210 L’arte è un connubio fra espressione e materia. Se la parte emotiva risulta preponderante, grazie al suo coinvolgimento estetico, di sicuro la sua conservazione può avvenire solo grazie alla conoscenza della materia e del suo comportamento. D’altro canto, il giovane apprendista che si affiancava a una bottega, in epoca antica, non aveva solo carta e matita per disegnare, ma anzi iniziava un percorso che partiva dalla conoscenza del comportamento dei materiali con i quali dovrà poi cimentarsi con il suo estro creativo. È paradossale vedere ora che la parte della materia sia spesso distinta dal risultato, quasi che questa comunione non fosse mai esistita. Un atteggiamento di menti limitate o, quantomeno, non evolute. Le nuove strategie della comunicazione dell’arte, infatti, trovano di recente molto interesse a recuperare la conoscenza che la fase di analisi e di diagnosi può dare a maggiore supporto del risultato e della dimostrazione della maestria e capacità dell’artista. In questo periodo, in parallelo a quanto fatto per i restauratori qualificati, si sta parlando di creare liste che identifichino chi ha la competenza e la capacità per effettuare analisi su opere d’arte o storiche. Un passo avanti se si considera che ancora pare evidente come in molte soprintendenze non si abbia chiaro il ruolo delle analisi e, in particolare, della diagnosi. L’incapacità massima si ha quando si fanno progetti senza un’adeguata conoscenza della materia e della sua composizione. La situazione attuale mostra che la conservazione e le azioni di restauro fanno parte di una scienza. Un ramo scientifico reso complesso da molte variabili e dalle interazioni fra materiali diversi, cosa che genera molti problemi di interfaccia, cioè di luoghi particolari dove le variazioni climaticoambientali possono agire in modo diverso innescando anch’esse discontinuità e fattori di alterazione a volte pericolosi. L’avanzare del sapere mostra sempre di più che la conservazione non può e non deve essere un’applicazione solamente umanistica, del resto in molte parti del mondo questo è già assodato e l’Italia rischia di restare sempre più in ritardo su un tema dove pensa di avere capacità superiori. Il convegno internazionale sulla conservazione preventiva, organizzato dall’International Institut for Conservation di Londra a Torino dal 10 al 14 settembre 2018, ha mostrato quanto i funzionari umanisti italiani siano assenti dai temi di conservazione molto avanzati a livello mondiale. La loro assenza era preoccupante e resta da chiedersi come possano pensare di conservare qualcosa se non sanno cosa e come fare o, ancora, se non sanno cosa succede di nuovo e di avanzato nel mondo per capire come comportarsi. Soprintendenti sempre più interessati alla correttezza dei documenti e funzionari con scarsa qualifica e aggiornamento, sono parte del malore sulle attuali azioni conservative a livello nazionale. La conservazione preventiva resta una battaglia che risulta di giorno in giorno sempre più difficile e che si allontana verso lidi dove il degrado della materia porterà alla scarsa fruizione del bene. L’abbandono dei percorsi promossi a suo tempo dall’Ufficio laboratorio analisi scientifiche della Soprintendenza regionale (LAS) in collaborazione con i laboratori di restauro in Valle d’Aosta, mostra ora pericolosi esiti negativi. La conservazione dei musei parrocchiali è stata interrotta, un’azione che lascia ora i materiali delle opere esposte in uno stato di assenza di controllo, con i rischi che questo significa sulla possibilità di effettuare interventi tempestivi di conservazione. La stessa cosa è accaduta ai processi di manutenzione che erano stati previsti per la facciata della cattedrale di Aosta, intervento di restauro finito nel 1997, o della facciata del priorato della collegiata dei Santi Pietro e Orso, intervento terminato nel 2000. Dopo i primi anni di attenzione, la situazione di abbandono dei processi di manutenzione rischia di riportare l’argomento della conservazione allo stato di un intervento di restauro, operazione molto invasiva per l’opera e da considerare come ultima ratio, come è stato bene evidenziato proprio nel convegno torinese. Operazione diversa sta seguendo il teatro romano di Aosta. L’intervento di restauro si è completato nel 2006 e i 10 anni di tolleranza sono oramai passati mostrando i limiti preannunciati in fase di progetto di alcune soluzioni; una breve descrizione della situazione sul monumento restaurato di recente e sugli interventi degli anni ’30 del XX secolo è presente in questo volume a testimoniare come la mancanza di conservazione preventiva possa portare a risultati molto onerosi per l’integrità del teatro romano. Il LAS, dal canto suo, ha continuato a fare il monitoraggio di molti monumenti e a cercare strade nuove per la tutela del patrimonio regionale. Il progetto Sistemi Integrati e Predittivi (SIP) ha continuato le sue attività proprio con lo scopo di mettere a punto metodologie di controllo che possano essere eseguite con tecniche poco costose e facilmente applicabili. Anche di questo tema si parla all’interno di questo Bollettino in modo più dettagliato e approfondito. Molte delle attività, riscontrabili nella sezione descrittiva dei vari uffici, mostrano come il LAS si sia impegnato anche in una collaborazione attiva con il Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale (CCR). Questo tipo di attività permette di aumentare il grado di conoscenze del personale interno, grazie alle possibilità di confronto con altri specialisti, oltre ad affrontare temi di analisi su materiali e soggetti diversi, cosa altrettanto favorevole in un percorso di ampliamento delle conoscenze. Riguardo al settore dei progetti di cooperazione, le attività del 2018 hanno svolto compiti di completamento ANALISI SCIENTIFICHE E PROGETTI COFINANZIATI COMPITI ISTITUZIONALI E COLLABORAZIONI Lorenzo Appolonia
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