223 Non è, infatti, pensabile un’applicazione acritica delle regole senza aver costruito in precedenza quel senso di responsabilità collettiva che deve necessariamente essere acquisito attraverso un percorso di conoscenza, promozione e collaborazione con le comunità locali.3 La salvaguardia degli ambiti naturali ed una oculata gestione del territorio sono elementi imprescindibili di una pianificazione territoriale che non può non tener conto della velocità con cui si stanno producendo i cambiamenti climatici e demografici con conseguenze preoccupanti rispetto al consumo di suolo. Basta riflettere sull’entità della crescita demografica che ha portato la popolazione mondiale ad oltre 7 miliardi di persone in 100 mila anni e nei soli ultimi 40 anni essa si è incrementata del 100%.4 Le conseguenze, per gli aspetti paesaggistici, sono importanti e nella nostra regione, seppure non siamo in presenza di incrementi demografici, gli effetti sono determinati dall’abbandono della montagna e dalla crescita, con sviluppo lineare, dei centri di fondovalle lungo le principali direttrici di comunicazione. Paesaggio e pianificazione tra tutela e valorizzazione Donatella Martinet La prima possibilità di governo del territorio, anche se in fase embrionale, era stata inserita nel 1865, nella legge per l’unificazione amministrativa del Regno d’Italia,5 che all’allegato A,6 dell’art. 1, approvava le norme sull’Amministrazione comunale e provinciale. Il successivo regolamento attuativo7 introduceva la possibilità di approvare una sorta di regolamento edilizio comunale, allora denominato «regolamento di igiene, edilità e polizia locale». La disciplina consisteva principalmente in «piani regolatori dell’ingrandimento e di livellazione, o di nuovi allineamenti delle vie, piazze o passeggiate». Bisognerà attendere il 1942 per superare i semplici dispositivi costruttivi e addivenire ai piani di natura urbanistica, e al concetto di zonizzazione del territorio.8 La disciplina dell’attività urbanistica era stata introdotta per regolare l’assetto e l’incremento edilizio dei centri abitati e lo sviluppo in genere nel territorio; «anche allo scopo di assicurare, nel rinnovamento ed ampliamento edilizio delle città, il rispetto dei caratteri tradizionali, di favorire il disurbanamento e di frenare la tendenza all’urbanesimo». Tale disciplina si attuava, e in gran parte si attua ancora, a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull’attività costruttiva edilizia (limiti di densità edilizia, altezza e distanza). L’esigenza di tutelare il paesaggio emerge a livello parlamentare con la legge del luglio 1905 inerente la conservazione delle pinete di Ravenna,9 la «divina foresta spessa e viva» di Dante,10 quale memoria storica del sito che ha visto personaggi illustri, da Odoacre e Teodorico, a Boccaccio, a Byron, a Garibaldi. Un caloroso appello per la sua salvaguardia era stato pubblicato in aprile da Corrado Ricci sulla rivista d’arte, letteratura e scienze “Emporium”.11 Ebbe anche il merito di sensibilizzare e coinvolgere i cittadini nella difesa del patrimonio paesaggistico, a fianco del giurista e politico Luigi Rava, dello scrittore e giornalista Ugo Ojétti, e, successivamente, del funzionario ministeriale Luigi Parpagliolo, del giurista Nicola Falcone12 e, soprattutto, di Benedetto Croce. La disposizione legislativa, ha fatto fronte solo a un’emergenza puntuale di arrestare la distruzione di un bene, non alla salvaguardia diffusa del territorio; la visione era ancora quella della tutela dei monumenti orientata a valori estetici e culturali. Tuttavia, ha aperto la strada al dibattito parlamentare per una legge quadro di tutela dei paesaggi, simile a quelle adottate o in corso di adozione in altri paesi europei13 (fig. 4). Un piccolo passo avanti è stato in seguito fatto nel 190914 con l’applicazione delle disposizioni per i beni culturali alle ville, ai parchi ed ai giardini di interesse storico o artistico. Inoltre, essa prescrive che in attuazione di piani regolatori, possono essere prescritte dall’autorità governativa distanze, misure e altre norme necessarie affinché le nuove opere non danneggino la prospettiva e la luce richiesta dai monumenti. I tempi erano quindi maturi per varare la prima norma legislativa italiana di tutela delle bellezze naturali (e degli immobili di particolare interesse storico): la L. n. 778 dell’11 giugno 1922,15 inerente «le cose immobili la cui conservazione presenta un notevole interesse pubblico a causa della loro bellezza naturale o della loro particolare relazione con la storia civile e letteraria». Essa contiene i punti fermi che verranno ripresi da tutte le leggi successive della materia: la protezione delle bellezze naturali e panoramiche, la dichiarazione di notevole interesse pubblico, l’autorizzazione dell’amministrazione competente per materia per intervenire su tali beni, la regolamentazione per l’affissione di cartellonistica pubblicitaria. 4. Valgrisenche, fondovalle. (L. Sartore)
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