pp. 20-23; L. CAVAZZINI, A. GALLI, Scultura in Piemonte tra Gotico e Rinascimento. Appunti in margine a una mostra e nuove proposte per il possibile Jan Prindal, in “Prospettiva”, 103/104, 2001 (2002), pp. 113-132; L. MOR, scheda n. 1, in V. NATALE (a cura di), Scultura lignea dal Medioevo al Rinascimento. Aggiunte al catalogo di antichi maestri e nuove proposte, Biella 2010, pp. 10-17; F. CERVINI, Sculture e arredi lignei. Introduzione, in E. CASTELNUOVO, F. CRIVELLO, V.M. VALLET (a cura di), Cattedrale di Aosta. Museo del Tesoro. Catalogo, Aosta 2013, pp. 157-163; S. BARBERI, A volte ritornano. La ritrovata Madonna col Bambino della cappella del Praz, in “Augusta”, 48, 2016, pp. 4-8. Per le esposizioni più importanti cfr. PAGELLA 2001 (supra); EADEM (a cura di), Gotico sulle vie di Francia. Opere dal Museo Civico di Torino, catalogo della mostra (Siena, Santa Maria della Scala, 23 marzo - 7 luglio 2002), Torino 2002; E. PAGELLA, S. CASTRONOVO, S. BARBERI (a cura di), Sculpture gothique dans les États de Savoie. 1200-1500, catalogo della mostra (Chambéry, Musée Savoisien, 5 giugno - 1° settembre 2003; Annecy, Musée Château, 25 ottobre 2003 - 12 gennaio 2004), Chambéry 2003; E. ROSSETTI BREZZI (a cura di), La scultura dipinta. Arredi sacri negli antichi stati di Savoia. 1200-1500, catalogo della mostra (Aosta, Centro Saint-Bénin, 3 aprile - 31 ottobre 2004), Quart 2004, pp. 20-29. Per l’origine della documentazione del patrimonio culturale aostano è altresì giusto rimarcare l’impegno autorevole di Pietro Toesca e la mostra del 1936 organizzata da Vittorio Viale con la cospicua esposizione di 250 oggetti: V. VIALE, La mostra di arte sacra di Aosta, in “Torino”, XVI, 9, 1936, pp. 3-18; D. PLATANIA, Pietro Toesca ad Aosta. Il primo volume del Catalogo delle cose d’arte e di antichità d’Italia, in F. CRIVELLO, Atti del Convegno (Torino, 17 ottobre 2008), Alessandria 2011, pp. 131-141. Una sintesi sulla scultura lignea medievale del Piemonte alpino è trattata invece da L. MOR, Appunti sulla Madonna del Ponte e su tre Maestà lignee piemontesi del Duecento, in “Segusium - Società di Ricerche e Studi Valsusini”, XLVI, 48, 2009, pp. 159-170 (e bibliografia precedente); S. RICCARDI, Uno sguardo sulla scultura lignea del Cusio dal Medioevo al Cinquecento, in M. DELL’OLMO, F. MATTIOLI CARCANO, Scultura lignea sacra nel Cusio dal Medioevo all’Ottocento, Borgomanero 2013, pp. 101-116. 2) Il censimento è stato affiancato dal progetto di un protocollo tecnico d’intervento coordinato quale strumento aggiuntivo di approfondimento e verifica sul territorio. 3) La coppia di manufatti è stata resa nota e assegnata al Trecento aostano in E. CARLI (con un’introduzione di), Tre Secoli di Sculture Lignee (1200-1400), catalogo della mostra (Milano, Centro Culturale Pirelli, 25 febbraio - 18 marzo 1971), Milano 1971, n. 34; quindi datata alla fine del medesimo secolo da J. LIEVAUX-BOCCADOR, E. BRESSET, Statuaire Médiévale de collection, 2 voll., Paris 1972, II, pp. 86-87; mentre ritenuta piemontese-aostana del 1270-1280 da F. CERVINI, scheda n. 4, in ROSSETTI BREZZI 2004 (citato da nota 1), pp. 44-45. 4) Pubblicata in modo assai didascalico come opera di transizione dal Romanico al Gotico, tale scultura, insieme a un manufatto fuori contesto come una Croce astile abruzzese del XIV secolo, sarebbe stata collocata nella chiesa attuale solo in occasione della consacrazione del 1981. Prima di allora lo stesso sito era adibito a scuderia-granaio di un ex complesso agostiniano, ma non sono riportate notizie sulla provenienza antica di tali opere: G. WEBER, Die Romanik in Oberbayern. Architektur, Skulptur, Wandmalerei, Pfaffenhofen 1985, p. 152. 5) L. MALLÉ, Le sculture del Museo d’Arte Antica. Catalogo, Torino 1965, pp. 114-115. Per una provenienza dalla Val di Susa, in virtù del rapporto con la Madonna di Cels, propendono G. GENTILE, schede nn. 5-6, in G. ROMANO (a cura di), Valle di Susa arte e storia dall’XI al XVIII secolo, catalogo della mostra (Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna, 12 marzo - 8 maggio 1977), Torino 1977, pp. 88-89, e, dubitativamente, CERVINI 2004 (citato da nota 3). 6) GENTILE 1977 (citato da nota 5); CERVINI 2004 (citato da nota 3), il quale segnala la Madonna di Ciriè come opera di primo Trecento; G. GENTILE, scheda n. IV.5, in A. DE ROSSI, G. SERGI, A. ZONATO (a cura di), Alpi da Scoprire. Arte, Paesaggio, Architettura per progettare il futuro, catalogo della mostra (Susa, Museo Diocesano, e altre sedi, 7 luglio - 26 ottobre 2008), Susa 2008, p. 68, in cui la Madonna di Busca è citata a margine di un ulteriore contributo sull’esemplare di Cels (attribuita alle Alpi occidentali del 1300). 7) ROSSETTI BREZZI 2004 (citato da nota 1), pp. 21-22; EADEM (a cura di), scheda n. 2, in Antologia di restauri. Arte in Valle d’Aosta tra Medioevo e Rinascimento, catalogo della mostra (Aosta, Chiesa di San Lorenzo, 28 aprile - 30 settembre 2007), Aosta 2007, pp. 24-25. 8) EADEM 1992 (citato da nota 1), p. 352, già valuta questi intagli di un’unica mano, ma con un’improbabile cronologia al 1350 circa. S. BARBERI, scheda n. 21, in CASTELNUOVO, CRIVELLO, VALLET 2013 (citato da nota 1), pp. 172-173, anticipa la datazione al primo decennio del secolo con riferimenti ai modelli del Maestro della Madonna di Oropa, di cui coglierebbe «alcuni elementi formali ma non le tendenze più moderne». La studiosa, infatti, stabilisce come immediato precedente il linguaggio, considerato di «livello più popolare», della coppia di santi vescovi in collezione milanese (1270-1280 circa). L’assegnazione entro l’ultimo decennio del Duecento è stata invece condivisa di recente da V.M. VALLET, scheda n. 42, in A. ADRIAN, C. GUYON, F. TIXIER (a cura di), Splendeurs du Christianisme. Art et dévo- Art et dévotions, de Liège à Turin, Xe-XVIIIe siècles, catalogo della mostra (Metz, Musée de La Cour d’Or, 3 ottobre 2018 - 27 gennaio 2019), Paris 2018, s.i.p. 9) Nonostante venisse fatta derivare dalla statua di Oropa, la Madonna Pozzallo fu riconosciuta per la prima volta come aostana e messa in relazione con quella di La Salle da ORLANDONI 1987 (citato da nota 1), p. 39, nota 51. La questione sarà poi precisata da F. CERVINI, scheda n. 5, in ROSSETTI BREZZI 2004 (citato da nota 1), pp. 46-47. Per la Madonna di Biella-Barazzetto cfr. E. ROSSETTI BREZZI, La scultura in legno, in V. NATALE, A. QUAZZA (a cura di), Arti figurative a Biella e Vercelli. Il Duecento e il Trecento, Biella 2007, pp. 111-121, in part. 111, 114. L’inedita Madonna già in collezione Longari è stata oggetto di un approfondimento preliminare da parte dello scrivente in occasione dell’accurato intervento conservativo e delle verifiche diagnostiche condotte da Ginevra Pignagnoli e Lucio Zambon. Sebbene tipologicamente molto simile, appare più problematica l’identificazione geo-stilistica di un’interessante Madonna col Bambino esposta nel 2017 alla Biennale Internazionale dell’Antiquariato di Firenze presso Longari Arte Milano, corredata da una comunicazione scritta di Enrica Neri Lusanna che ne ipotizza l’origine italiana centro-meridionale entro il primo quarto del XIV secolo. L’opera in effetti rivela un naturalismo più florido rispetto alla serie aostana, ma la ridipintura e la doratura dell’intaglio non consentono di esprimersi con certezza. 10) H.W. BÖHME, Der Kruseler des 14./15.Jahrhunderts. Zum Wandel eines modischen Kopfputzes nach spätmittelalterlichen Bildnisgrabmälern, in Zwischen Kreuz und Zinne. Festschrift für Barbara Schock-Werner zum 65, Braubach 2012, pp. 29-44. 11) Per i casi aostani si rimanda a E. ROSSETTI BREZZI, scheda n. 14, in EADEM 2004 (citato da nota 1), pp. 64-65; MOR 2010 (citato da nota 1), pp. 14-15, mentre per l’avorio già Timbal cfr. D. GABORIT-CHOPIN (a cura di), Ivoires médiévaux. Ve-XVe siècle. Musée du Louvre, Department des Objets d’Art, Paris 2003, pp. 376-377, nota 143. Altra questione riguar- Altra questione riguarda la tipologia delle Madonne scrigno come quella della Maestà (13301350 circa) della chiesa di San Martino ad Antagnod, importata dall’Alto Reno: L. APPOLONIA et al., La Madonna scrigno della chiesa parrocchiale di Antagnod, in BSBAC, 4/2007, 2008, pp. 36-45; sulla fortuna di questa tipologia cfr. E. GERTSMAN, World Within: Opening the Medieval Shrine Madonna, s.l. 2015.
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