Bollettino della Soprintendenza

20 Per una rilettura complessiva del settore urbano Gabriele Sartorio Quanto emerso dall’ultimo lotto di indagini eseguite presso la porta Principalis sinistra, unitamente ai dati già raccolti grazie agli scavi condotti negli anni precedenti, consente di avanzare alcune ipotesi maggiormente circostanziate sulle modifiche urbanistiche avvenute negli ultimi venti secoli in un settore cittadino che, a prima impressione, deve la sua fisionomia attuale ai poderosi interventi di riqualificazione successivi la fine del XVI secolo. Non sembrano esserci dubbi, del resto, relativamente alla datazione postmedievale per la demolizione degli edifici costituenti il nucleo signorile fortificato nato attorno alle strutture della porta romana, così come dei volumi prospicienti fino a quel momento la facciata di palazzo Roncas;39 tutte attività connesse alla nascita del monastero della Visitazione (1630 circa) e dello stesso palazzo Roncas (1600 circa) e che costituiscono i prodromi della scelta, effettuata dall’intendente sabaudo Vignet des Étoles attorno al 1782-1783, di allargare la viabilità arretrando gli edifici posti in corrispondenza della porta urbica, o di quanto ne rimaneva dopo i restringimenti testimoniati in sequenza a partire in pratica dal IV secolo d.C.40 Se, dunque, dati archeologici alla mano, il concetto di spazio aperto cui siamo legati per via dell’attuale conformazione a piazza non può essere associato a questo comparto urbano prima dell’avanzato XVIII secolo, le indagini hanno mostrato come le modifiche alla maglia romana comincino, di fatto, già in piena epoca imperiale, mediante l’obliterazione della fauce arretrata, l’infrastrutturazione idraulica legata alla costruzione del castellum aquae, la costruzione dello “stadio” e la revisione della viabilità adiacente, per limitarsi agli interventi di impatto maggiore e più evidente. Il tardo Impero e la successiva età tardoantica producono una cesura piuttosto netta nella conformazione urbanistica di eredità precedente, sostanzialmente riassumibile in due differenti accadimenti. Da un lato si assiste alla progressiva riduzione del nastro stradale, a causa della nascita di edifici che occupano le crepidini e si addossano alle fauci. Dall’altro si verifica un rialzamento delle quote del piano viario, evento strettamente connesso con l’obliterazione dei condotti fognari e del fossato esterno alla città, fenomeno che non viene rallentato neppure dalla realizzazione, nel corso del V secolo, di una nuova similare struttura, più prossima alle mura e interpretata con finalità difensive e militari. La successiva sequenza di apporti limosi ripetuti nel tempo, ben testimoniata non solo in questo settore cittadino, ma anche, per citare casi urbanisticamente similari, presso la porta Prætoria41 e lungo via Sant’Anselmo,42 seguiti da ripristini in glareata della viabilità primaria già spogliata della sua originaria pavimentazione in lastre, se certifica l’annullamento anche del fossato tardoantico, dimostra come il nuovo assetto, marcato da una restrizione degli assi stradali e da una crescita costante dei depositi, non possa essere ridotto al semplice esito della disgregazione della precedente sistemazione, ma sia qualcosa di diverso, un equilibrio di nuove dinamiche che di fatto cancellano l’infrastrutturazione classica proponendo un nuovo impianto urbano in costante divenire, fatto di aree a forte concentrazione di attività insediativa, accanto ad altre per le quali si deve ipotizzare una ruralizzazione intra moenia. La cristallizzazione del nuovo schema, risultato della scomposizione della maglia di epoca romana attraverso le addizioni e le sottrazioni intervenute in epoca tardoantica e altomedievale, avviene nel pieno Medioevo. Le indagini più recenti hanno dimostrato come siano i secoli che vanno dal X al XIII i primi responsabili della riformulazione dell’articolazione dell’accesso settentrionale alla città, intervenendo non solo sul sistema viario, ma anche, e forse soprattutto, su quello idraulico ad esso intimamente connesso. La razionalizzazione delle vie d’acqua, interpretabili non più come fossati ma come vere e proprie canalizzazioni, è un aspetto fondante del periodo ed è alla base di una nuova gerarchizzazione degli spazi, in quanto connesso alla nascita di strutture produttive che costituiscono parte integrante della rioccupazione in chiave simbolica delle torri e della porta romana, o di quanto ne rimaneva, secondo un processo già noto per gli altri monumenti romani in città.43 Che si tratti di una rioccupazione simbolica, oltre che funzionale e militare, lo si evince dalla ripresa di quelle porzioni del monumento degradatesi a seguito dell’intensa attività di spoliazione avvenuta in precedenza, senza dimenticare che la stessa possibilità di occupare i monumenti romani, e tra essi in particolare le mura e le torri, o di deviare e creare nuove canalizzazioni rientrava nell’ambito giurisdizionale proprio dell’autorità pubblica, ossia necessitava di una concessione da parte di questa. Ecco allora che non è fuori luogo scorgere in queste attività di recupero e riordino urbano la mano di una rinata autorità pseudopubblica, sia essa comitale o più verosimilmente, almeno all’inizio, vescovile, per il tramite di nascenti aristocrazie vassalle, cui viene concesso, de iure o de facto, di incardinarsi in monumenti e settori nevralgici della città.44 Dal punto di vista storico possiamo associare le operazioni ora descritte all’occupazione della torre da parte della famiglia dei De Porta, che i documenti citano a partire dal XIIXIII secolo.45 I dati archeologici tuttavia, coadiuvati da quelli dendrocronologici, consentono di retrodatare ulteriormente lo spartiacque della riorganizzazione del settore urbano che nei documenti porta il nome di malum consilium. La disamina dei risultati delle datazioni merita in questo caso una piccola digressione. La definizione cronologica del nuovo sistema di accesso alla città si fonda sull’esito di tre datazioni, due effettuate a mezzo del radiocarbonio e una con dendrocronologia.46 I due elementi datati con C14 sono una trave in castagno di grandi dimensioni (lunghezza 3 m; diametro 35 cm), interpretabile come appoggio per una ponteille immediatamente all’uscita della porta urbica, e i resti di un palo ligneo in pino silvestre rinvenuti in corrispondenza del cardine di uno dei battenti che dovevano costituire la chiusura fisica della porta stessa. La trave in castagno, molto ben conservata e non asportata nel corso dello scavo (fig. 19), ha restituito data 1028-1155 (95,4%), mentre il palo in pino 778-988 (95,4%), con un picco più netto contenuto tra l’867 e il 988 (93%). Ai dati cronologici puri va aggiunta l’informazione desunta dallo scavo stratigrafico, grazie alla quale sappiamo che il palo in pino silvestre risulta collocato nella sua posizione nel corso di una revisione dell’accesso alla città, a seguito del rialzamento del piano di calpestio e dunque dello spostamento conseguente anche dei cardini e dei battenti di chiusura della porta. Benché questa informazione non possa dirsi esaustiva ai fini di una retrodatazione del sistema di accesso, è sulla sua scorta che si è ipotizzato

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