Bollettino della Soprintendenza

233 alto l’interesse delle autorità politiche per la sopravvivenza della sorgente. Si deve comunque all’intelligenza e all’intuito di una donna di potere se, dalla fine del Seicento, Pré-Saint-Didier e, in seguito, Courmayeur diventano rinomate località termali. Nell’agosto del 1680, infatti, la duchessa reggente Maria Giovanna Battista di Nemours, vedova di Carlo Emanuele II di Savoia, oltre a sollecitare un intervento locale destinato a favorire l’accesso alle terme della Valdigne, promuove nell’ambiente di corte il ricorso alle acque curative, dalle quali lei stessa trae beneficio; inoltre, nel 1687, manda il medico torinese Ravetti e il chimico Campeggio ad analizzare le acque di Pré-Saint-Didier e a studiarne scientificamente le proprietà terapeutiche. Nel 1728 il dottor Mollo nel suo Traité des eaux minerales de Courmayeur, così si esprime: «i bagni caldi di Pré-Saint-Didier, che distano circa un’ora di cammino dalle minerali di Courmayeur, sono molto utili per certe malattie; in alcuni casi è necessario prenderli prima o dopo l’uso delle acque stesse di Courmayeur».13 Gli storici, i medici e i naturalisti dell’epoca non hanno un’idea precisa delle proprietà terapeutiche della sorgente; ma, in questo periodo, più che studi e analisi, le terme di Pré-Saint-Didier necessitano di impellenti lavori di ristrutturazione. Infatti, tra il 1675 e il 1730 ripetute inondazioni interrano la sorgente sotto un denso strato di materiale trasportato dall’alluvione; nel 1680 uno smottamento delle pareti d’ingresso della grotta causa la dispersione della sorgente in numerosi rivoletti di acqua calda; inoltre, nel 1740, si verifica un avvallamento del monte da cui il getto scaturisce. Solo in seguito ad attente ricerche e scavi puntuali essa riappare in superficie, meno abbondante di prima, ma conservando intatte le sue virtù terapeutiche. Alla fine del XVII secolo, nel manoscritto Totius Vallis Augustae compendiaria descriptio il Mochet scrive dell’impiego terapeutico delle acque; e padre Montérin nella sua Descriptio Vallis Augustanae del 1675 lamenta le condizioni disastrose delle vasche attorno alla sorgente e descrive la grotta, il cui difficoltoso accesso, più che a uno stabilimento termale la rende simile all’antro di un lupo: «quasi antrum aut luporum cavernam».14 Lo storico Jean-Baptiste de Tillier la descrive in questi termini: «sur le territoire de Pré-Saint-Didier il y a une autre source d’eau chaude, qui serait très indiquée et admirable pour bains. Malheureusement, elle jaillit en bas d’un rocher extrêmement élevé et perpendiculaire, dans une gorge très resserrée, tout près du bord de la Doire et presque au niveau de ses eaux: lorsque la rivière grossit par la fonte des neiges, elle la couvre la plupart du temps, ou du moins, en rend l’abord difficile et empêche de s’enprévaloir aussi avantageusement qu’il conviendrait».15 A metà del XVIII secolo le terme di Pré-Saint-Didier vengono in possesso della Provincia di Aosta, la quale ne assume l’amministrazione attraverso il Conseil des Commis che decide di procedere a uno sfruttamento più razionale del patrimonio termale facendo scavare nuove vasche all’interno della grotta, nominando un custode, per regolamentare i bagni e assistere i bagnanti, ed un medico, con il compito di compilare una relazione sul proprio operato alla fine di ogni stagione. Il settecentesco edificio termale Elisabetta Viale A causa dell’aumento del flusso dei bagnanti, tra il 1750 e il 1770, si procede alla costruzione di un piccolo stabilimento in pietra e legno sulla riva destra del torrente, a circa 100 m a valle del punto di affioramento della sorgente. L’edificio, di due livelli fuori terra, è dotato, al piano terra, di sei camere divise per i due sessi con 18 tini in legno e una doccia e, al secondo piano, di quattro locali riscaldati da altrettanti camini e utilizzati per l’acclimatazione dei bagnanti. Il nuovo fabbricato non si trova certo in una posizione ottimale, ma è comunque più accessibile della grotta originaria (figg. 1-5). L’acqua viene incanalata dentro tubature lignee e, per agevolare l’accesso agli utenti, si sostituisce il precedente ponte in legno (fig. 2), del quale rimangono nelle rocce le tracce dell’alloggiamento delle travi orizzontali, con quello in pietra a schiena d’asino attraverso il quale ancora oggi si giunge all’antico stabilimento in rovina e da qui, risalendo il corso d’acqua, alla sorgente. Lo stabilimento è costruito addossato alla roccia, in una posizione più amena rispetto alla grotta nella quale 5. La porzione superstite del vecchio stabilimento oggi visto da monte. (E. Viale) 4. Ponte sulla Dora a La Thuile, 1922. Il vecchio stabilimento dei bagni e il ponte a schiena d’asino visto da monte. (Région autonome Vallée d’Aoste - fonds Domaine CC BY-NC-ND)

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